Diciamolo, ogni volta che dobbiamo provare un fatto negativo ci prende la “sudarella”: “ed ora come articolo il capitolo di prova?”, ci domandiamo.
Questo accade perché la giurisprudenza, forse ancorata al vecchio brocardo negativa non sunt probanda, ha una specie di idiosincrasia verso i capitoli di prova negativi.
Addirittura si afferma perentoriamente che “non è materialmente possibile dimostrare un fatto non avvenuto” (Cass. 9099/2012). E chi lo dice?
Supponiamo che l’attore voglia dimostrare che il conducente di un motoveicolo era intento a parlare al telefonino, che teneva in una mano, mentre è avvenuto il sinistro. Per quale ragione il passeggero del motoveicolo non potrebbe rispondere sulla circostanza articolata dal convenuto: “vero che Tizio non teneva un telefono in mano e non stava parlando al telefono nel momento in cui si è verificato il sinsitro”?
Facciamo un altro esempio. Tizio accusa Caio del fatto che durante una discussione avvenuta in un certo giorno e in un certo luogo gli ha dato del “corrotto” e del “delinquente”. Per quale ragione Sempronio, presente ai fatti, non potrebbe essere chiamato a testimoniare su questo capitolo: “vero che durante la discussione avvenuta il giorno xx, Caio non ha mai pronunciato le parole “corrotto” e “delinquente”?”.
Come si vede non è affatto vero che i fatti negativi non possano essere mai provati e sottolineo “mai”. Il problema, infatti, si pone negli accertamenti negativi ove l’onere della prova rimane a carico dell’attore, come afferma, ad esempio, questa massima:
L’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia a oggetto fatti negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo. Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.
Cassazione civile, sez. I, 01/04/2009, n. 7962
Dunque, la S.C. afferma:
- I fatti negativi vanno provati al pari dei fatti positivi;
- I fatti negativi si provano con la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o mediante presunzioni.
Non sempre però questo è possibile. Si supponga che Tizio, stanco di ricevere richieste di pagamento per un contratto mai stipulato, convenga in giudizio Caio domandando l’accertamento negativo del debito. Come può dimostrare l’inesistenza di un contratto che non è mai stato stipulato? Fornendo la prova del fatto positivo che è stato stipulato? Ma questo è assurdo dalla parte dell’attore, mentre ha un senso se affermiamo che l’onere della prova gravi in questo caso sul convenuto. Peccato però che la Cassazione affermi il contrario, almeno in ambito non contrattuale.
Occorre dire, infatti, che in ambito contrattuale vige ora il principio secondo cui l’onere della prova di avere esattamente adempiuto grava sul debitore. Pertanto l’attore che invoca un inadempimento consistente in una omissione, dovrà semplicemente allegare il fatto omissivo. Da parte sua il debitore potrà agevolmente provare di aver fatto ciò che gli viene contestato. Tuttavia, il principio subisce una deroga laddove si tratti di dimostrare un fatto negativo; in questo caso l’onere grava sull’attore-creditore (Cass. S.U. 13533/2001).
Ecco una massima estratta da quella pronuncia:
Il principio di presunzione della persistenza del diritto – in virtù del quale, una volta provata dal creditore l’esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine, grava sul debitore l’onere di dimostrare l’esistenza del fatto estintivo costituito dal suo (esatto) adempimento – deve ritenersi operante non solo nel caso in cui il creditore agisca per l’adempimento, ma anche nel caso in cui, sull’identico presupposto dell’inadempimento (o inesatto adempimento) della controparte, egli agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno; risulta, viceversa, rovesciato un tal regime della prova nell’ipotesi di obbligazioni negative (cioè di “non facere”), riguardo alle quali la prova dell’inadempimento è sempre a carico del creditore, anche ove agisca per l’adempimento.
Cassazione civile, sez. un., 30/10/2001, n. 13533
Insomma, due pesi e due misure.
Andiamo avanti. In tema di responsabilità dei genitori la S.C. ha affermato che per superare la presunzione di colpa prevista dall’art. 2048 c.c., essi non debbono fornire la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore (Cassazione civile, sez. III, 06/12/2011, n. 26200).
In altre parole, in questi casi la prova del fatto negativo viene raggiunta attraverso la dimostrazione di altri fatti positivi che, attraverso un giudizio inferenziale, possano dimostrare il fatto negativo cioè il non aver potuto impedire un fatto.
