Due imprese. Nel tempo una fornisce all’altra piante di vario tipo. La fornitrice chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo di oltre 22 milioni di lire. L’opponente eccepisce di avere corrisposto oltre 30 milioni. La creditrice opposta contro eccepisce di avere fornito piante per oltre 50 milioni; di avere conteggiato i 30 milioni versati e di avere agito per la differenza.
Tuttavia, la fornitrice non prova quanto affermato e nei giudizi di merito soccombe. Ricorre in Cassazione ma inutilmente.
La Suprema Corte afferma:
- che l’indagine volta a dimostrare l’imputazione di versamenti ad altri contratti non rappresenta una indagine diversa che introduce una domanda nuova; pertanto essa è ammissibile;
- che, tuttavia, spetta al creditore, in questo caso, l’onere di provare, in caso di contestazione, di avere fornito la merce che asserisce essere stata pagata dal debitore;
- che nella fattispecie ciò non era avvenuto e che pertanto la sentenza andava confermata.
Cassazione civile , sez. II, 11 novembre 2008, n. 26945
Fatto
Su ricorso depositato il 23.11.98 della Floricoltura Og. di O.R. in persona dell’omonimo titolare, che deduceva di aver fornito all’Azienda Agricola C.A. piante di ogni tipo di cui alle fatture (OMISSIS), per un totale di L. 22.113.646, risultante dall’estratto delle scritture contabili e rimaste insolute il Pretore di Trento con Decreto 30 novembre 1998, n. 563, ingiungeva all’Azienda di C.A. il pagamento della suddetta somma oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo, e spese del procedimento.
Avverso tale decreto la C., con citazione del 18.1.1999, proponeva opposizione deducendo :
– che da diversi anni, erà in corso tra le parti un rapporto commerciale avente ad oggetto l’acquisto di piante di ogni tipo dalla floricoltura O.;
che riconosceva le fatture indicate ma contestava il corrispettivo nelle stesse indicato, essendo la somma risultante dai documenti fiscali pari a L. 6.766.836;
– che nell’estratto notarile delle scritture contabili 11.11.98 allegato erano riportati gli estremi di numerose fatture, dal (OMISSIS), non prodotte;
– che, comunque, i documenti fiscali andavano supportati dalla prova dell’avvenuta consegna della merce;
che la floricoltura aveva ricevuto dall’opponente importi per complessive L. 30.622.000, che andavano imputate a pagamento del preteso credito della stessa.
Chiedeva, pertanto, che fosse dichiarato nullo o comunque revocato il decreto ingiuntivo opposto e, nel merito, che fosse dichiarato che nulla doveva per i titoli dedotti in giudizio con condanna della ditta opposta al risarcimento danni per lite temeraria.
Costituitasi, la Floricoltura O. deducendo che dall’94 al 97 erano state fornite piante all’ingiunta per L. 52.735.646 e che gli importi trasmessi per L. 30.622.000 erano già stati decurtati dalla somma richiesta in via monitoria, chiedeva il rigetto dell’opposizione ed in via riconvenzionale la condanna della C. al risarcimento del danno conseguente al mancato pagamento della somma ingiuntale nella misura del tasso passivo annuo del 12% dalla scadenza dell’obbligazione al saldo; nonchè, in via SUBORDINATA, la condanna dell’Azienda Agricola al pagamento di L. 22.113646, come i predetti interessi, oltre al risarcimento danni per lite temeraria.
Espletata l’istruttoria con audizione di testi, il Tribunale di Trento, con sentenza 10.8.2001 revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava che il credito vantato dall’opposta era stato estinto mediante pagamento, respingeva ogni altra domanda e condannava l’opposta al pagamento delle spese del giudizio.
Su impugnazione della Floricoltura, esperita C.T.U., la Corte di Appello di Trento, con sentenza 29.10.2003 respingeva l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.
