Il danno patrimoniale alla persona (IV parte)

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COME SI CALCOLA IL DANNO PATRIMONIALE

Abbiamo detto che il danno patrimoniale alla persona consiste in una perdita economica, passata o futura, emergente o cessante.

Il risarcimento del danno emergente passato è l’ipotesi più semplice. Il danneggiato produrrà le ricevute, gli scontrini e le fatture. Il giudice dovrà accertare:

(a)l’effettività;
(b)l’inerenza;
(c)la necessarietà;
(d)la non eccessività

delle spese.

In altre parole il danneggiato dovrà provare di avere effettivamente sostenuto quelle spese, che le stesse sono state necessarie per eliminare o ridurre le conseguenze lesive, che le stesse erano necessarie e che l’ammontare è giusto e non eccessivo.
Mancando una di queste condizioni, il giudice dovrà rigettare la richiesta ovvero, nell’ipotesi d) ridurre la pretesa.
Naturalmente le spese già sostenute verranno rivalutate, quelle future verranno scontate.

Maggiori difficoltà genera il risarcimento per perdita totale o parziale del reddito, che va sempre calcolato al netto delle spese, altrimenti verrebbe violato il principio della indifferenza di cui abbiamo già parlato. Il redditto può essere di diverso tipo: da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, da lavoro prestato nell’impresa, di capitale.

L’ipotesi più semplice è quella del reddito da lavoro dipendente. In caso di reddito passato (cioè manifestatosi tra l’evento e la liquidazione) si dovrà fare la differenza tra il percepito e ciò che si sarebbe percepito senza la lesione. Si dovranno conteggiare straordinari perduti, eventuali premi non ricevuti. Sarà bene allegare abbondantemente le buste paga sia relative a prima dell’evento che successive, per dimostrare l’effettiva contrazione. Io, in genere, deposito almeno sei mensilità prima dell’evento. Ovviamente chi non percepisce un reddito (il minore, la casalinga, il disoccupato) non potrà ottenere un risarcimento di siffatto danno, salvo in due ipotesi:

(a)il danneggiato è stato costretto a rifiutare un lavoro a causa delle lesioni;
(b)le lesioni non consentiranno al danneggiato di lavorare in futuro, totalmente o parzialmente.

Assai più complicato il risarcimento del reddito di impresa e del reddito autonomo, che va sempre liquidato al netto delle spese. In linea teorica il calcolo è molto semplice. Facciamo l’esempio di un avvocato.

Cicero ha conseguito redditi netti nel 2006 per 30.000 euro, nel 2007 per 40.000 euro, nel 2008 per 50.000 euro.
Nel 2009 ha subito il sinistro che lo ha tenuto inattivo per molti mesi. Il reddito complessivo netto è di euro 20.000. Cicero avrà diritto al risarcimento della differenza tra il reddito netto presumibile (RNP) che è dato dall’ultimo reddito (UR) aumentato della percentuale di incremento avvenuta negli ultimi anni (PI) meno il reddito percepito (RNPe). Quindi: RNP + PI – RNPe.
Naturalmente egli potrà provare che RNP sarebbe stato maggiore o che a causa della malattia ha perduto importanti clienti. Anche parte convenuta potrà dimostrare che nell’anno 2009 Cicero avrebbe conseguito minori ricavi.

Per quanto concerne il reddito di impresa, se il danneggiato è un piccolo imprenditore, la giurisprudenza ritiene risarcibile il reddito netto di impresa e non soltanto la parte ascrivibile al lavoro dell’uomo.

Nel caso di socio di società di persone, il danneggiato dovrà dimostrare che a causa della malattia la società ha percepito minori utili stante l’impossibilità di rimpiazzare il socio.

Naturalmente nel calcolo del reddito dovranno essere considerate (per la detrazione) anche le spese per la produzione del reddito, nonché i contributi previdenziali e le imposte. In linea teorica non è complicato se solo si tiene presente il principio di indifferenza di cui abbiamo già parlato: il danneggiato, grazie al risarcimento, non deve ne arricchirsi, né rimetterci.

Nonostante qualche opinione dottrinaria contraria, anche il reddito da capitale può essere tenuto in considerazione ai fini del danno, ogni qual volta il danneggiato dimostri che a causa della inabilità non ha potuto dedicarsi agli investimenti. In tal caso dovrà provare che in passato ha regolarmente fatto investimenti ottenendo un incremento del valore del patrimonio e che nel periodo del sinistro ciò non è avvenuto (si pensi alla persona in coma che non ha potuto fare disinvestimenti o investimenti che avrebbe sicuramente o con ragionevole probabilità fatto).

Domani vedremo il danno reddituale permanente.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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