Torno nuovamente (vedi link) sulla questione della prova dei fatti negativi.
Negativa non sunt probanda, dicevano i glossatori medioevali, e questo brocardo continua ancora a fare danni nelle aule dei tribunali.
Il fondamento è filosofico: ciò che non esiste non può essere oggetto di dimostrazione.
Nella realtà le cose stanno diversamente.
Anzitutto i fatti giuridicamente rilevanti non sono solo i fatti della natura, ma anche i fatti giuridici e i fatti ipotetici. I fatti giuridici possono certamente essere negativi. Ad esempio la mancata esecuzione di una prestazione di dare o di fare è certamente un fatto negativo. Se domando il risarcimento del danno per lucro cessante futuro, lo faccio sulla base di una mera ipotesi non verificata e non verificabile e cioè che in futuro guadagnerò meno soldi rispetto a quanti ne guadagnavo prima del sinistro.
Già il Pescatore aveva osservato che i fatti negativi non sono tutti uguali. Ci sono quelli determinati nello spazio e nel tempo e quelli indeterminati. Ad esempio, non c’è alcuna difficoltà logica e pratica nell’ammettere una testimonianza volta ad accertare che Tizio, in un dato giorno e in un dato luogo, non ha espresso parole ingiuriose. Non c’è alcuna difficoltà logica e pratica nell’ammettere un capitolo di prova del seguente tenore: “Vero che Tizio il giorno X non si è presentato a scuola?” Gli insegnanti e i compagni di scuola potranno certamente rispondere su questo capitolo.
Diverso è invece il caso in cui il fatto negativo sia indeterminato. Ad esempio: “Vero che Tizio non ha mai contestato a Caio la regolarità dei lavori?” Per rispondere alla domanda, il testimone dovrebbe essere stato sempre a fianco di Tizio o a Caio costantemente, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Tuttavia, la difficoltà pratica a mio avviso non dovrebbe comportare il rigetto del capitolo; semplicemente il giudice dovrà sincerarsi, in caso di risposta affermativa quanto tempo il testimone è stato insieme a Tizio o Caio.
Ad ogni modo, meglio non rischiare e formulare il capitolo in positivo.

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