La società Alfa chiede la risoluzione del contratto avente ad oggetto l’esecuzione di prestazioni in favore della società Beta avanti al Tribunale di Roma. Successivamente, però, avanti al Tribunale di Bari chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento di corrispettivi derivanti dal medesimo contratto.
La società Beta, nel giudizio avanti al Tribunale di Bari, eccepisce la litispendenza. Il Tribunale, invece, rileva d’ufficio la continenza e per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo fissando un termine per la riassunzione del giudizio davanti al Tribunale di Roma.
Queste le argomentazioni.
- Va escluso innanzitutto che sia fondata l’eccezione di litispendenza, sollevata dalla opponente, in quanto non si tratta della stessa causa proposta davanti a giudici diversi (art.39, primo comma c.p.c.). L’identità infatti sussiste con riferimento soltanto ai soggetti e alla causa petendi non già al petitum (cfr. in tal senso Cass. sez. un. 10.6.98 n.57’58).
- Tra due giudizi ricorre invece un rapporto di continenza, configurabile non soltanto quando due cause pendenti dinanzi a giudici diversi presentino identità di soggetti e di titolo, differenziandosi quantitativamente nel petitum, ma anche quando una di esse investa un rapporto giuridico che, oltre ad essere pregiudiziale rispetto a quello investito dall’altra, lo contenga in senso logico e giuridico, condizionandolo quanto ad esistenza ed effetti. Ciò accade nel caso in cui la causa petendi di una causa comprenda quella dell’altra o quando si tratti di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternative che si colleghino ad un medesimo rapporto negoziale (Cass. sez. Un. 23.7.2001 n.10011; Cass. 30.3.2000 n.3924).
- La fattispecie in esame risulta perfettamente riconducibile a tale ultima ipotesi ossia al caso di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternativa (di risoluzione e di adempimento) derivante da un unico sintagma contrattuale: nella citata sentenza a sezioni unite la Suprema Corte ha infatti ravvisato il rapporto di continenza tra il giudizio di risoluzione di un rapporto negoziale e quello di opposizione a decreto ingiuntivo concesso per il pagamento del corrispettivo pro parte per l’esecuzione dello stesso rapporto contrattuale.
- Il giudice di legittimità ha altresì stabilito nella stessa pronuncia le conseguenze sul piano processuale della continenza in ipotesi del genere. Allorché la causa in relazione alla quale è stato emesso il decreto ingiuntivo è – come nella specie – in rapporto di continenza con altra causa pendente davanti ad altro giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria, il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, deve dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e, conseguentemente, la nullità del medesimo, fissando un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice.
Tribunale Bari, 16 dicembre 2008, n. 2903, sez. II
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 20.12.2006 la T. Italia s.p.a. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Presidente di sezione del Tribunale di Bari il 16.10.2006 (n.1810/06) con il quale, su istanza della Mit. s.r.l. in concordato preventivo, in persona del liquidatore giudiziale, era intimato il pagamento della somma di euro 303.068,39 oltre interessi legali dalla messa in mora e spese del procedimento monitorio, sulla base di fatture emesse nell’anno 2004, a titolo di corrispettivo per attività di manutenzione di impianti tecnologici.
Deduceva la T. Italia che, con riferimento ai documenti contabili allegati al ricorso per ingiunzione, aveva provveduto al pagamento della somma di euro 223.839,96; che l’importo residuo non era dovuto, basandosi su fatture relative a prestazioni non eseguite dalla società Mit.; che essa opponente era altresì creditrice della somma di euro 47.734,36, come da attore che si esibivano.
Concludeva pertanto per la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, domandava la condanna della Mit. al pagamento della somma di euro 47.734,36 o, in subordine, la compensazione dei rispettivi crediti.
Si costituiva la società opposta con comparsa depositata il 13.1.2007, dando atto preliminarmente dell’avvenuto pagamento della somma di euro 223.839,96. Nel merito deduceva l’infondatezza delle contestazioni del residuo credito – relativo a prestazioni regolarmente effettuate in favore della T. – e della riconvenzionale, basata su fatture ossia su documenti di parte, non idonei a fornire la prova della pretesa.
instaurato il contraddittorio, durante la trattazione la società opponente eccepiva la litispendenza, rilevando che sulla base dello stesso rapporto negoziale la Mit. aveva dapprima adito il Tribunale di Roma per chiedere la risoluzione del contratto e in seguito celio di Bari per domandare adempimento.
