Decreto ingiuntivo: la competenza in caso di debiti di valuta non determinati.

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Contratto di appalto stipulato a Bologna, in relazione ad immobile pure situato a Bologna. L’appaltatore ottiene dal Tribunale di Modena, ove ha sede, ingiunzione di pagamento per il pagamento del corrispettivo. Il debitore, con sede in Bologna, eccepisce il difetto di competenza che viene accolto dal Tribunale.

Osserva il Tribunale che:

– il principio sancito dal terzo comma dell’art. 1182 C.c., secondo cui l’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro va adempiuta al domicilio del creditore, si riferisce esclusivamente alle obbligazioni, concernenti crediti liquidi ed esigibili, che dipendono da un titolo giuridico o convenzionale che ne abbia stabilito l’ammontare e la scadenza, in modo che non vi sia bisogno di ulteriori indagini da parte del giudice, se non, al massimo, semplici operazioni di calcolo, quale può essere quella di scomputare dal corrispettivo pattuito gli acconti ricevuti (Cass. 3 dicembre 1994 n. 10422; Cass. 11 gennaio 1990 n. 33; Cass. 20 marzo 1989 n. 1401; Cass. 12 maggio 1967 n. 999).

– Laddove, invece, non vi sia un titolo giuridico o convenzionale che abbia stabilito la misura del credito preteso, l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore, ai sensi del quarto comma dell’art. 1182 C.c.

– Nel caso di specie, non risulta un titolo convenzionale che abbia stabilito il corrispettivo richiesto giudizialmente: in particolare, nei termini concessi per le produzioni istruttorie non è stato prodotto alcun contratto d’appalto od altra scrittura documentante l’accordo raggiunto in ordine alla determinazione dei costi e prezzi delle opere, che risultano solo da documentazione di formazione e provenienza unilaterale, come preventivi e fatture; tanto che, infatti, gli importi richiesti monitoriamente sono stati contestati.
– Dunque, posto che il luogo di adempimento va individuato nel domicilio del debitore, ai sensi dell’art. 1182, quarto comma, C.c., ai sensi del combinato disposto degli artt. 637 e 20 C.p.c. il giudice competente territorialmente per l’emissione del decreto ingiuntivo è il Tribunale di Bologna.

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Tribunale Modena, 13 gennaio 2009, n. 21, sez. II

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Come da atti di causa e sopraesteso verbale d’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Viene preliminarmente eccepita la pregiudiziale questione di competenza. Essa é stata prospettata sotto il profilo territoriale, in quanto si deduce che il convenuto sostanziale ha sede in Bologna, l’obbligazione è sorta in Bologna, con la stipula dei contratti d’appalto, dopo che le parti avevano visionato gli appartamenti da ristrutturare, e il rapporto si è svolto interamente presso i luoghi dei cantieri, tutti in Bologna e, infine, anche il luogo di adempimento, pure individuato in Bologna in quanto sede del debitore di una somma incerta e non liquida.
Sono stati, quindi, contestati tutti i criteri di attribuzione della competenza, sia per quanto concerne il criterio principale di cui all’art. 18 C.p.c., sia per quanto concerne i criteri sussidiari di cui agli artt. 19 e 20 C.p.c.
3. Nel caso di specie, ai sensi dell’art. 637 C.p.c., la competenza territoriale, trattandosi di un diritto di obbligazione, appartiene alternativamente:
a) al giudice in cui ha la sede il convenuto persona giuridica (art. 19 C.p.c.);
b) al giudice del luogo “in cui è sorta… l’obbligazione dedotta in giudizio” (art. 20 c.p.c.);
c) al giudice del luogo “in cui… deve eseguirsi… l’obbligazione dedotta in giudizio” (art. 20 c.p.c.);
Nessuno dei criteri sopra menzionati riconduce l’azione monitoria promossa dalla Vin. S.r.l. nei confronti della Ma. S.r.l. alla competenza del Tribunale di Modena.
4. Infatti:
a) L’ingiunta Ma. S.r.l. ha sede in Bologna, via D. n. 18.
b) Le obbligazioni azionate da Vin. S.r.l. sono tutte sorte in Bologna, giacché è in Bologna, che, per allegazione non contestata, dopo avere visionato gli appartamenti da ristrutturare il rappresentante pro-tempore dell’impresa ha accettato gli incarichi conferitigli da M., rappresentante pro-tempore della committente.
c) Modena non è il luogo dove doveva essere adempiuta l’obbligazione di pagare la somma ingiunta. Il principio sancito dal terzo comma dell’art. 1182 C.c., secondo cui l’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro va adempiuta al domicilio del creditore, si riferisce esclusivamente alle obbligazioni, concernenti crediti liquidi ed esigibili, che dipendono da un titolo giuridico o convenzionale che ne abbia stabilito l’ammontare e la scadenza, in modo che non vi sia bisogno di ulteriori indagini da parte del giudice, se non, al massimo, semplici operazioni di calcolo, quale può essere quella di scomputare dal corrispettivo pattuito gli acconti ricevuti (Cass. 3 dicembre 1994 n. 10422; Cass. 11 gennaio 1990 n. 33; Cass. 20 marzo 1989 n. 1401; Cass. 12 maggio 1967 n. 999).
Laddove, invece, non vi sia un titolo giuridico o convenzionale che abbia stabilito la misura del credito preteso, l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore, ai sensi del quarto comma dell’art. 1182 C.c.
Nel caso di specie, non risulta un titolo convenzionale che abbia stabilito il corrispettivo richiesto giudizialmente: in particolare, nei termini concessi per le produzioni istruttorie non è stato prodotto alcun contratto d’appalto od altra scrittura documentante l’accordo raggiunto in ordine alla determinazione dei costi e prezzi delle opere, che risultano solo da documentazione di formazione e provenienza unilaterale, come preventivi e fatture; tanto che, infatti, gli importi richiesti monitoriamente sono stati contestati.
5. Dunque, posto che il luogo di adempimento va individuato nel domicilio del debitore, ai sensi dell’art. 1182, quarto comma, C.c., ai sensi del combinato disposto degli artt. 637 e 20 C.p.c. il giudice competente territorialmente per l’emissione del decreto ingiuntivo è il Tribunale di Bologna.
6. In considerazione delle circostanze sopra esposte ed in applicazione dei principi ivi ricordati, nel caso di specie va accolta l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Modena con contestuale dichiarazione della competenza del Tribunale di Bologna.
7. Il decreto ingiuntivo emesso va revocato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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Un commento:

  1. Avv. Ferruccio Orlandi

    Scrivo per segnalare un caso limite che mi è capitato con il Tribunale di Milano proprio in materia di eccezione di tardività di un’opposizione ex art. 615 c.p.c.
    Ex parte creditoris mi sono costituito in un giudizio di opposizione a D.I. che, secondo le risultanze della Consolle Avvocato, risulta essere stata iscritta tardivamente: ciò in quanto la “data evento” dell’iscrizione e la “data registrazione evento” riportano un data successiva al termine utile di 10 giorni dalla notifica per la tempestiva iscrizione a ruolo dell’opposizione (il termine utile scadeva il 3/4/2023, mentre sulla consolle vi risulta, per enrambe gli accennati eventi/adempimenti di Cancelleria, quella del 5/4/2023); sulla scoart di tale risultanza dela fascicolo telematico ho, quindi, sollevato pregiudiziale eccezione di improcedibilità dell’opposizione per tardiva iscrizione a ruolo e costituzione in giudizio dell’attore opponente.
    All’udienza tenutasi pochi giorni fa per trattare la preliminare istanza avversaria di sospensione degli effetti esecutivi del D.I. ex art. 649 c.p.c., il giudice assegnatario del fascicolo mi ha segnalato che, diversamente da quanto registrato dalla Cancelleria, la busta telematica dell’oppoiszione risulta essere stata trasmessa tempestivamente dall’opponente, in data 3/4/2023 e che l’errata indicazione risultante dalla Consolle era l’effetto di un “endemico” (e a quanto pare, irrisolvibile) ritardo del ruolo generale nella registrazione delle iscrizioni a ruolo di tutti i proedimenti civili, per cui la mia eccezione risultava inaccoglibile.
    Poiché per chi si costituisce in giudizio non è possibile verificare la tempestività della iscrizione a ruolo, in quanto la Cancelleria non inserisce nel fascicolo telmatico la copia delle ricevute di trasmissione di consegna della busta, è mai possibile accettare la conclusione che le attestazioni del fascicolo telematico, di provenineza dall’ufficio di Cancelleria, siano da considerarre necessariamente inaffidabili e possano essere così facilmente risolte a danno del creditore opposto? E’ mai possibile, giusto ed equo che la parte che formua determinate eccezioni processuali importanti e decisive – come quella qui in commento – confidando nella veridicità ed esattezza di tali attestazioni, possa essere così facilmente paralizzata nella sua iniziativa e la sua eccezione respinta sulla base di documentazione che essa non è stata in grado di verificare preliminarmente? E’ mai possibile che, dunque, il convenuto opposto si veda costretto a formulare eccezioni di improcedibilità “al buio” che assomigliano molto ad un gioco d’azzardo, piuttosto che alla corretta esplicazione di poteri e diritti processuali? Capisco che, secondo la normativa vigente in materia di PCT, per colui che formula l’opposizione, la tempestività della stessa sia attestata dalla data e l’ora in cui viene generato il messaggio PEC di “avvenuta consegna” all’Ufficio Giudiziario della busta, ma, per le ragioni testè evidenziate, mi pare assurdo che l’altra parte sia messa in oggettive condizioni di difficoltà e che le attestazioni rilasciate da un Pubblico Ufficio non possano essere correttamente invocate per la tutela delle proprie ragioni. Ennessima prova che il nostro non è più la “patria del diritto”, bensì quella del “rovescio”?
    Avv. Ferruccio Orlandi



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