Precisato che l’ammontare delle fatture poste a base della richiesta del decreto ingiuntivo ammonta a L. 6.768.736, a fronte delle quali la Floricoltura ha chiesto L. 22.113.646, affermando che il detto credito risultava provato sulla base di un estratto delle scritture contabili dell’11.11.98 allegato al ricorso per d.i., ma non in atti;
– che l’opponente, in ordine agli estremi di numerose fatture dal (OMISSIS) riportate nell’estratto 11.11.’98, aveva richiesto la produzione dei documenti fiscali e la prova del recapito della merce al destinatario, riconoscendo le fatture prodotte solo per la somma di L. 6.766.836 ampiamente saldate con la corresponsione di L. 30.622.000; che l’opposta asseriva che l’importo complessivo delle forniture ammontava a L. 52.735.646 e che i pagamenti per L. 30.622.000, erano già stati conteggiati, per cui in via riconvenzionale subordinata con la memoria ex art. 183 c.p.c., aveva chiesto che fosse accertato l’esatto ammontare delle forniture eseguite con condanna dell’opponente a corrispondere le differenze fra il fornito ed il pagato; domanda sulla quale controparte dichiarava di non accettare il contraddittorio perchè nuova e generica; afferma la Corte d’Appello che avendo l’opposta asserito che la somma di L. 3 0.622.000 doveva imputarsi all’estinzione di rapporti diversi da quelli di cui alle fatture prodotte, era onere della Floricoltura provare l’esistenza di questi specifici crediti e le condizioni necessarie per la diversa imputazione, onere dalla stessa NON assolto;
– che la domanda di condanna al pagamento della differenza fra il dovuto ed il percepito nell’ambito dell’intero rapporto commerciale era inammissibile perchè nuova (mutando sia i fatti costitutivi della stessa che il petitum) ed assolutamente generica in quanto diretta a far luce sui rapporti di dare e avere fra le parti, senza una preventiva rappresentazione dei medesimi;
– che solo in appello l’opposta ha prodotto l’elenco complessivo delle forniture sia di quelle eseguite in nero che di quelle eseguite con emissione di regolare fattura, sulle quali si è svolta la C.T.U. le cui risultanze fondate su detta nuova totalità non possono avere valore giuridico in quanto costruite su fatti esorbitanti il perimetro segnato dall’oggetto specifico del thema decidendum, come sopra indicato.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la Floricoltura O..
Resiste con controricorso l’Azienda Agricola C.A. che ha depositato memoria.
Diritto
Deduce la ditta ricorrente a motivi di impugnazione:
1) l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: per avere la Corte d’Appello erroneamente affermato che la ditta Floricoltura O. NON aveva provato che i pagamenti dedotti dalla C. si riferivano ad altri crediti per precedenti forniture, (come viceversa asserito anche nella relazione del C.T.U. disattesa) NONOSTANTE:
A) fossero stati ritualmente prodotti in appello documenti NON valutati dalla Corte territoriale, in particolare uno schema riepilogativo delle forniture elencate per data e con il corrispettivo dovuto per un importo complessivo di L. 135.568.151, (di cui L. 38.696.966 relative agli anni 96/97; L. 43.162.976 relative all’95 e L. 50.077.826 per il 94), a fronte delle quali forniture, i pagamenti della C., desumibili dagli assegni prodotti in causa, ammontavano a 26.500.000 più 30.622.000, più 15.000.000 (totale 72.122.000), restando la stessa inadempiente per il residuo credito di L. 59.775.768 a fronte del quale con il decreto ingiuntivo era stata richiesta la somma inferiore di L. 22.113.646;
B) i pagamenti effettuati dalla C. negli anni ’96, ’97, ’98 e quindi l’importo di L. 30.622.000, fossero andati a coprire i residui debiti dell’95 e via via quelli degli anni successivi, secondo i criteri di imputazione dell’art. 1193 c.c.;
C) a fronte di forniture fatturate per L. 31.725.822, i pagamenti effettuati dalla C. ammontassero a L. 122.122.000, come calcolato dal C.T.U., con la conseguenza che la C. pagava anche forniture non fatturate e che prendendo in considerazione, come fatto dal C.T.U. forniture fatturate e non, la C. risultasse debitrice di L. 18.074.966, somma ridotta, rispetto a quella richiesta con il decreto ingiuntivo per sconti o transazioni operate a fine stagione impossibili ormai da documentare, ma pienamente condivisa dal C.T.u.;
2) l’errore e/o violazione e/o falsa applicazione delle norme; vizio di motivazione; omessa insufficiente o contraddittoria motivazione:
– per avere la Corte d’Appello erroneamente ritenuto che la domanda di condanna al pagamento delle differenze fra l’ammontare delle somme dovute per le forniture ricevute e l’ammontare dei pagamenti effettuati costituisse una domanda inammissibile perchè nuova e generica, NONOSTANTE si trattasse di una emendatio libelli ed investendo il giudizio di opposizione a d.i. quale ordinario giudizio di cognizione, l’intero merito, consentisse alla Corte d’Appello di prendere in considerazione l’intero rapporto intercorso tra le parti non soltanto le forniture fatturate ed indicate nella procedura monitoria (come del resto ammette la stessa giurisprudenza di legittimità).