Invitate le parti a precisare le conclusioni per la delibazione della questione pregiudiziale, la causa era quindi riservata per la decisione alla suddetta udienza, con termine per il deposito di comparse conclusionali di repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va eccepita d’ufficio la continenza di cause, ai sensi dell’art.39, secondo comma c.p.c. in conformità con le argomentazioni sottoposte alle parti con ordinanza del 4.4.2008.
Risulta dagli atti che la Mit. s.r.l. ha instaurato presso il Tribunale di Roma altro procedimento nei confronti della T. Italia spa, avente ad oggetto la risoluzione dell’accordo quadro e delle successive proroghe regolanti la prestazioni rese nel periodo temporale 28.5.2002 – 31.12.2004
(cfr. atto di citazione notificato il 2.11.2004 – RG n.9500/04); successivamente, con ricorso per ingiunzione al Tribunale di Bari la Mit. ha richiesto, a titolo di adempimento dello stesso rapporto contrattuale, la condanna della T. al pagamento del corrispettivo di cui alle fatture emesse tra il 30.9.2004 e il 31.12.2004 (l’opposizione della T. ha dato origine poi al presente giudizio a cognizione ordinaria).
Entrambe le cause sono pendenti dinanzi a diversi uffici giudiziari.
Va escluso innanzitutto che sia fondata l’eccezione di litispendenza, sollevata dalla opponente, in quanto non si tratta della stessa causa proposta davanti a giudici diversi (art.39, primo comma c.p.c.). L’identità infatti sussiste con riferimento soltanto ai soggetti e alla causa petendi non già al petitum (cfr. in tal senso Cass. sez. un. 10.6.98 n.57’58). Tra due giudizi ricorre invece un rapporto di continenza, configurabile non soltanto quando due cause pendenti dinanzi a giudici diversi presentino identità di soggetti e di titolo, differenziandosi quantitativamente nel petitum, ma anche quando una di esse investa un rapporto giuridico che, oltre ad essere pregiudiziale rispetto a quello investito dall’altra, lo contenga in senso logico e giuridico, condizionandolo quanto ad esistenza ed effetti. Ciò accade nel caso in cui la causa petendi di una causa comprenda quella dell’altra o quando si tratti di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternative che si colleghino ad un medesimo rapporto negoziale (Cass. sez. Un. 23.7.2001 n.10011; Cass. 30.3.2000 n.3924).
La fattispecie in esame risulta perfettamente riconducibile a tale ultima ipotesi ossia al caso di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternativa (di risoluzione e di adempimento) derivante da un unico sintagma contrattuale: nella citata sentenza a sezioni unite la Suprema Corte ha infatti ravvisato il rapporto di continenza tra il giudizio di risoluzione di un rapporto negoziale e quello di opposizione a decreto ingiuntivo concesso per il pagamento del corrispettivo pro parte per l’esecuzione dello stesso rapporto contrattuale.
Il giudice di legittimità ha altresì stabilito nella stessa pronuncia le conseguenze sul piano processuale della continenza in ipotesi del genere. Allorché la causa in relazione alla quale è stato emesso il decreto ingiuntivo è – come nella specie – in rapporto di continenza con altra causa pendente davanti ad altro giudice preventivamente adito in sede di cognizione ordinaria, il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’esercizio della propria competenza funzionale ed inderogabile sull’opposizione, deve dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e, conseguentemente, la nullità del medesimo, fissando un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice.
Il decreto opposto va pertanto revocato e la causa avente ad oggetto la domanda proposta in sede monitoria nonché la riconvenzionale dell’opponente deve essere riassunta dinanzi al Tribunale di Roma.
Poiché la controversia è stata definita sulla base di un’eccezione sollevata d’ufficio, la cui interpretazione richiesto l’intervento delle sezioni unite attesa la sua complessità, si ritiene che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione fra le parti delle spese dei giudizio.
P.T.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta con atto di citazione notificato il 20.12.2006 dalla T. Italia s.p.a. nei confronti della Mit. s.r.l. in concordato preventivo, avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente di sezione del Tribunale di Bari il 16.10.2006 (n.1810/06), così provvede:
dichiara l’incompetenza del Tribunale di Bari per ragioni di continenza e, per l’effetto: a) revoca il decreto ingiuntivo opposto; b) dispone la riassunzione della causa dinanzi al Tribunale di Roma nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione;
compensa tra le parti le spese del giudizio.
Bari, 25.11.2008
Giudice Luigi Agostinacchio

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