Il deposito del duplicato informatico del provvedimento impugnato in Cassazione rende il ricorso improcedibile.

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Era il 7 giugno 2019 quando pubblicavo un post su questo blog intitolato significativamente “La stampa del duplicato informatico del provvedimento impugnato nel giudizio di cassazione: un errore “analogico fatale”. Avevo infatti letto una decisione che, pur non parlando espressamente del “duplicato informatico”, lasciava intendere che nell’occasione il difensore aveva stampato proprio questa tipologia di file, mancando sia l’attestazione di deposito del cancelliere, sia il numero identificativo della sentenza che attesta l’inserimento dell’atto nel registro cronologico delle decisioni.

La situazione non è cambiata con l’avvento del telematico. È infatti ormai consolidato il principio secondo cui il difensore non ha il potere di attestare la data di pubblicazione della decisione ricorsa; pertanto, per il suo accertamento è possibile fare riferimento esclusivamente al provvedimento e quindi alla “copia informatica”.

Il 16 gennaio di quest’anno è stata pubblicata l’ennesima ordinanza che dichiara l’improcedibilità del ricorso per siffatta ragione. Si legge, infatti, in Cass. 1525/2024 che  “la ricorrente ha depositato una copia informatica della sentenza che non reca, in realtà, alcuna attestazione di avvenuta pubblicazione, nessuna data di pubblicazione e nessun numero identificativo; né, a ben vedere, alcuna attestazione di conformità all’originale informatico, solo asserendosi che il file prodotto sia stato tratto dal fascicolo telematico; men che meno, risulta attestato che la copia prodotta sia conforme alla copia notificata, come meglio si dirà infra. Va, per inciso, rilevato che nel ricorso si afferma che il numero assegnato alla sentenza sarebbe il 1748/2021, che la data della sua pubblicazione sarebbe il 12.10.2021 e che essa sarebbe stata notificata il 31.1.2022”. È però evidente che non si trattava di una “copia informatica”, bensì di un “duplicato informatico”.

Ha affermato la Corte che “per quanto in linea generale sia possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformità del relativo contenuto all’originale contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c. deve comunque trattarsi di copie o duplicati recanti l’attestazione di cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema. In caso contrario sarebbe impossibile per la Corte di cassazione verificare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza e quale sia il suo numero identificativo; ciò senza contare che la copia prodotta non potrebbe ritenersi effettivamente conforme al provvedimento impugnato (e impugnabile), cioè quello oggetto di avvenuta regolare pubblicazione. La produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva di numero di pubblicazione non consente, d’altronde, di verificare la tempestività della impugnazione né, in caso si ritenesse il ricorso suscettibile di accoglimento, consente la formulazione di un corretto dispositivo di accoglimento che, coordinato con la motivazione, deve individuare con esattezza il provvedimento cassato. Poiché, nella specie, l’unica copia della sentenza impugnata prodotta (in formato digitale), come già precisato, è priva di tali dati, il ricorso non può che essere dichiarato improcedibile già per tale autonoma ragione”.

Una seconda ragione di improcedibilità è stata ravvisata nella mancanza di attestazione di conformità della “copia informatica” che, però, da quel che sembra di comprendere consisteva in un “duplicato informatico” che, quindi, non necessitava di alcuna attestazione.

Il terzo profilo di improcedibilità riguarda la mancata dichiarazione di conformità “della sentenza come ad essa asseritamente notificata il 31.1.2022 e quindi completa della relata di notifica”. Poiché il deposito – per quel che pare di capire – è avvenuto telematicamente, non si comprende cosa abbia combinato il ricorrente, in quanto la prova della notifica della sentenza si attua con il deposito del file .eml che, come è noto, non necessita di alcuna attestazione, essendo un atto nativo digitale (Cass. 981/2023).

In conclusione, nel giudizio di cassazione anche la fase di deposito va affrontata con estrema attenzione dal difensore al fine di evitare errori fatali come questi.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.


Un commento:

  1. FABRIZIO VAGNERINI

    Buongiorno ,
    non riesco a trovare sulla mia banca dati l’ordinanza della Cassazione n. 1525/2024 citata.
    E’ corretto il numero ? Se sì, mi potrebbe indicare dove è possibile trovarla?
    Ringrazio anticipatamente.
    Cordiali saluti.
    Fabriizo Vagnerini



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