Iniziamo ad esaminare un po’ di casi. Un giovane chirurgo subisce un grave danno alla mano. E’ costretto pertanto a cambiare ruolo all’interno dell’ospedale pubblico in cui lavora.
La Corte d’Appello gli nega però il danno patrimoniale in quanto, afferma, era comunque rimasto alle dipendenze dell’ospedale, in qualità di addetto alle attività ambulatoriali e di corsia nel reparto chirurgico, e nessuna prova circa la riduzione della capacità di guadagno era stata fornita.
Ricorre in Cassazione il medico e la Corte accoglie il ricorso (sent. 1680/2008), affermando che l’esistenza di una macropermamente incidente sulla capacità lavorativa specifica fa presumere, salva la prova contraria, una corrispondente riduzione della capacità di guadagno.
Secondo la S.C. la C.A. non ha tenuto conto che questo danno, proiettandosi nel futuro, è da valutare su base prognostica e che il danneggiato, nell’ambito delle prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici; sicchè, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, (cd. micropermanenti, le quali non producono danno patrimoniale, ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura (non necessariamente in modo proporzionale), qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà.
Si tratta, però, pur sempre di una prova presuntiva e non di un automatismo, con la conseguenza che potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non v’è stato in concreto alcun danno patrimoniale (per questi concetti, cfr. proprio Cass. 22 giugno 2001, n. 8599, in motivazione, che la stessa sentenza impugnata, come s’è visto, cita, pur senza adeguarvisi).
Altrettanto incongrua, secondo il giudice di legittimità, è l’affermazione secondo cui “non può quindi farsi luogo, nella situazione descritta, ad un autonomo risarcimento come danno patrimoniale, non essendo stata fornita la dimostrazione, nemmeno di carattere presuntivo, che la riduzione della capacità lavorativa specifica abbia dato luogo ad una riduzione della capacità di guadagno”.
Affermazione assolutamente apodittica o, quanto meno, insufficiente, che non tiene conto dell’esistenza in atti di una serie di elementi (rinvenibili nella stessa sentenza impugnata, nonchè nei motivi di ricorso, non smentiti dal controricorso), quali la giovane età del professionista, la sua stabile partecipazione, precedentemente al sinistro, all’equipe operatoria dell’ospedale, lo svolgimento per opera sua di un gran numero di interventi eseguiti nel reparto, la riduzione della funzionalità della mano destra tale da incidere al 75% sulla sua capacità lavorativa specifica, così da impedirgli o rendergli estremamente difficili le manovre tipiche del chirurgo, la sua esclusione, successivamente al sinistro, dall’attività operatoria e l’adibizione a mere attività di corsia e di ambulatorio. Elementi, questi, che avrebbero dovuto innescare (con esito positivo o negativo rispetto al fine richiesto) il ragionamento probabilistico circa il normale sviluppo della carriera di un giovane chirurgo, tenuto conto delle sue ordinarie aspettative di ruolo ed economiche, nel settore pubblico ed, eventualmente, in quello privato, a fronte delle concrete possibilità di poter svolgere in futuro attività operatoria.

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