3) l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: la Consulenza Tecnica d’ufficio:
– per avere la Corte d’Appello ERRONEAMENTE negato valore giuridico alle risultanze della C.T.U. in quanto ipotetiche, stante l’assenza di registri contabili delle aziende e costruite su fatti esorbitanti il perimetro segnato dall’oggetto specifico del thema decidendum, NONOSTANTE lo stesso Giudice d’Appello nell’ammettere la C.T.U. avesse preso in considerazione l’intero rapporto intercorso tra le parti; ed il Giudice fosse tenuto a motivare il proprio dissenso dalle conclusioni del C.T.U. La sentenza impugnata va confermata, pur modificata in parte nella motivazione.
Se, infatti, è corretta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui ove all’attore che agisca per ottenere il pagamento di un debito il convenuto opponga di aver corrisposto una somma idonea ad estinguerlo, spetta all’attore, che sostenga debba imputarsi il suddetto pagamento all’estinzione di altri debiti, provare sia l’esistenza dei crediti corrispondenti che le condizioni necessarie per la diversa imputazione; e se, quindi, è corretta la ratio della decisione che ha respinto la domanda di pagamento per L. 22.133.646 avanzata dalla Floricoltura O. per non aver essa provato l’esistenza dei rapporti cui imputare la somma di L. 30.622.000, che la Agricola C. aveva corrisposto con gli assegni prodotti e che superava sia l’ammontare, da lei riconosciuto, della somma portata dalle fatture specificamente indicate nel ricorso per decreto ingiuntivo, sia la somma richiesta ed ingiunta; non è invece condivisibile l’affermazione della Corte d’Appello che reputa inammissibile estendere l’istruttoria al complesso dei rapporti di forniture piante e fiori intercorsi fra le parti e durati una pluralità di anni, ritenendo che in tal modo venga a mutare, ampliandosi, la pretesa dedotta dalla Floricoltura O. nel ricorso per decreto ingiuntivo.
Invero, quella che apparentemente, per la sua formulazione, si presenta come domanda nuova e come tale è stata ritenuta dalla Corte d’Appello (cioè la richiesta condanna dell’Agricola C. al pagamento delle differenze tra il complessivamente dovuto ed il complessivamente percepito), sottende ed esprime niente altro che la linea difensiva della Floricoltura O., volta ad escludere l’effetto estintivo del pagamento opposto dalla Agricola C., la quale facendo valere pagamenti per una cifra superiore a quella ingiuntale, ha necessariamente esteso il campo di indagine all’accertamento dell’esistenza o dell’estinzione degli altri suoi debiti verso la Floricoltura (pacifica essendo fra le parti l’esistenza di un rapporto pluriennale di forniture di piante e fiori); e ciò al fine di verificare a quali delle forniture debbano imputarsi i pagamenti dedotti, questione divenuta centrale nella soluzione della controversia proprio in seguito alla linea difensiva opposta dall’Agricola C..
In tali termini si è già pronunciata questa Corte nella sentenza 474/75.
La stessa Azienda Agricola C., del resto, (v. controricorso pag. 5) ammette che la somma versata in eccedenza su quella ingiunta si riferisce ad altre forniture intercorse fra le parti, ma ritenendole estranee all’oggetto del presente giudizio, che limita alle sole fatture espressamente indicate nel ricorso per d.i., NON considera che, quantomeno per la somma originariamente richiesta di L. 22.133.646, la domanda formulata dalla Floricoltura O. e riportata come subordinata nelle conclusioni in calce alla sentenza d’appello, NON è nuova, non avendo subito alcuna modifica rispetto a quella originaria, nè nel petitum (richiedendosi sempre la medesima somma rispetto a quella indicata nel ricorso per d.i.), nè nella causa petendi essendo il credito azionato fondato sempre e solo sulle forniture di piante e fiori intercorse fra le parti; e ciò, soprattutto, dovendosi tener conto che il giudizio di merito introdotto con l’opposizione al d.i. proposta dall’Agricola C., è teso ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, attore in senso sostanziale, e, quindi, ad accertare i fatti costitutivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza che decide sull’opposizione (v. sent.
