Il danno patrimoniale del minore che all’epoca della CTU medica risulta disoccupato.

Mirco Minardi

Tizio, minore, subisce lesioni. La CTU viene effettuata quando è già maggiorenne ed ha terminato gli studi ma è ancora disoccupato. Gli viene riconosciuta una invalidità biologica permanente del 12/13%. La Corte d’Appello gli nega il danno patrimoniale futuro non avendo fornito la prova rigorosa di tale voce di danno.

Ricorre così in Cassazione e la Corte accoglie il ricorso.

In primo luogo, osserva la Corte, il caso in cui il danneggiato sia minorenne e di età inferiore a quella in cui normalmente si manifestano, in modo anche solo incipiente, i futuri orientamenti professionali, costituisce una delle fattispecie tipiche in cui il danno patrimoniale futuro non può essere specificamente provato ed occorre procedere alla sua quantificazione con valutazione equitativa (art. 1226 c.c., espressamente richiamato in materia di responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c., comma 1). Inoltre, si tratta di voce di danno inquadrabile nell’abito del lucro cessante, per il quale l’art. 2056 c.c., comma 2 cit. dispone che in ogni caso si proceda “con equo apprezzamento delle circostanze del caso”.Erroneamente, pertanto, la Corte di appello ha richiesto la prova specifica della voce di danno in oggetto.

Il risarcimento avrebbe potuto essere negato solo se il giudice avesse previamente accertato non la mera, mancata dimostrazione del quantum, ma l’insussistenza dell’an debeatur, cioè se avesse accertato che non è neppure astrattamente ipotizzabile che le lesioni riportate dall’infortunato avranno una qualunque incidenza sulla sua futura capacità di produrre redditi: giudizio che deve essere formulato tenendo conto non del solo aspetto quantitativo (entità della percentuale di invalidità accertata in via peritale), ma anche della qualità delle lesioni residuate, in relazione ai tipi di attività lavorativa sui quali potrebbero effettivamente incidere.

Su tali aspetti la sentenza impugnata – che neppure indica quale sia la natura delle lesioni riportate dall’infortunato – è priva di ogni motivazione. (Nel senso che il diniego al minore del risarcimento dei danni patrimoniali futuri deve essere specificamente motivato, Cass. civ., sez. 3^, 7 agosto 2001 n. 10905).

Il rilievo, poi, secondo cui l’infortunato era ancora disoccupato a (OMISSIS) anni è di per sè solo ininfluente ed incongruo, sia perchè normalmente la disoccupazione non è frutto di una scelta di vita, destinata a protrarsi per sempre, ma è imposta da situazioni contingenti, che si auspica vengano superate; sia perchè si tratta di un dato ambivalente, potendo la disoccupazione essere stata causata, o concausata, dalle non perfette condizioni fisiche del soggetto, che possono rappresentare un ostacolo all’impiego, soprattutto nelle situazioni e nei luoghi di disagio occupazionale, ove si richiede la massima flessibilità nell’offerta di prestazioni lavorative e l’adattabilità del lavoratore a svolgere la più ampia gamma di compiti.
Lo stato di disoccupazione potrebbe cioè costituire parte o evidenza del danno, anzichè dimostrarne l’insussistenza.

In sintesi, non si può escludere in linea di principio, e senza motivazione, che il danno alla persona subito da un soggetto minore di età non abbia alcuna influenza sulla sua futura capacità di produrre reddito.
E’ da presumere, invece, che le lesioni non irrilevanti dell’integrità personale siano destinate a produrre un danno patrimoniale futuro, in termini di riduzione della futura capacità di guadagno, in quanto risponde ai principi della comune esperienza che oggi, di regola, qualunque soggetto è tenuto a svolgere un’attività di lavoro, per provvedere al proprio sostentamento, e che anche una leggera imperfezione dell’integrità fisica potrebbe porre ostacolo allo opportunità di trovare un lavoro e di produrre reddito.

Il giudice dovrà tenere conto, allo scopo, di ogni circostanza non della sola rilevanza quantitativa delle lesioni, in termini di percentuale di invalidità medicalmente accertata, ma anche della natura e qualità delle lesioni riportate, in relazione alle presumibili opportunità di lavoro che al danneggiato si presenteranno, tenuto conto delle sue peculiari tendenze ed attitudini; dell’orientamento eventualmente manifestato verso una determinata attività redditizia; dell’educazione ricevuta o da ricevere; della posizione sociale ed economica della famiglia; della situazione del mercato del lavoro e di ogni altra circostanza oggettivamente o soggettivamente rilevante (cfr., sul tema, Cass. Civ., Sez. 3^, 26 febbraio 2004 n. 3868).

Resta ferma, ovviamente, la possibilità per il responsabile di dimostrare il contrario: di dimostrare cioè, in base agli stessi criteri sopra indicati, che il minore non risentirà alcun danno da quel particolare tipo di invalidità.


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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