6514/07).
Ciò comporta che, anche ove risultasse accertato che il valore delle fatture specificamente indicate nel ricorso per d.i. aumenti a poco più di L. 6.000.000, come sostiene l’opponente, la domanda formulata dalla Floricoltura O. NON può ritenersi limitata a quell’ammontare dal momento che: l’estratto autentico notarile delle scritture contabili 11.11.98, pacificamente secondo le parti, allegato al ricorso per d.i. (anche se successivamente non rinvenuto in atti dalla Corte d’Appello) documenta l’esistenza di numerose altre fatture dal (OMISSIS); le parti riconoscono la durata pluriennale del rapporto; l’Azienda Agricola C. oppone pagamenti per un ammantare di molto superiore alle richieste di controparte.
Ne deriva che l’indagine estesa al complesso dei rapporti di forniture di piante e fiori intercorsi fra le parti diventa strumentale “in funzione dell’accoglimento o del rigetto dell’originaria domanda” e consequenziale “all’imputazione di pagamento fatta valere dall’opponente” ed alla sua efficacia, tenuto conto che la facoltà del debitore, di cui all’art. 1193 c.c., di dichiarare quale debito egli intenda estinguere si consuma all’atto del pagamento e diventa(ove esercitata successivamente, inefficace senza l’adesione del creditore.
La giurisprudenza di legittimità, in recenti pronunce, non contrasta quanto sopra esposto quando, nel confermare il divieto per l’opposto di formulare domande nuove nel giudizio di merito introdotto dalla opposizione dell’ingiunto, ritiene tali quelle che comportano la integrale sostituzione del titolo della domanda (v. sent. 6022/07;
13086/07); mentre reputa semplice “emendatio” (ritenuta in sè ammissibile) l’estensione nel giudizio di opposizione della richiesta di pagamento di contributi previdenziali ed accessori ad un periodo più ampio di quello indicato nel ricorso per decreto ingiuntivo (v.
sent. 7688/04).
In conclusione, se pur appaiono fondati gli argomenti di cui al secondo motivo del ricorso, ciò, tuttavia, non incide sulla correttezza della pronuncia di rigetto dell’appello emessa dalla Corte territoriale, perchè, la Floricoltura O., attrice in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a d.i. e, quindi, gravata dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., avrebbe dovuto provare e non lo ha fatto nè lo ha dedotto, o tutte le forniture fatturate e non effettuate (nell’ammontare del prezzo pattuito e nella consegna dei beni), o, quantomeno provare quelle forniture cui imputare la somma di L. 30.622.000 corrisposta dall’opponente,- e ciò proprio in funzione della da lei pur richiesta, estensione dell’indagine all’intero complesso dei rapporti di fornitura intercorsi fra le parti ed ai fini della verifica della efficacia dell’imputazione effettuata dalla controparte, considerato altresì il non avvenuto riconoscimento, di tutte le forniture effettuate, da parte dell’opponente, che, fin dall’opposizione proposta, ha chiesto la prova della consegna dei beni.
Infondati devono, pertanto, ritenersi il primo e terzo dei motivi del ricorso in quanto le prove che si asseriscono fornite, come anche la C.T.U. espletata, si basano su un elenco delle forniture, ricostruito solo dalla società opposta e, quindi, di parte; elenco che non comprova l’avvenuta consegna di tutta la merce, fatturata e non; ed in ordine al quale i pur consistenti pagamenti dell’Agricola C. documentati dagli assegni da lei emessi a favore della controparte NON comprovano che il credito vantato dall’opposta, di cui al d.i. opposto sia relativo ad una fornitura non adempiuta da parte dell’opponente.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M
La Corte:
Rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate fra le parti, le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2008

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