Detto ciò, io non rischio mai e dunque non articolo mai un capitolo negativo. Quando ne ho l’esigenza faccio in questo modo: o articolo direttamente il capitolo in positivo, affermando che in realtà voglio dimostrare il fatto contrario, oppure articolo prima il capitolo negativo, rilevando la sua inammissibilità, e poi procedo con la formulazione in positivo.
L’importante è specificare che si vuole dimostrare il fatto negativo, in quanto l’avversario potrebbe ritenere pacifico il fatto. Mi spiego meglio. Se io voglio dimostrare che Caio non ha mai usato quelle parole, formulerò il capitolo in positivo: “Vero che il giorno xx, Caio si è rivolto a Tizio dandogli del corrotto e del delinquente?” e dirò: “Il presente capitolo viene formulato in positivo stante il noto divieto di provare fatti negativi, fermo restando che il convenuto intende dimostrare di non avere mai rivolto quelle espressioni a Tizio”.
Nel prossimo articolo ritorneremo ancora su questo argomento.
Anche questi articoli potrebbero interessarti:
- Ancora sulla prova dei fatti negativi.
- Le valutazioni nei capitoli di prova
- La specificità dei capitoli di prova testimoniale
- Questioni controverse in materia di prova testimoniale (parte II)
- Questioni controverse in materia di prova testimoniale (parte I)
egr. collega,
nel ringraziare ancora per il prezioso lavoro le chiederei di sciogliermi un dubbio. la domanda (subordinata) non riproposta con la prima memoria è da intendersi rinunciata?
grazie
@Carlo: difficile dare una risposta certa, la giurisprudenza oscilla ancora. Secondo l’ultimo orientamento non viene generata una presunzione di abbandono, salvo che dal tenore dell’atto si debba concludere per la rinuncia.
Mirco sei sempre un grande!
Sai ancora che significa avere un rapporto di colleganza! Bbravo!
Egr. Collega,
sperando di non disturbarla vorrei porle un quesito: come è possibile la dimostrazione d’invio di una mail contenente copia di un progetto, dichiarata come mai ricevuta da controparte?
Colgo l’occasione per farle i complimenti per l’ottimo lavoro quotidianamente svolto sul suo sito.
Grazie ancora
Buongiorno,
in tema di RCA, laddove la compagnia di assicurazione contesti l’entità dei danni subiti dall’autoveicolo danneggiato – affermando che sono esigui – su quale soggetto grava l’onere di provare il contrario?
Grazie
@Avv. Rocco Caminiti: ctu informatica, interrogatorio formale e ultima spiaggia giuramento decisorio. Grazie per i complimenti.
@Mario: l’onere della prova grava sul danneggiato.
Buongiorno Collega. Approfitto dell’articolo da Lei pubblicato qualche tempo fa per chiedere se il mandato conferito per il giudizio di cognizione, che si estende normalmente anche alla fase esecutiva, vale anche per il pignoramento immobiliare attesa la prescrizione di cui all’art.170 disp. att. trans. codice di procedura civile.
A mio sommesso avviso, è necessario il rilascio di un nuovo mandato quantomeno nel precetto. Se così non fosse perchè la recentissima Cassazione (maggio ’12) si è pronunciata riconoscendo sussistente lo ius postulandi in capo al legale in forza del mandato rilasciato a margine del precetto. Avrebbe potuto semplicemente richiamare il principio generale circa l’estensione del mandato alla fase esecutiva. Per inciso, il giudice mi ha rigettato tale eccezione.
Grazie e cordiali saluti
Gentile Avvocato, dovendo fare una ricerca proprio su quest’argomento, e cioè sul rifiuto da parte dei giudici dei capitoli di prova testimoniale formulati negativamente, come mi consiglia di muovermi? Esistono, che Lei sappia, testi che trattano il problema a livello scientifico? Nei repertori di giurisprudenza ho incontrato difficoltà a trovare sentenze che vadano oltre delle laconiche enunciazioni di principio, e le ordinanze istruttorie difficilmente si trovano nelle riviste. La ringrazio molto.
Grazie per i tuoi articoli! Sono molto interessata all’argomento delle prove negative..e prove in genere.
Mi permetto di chiederTi se conosci qualche manuale fatto bene su come fare i capitoli di prova….lo leggerei volentieri!
Continuero’ a seguirTi!
Purtroppo non esistono che io sappia
Devi consultare testi/tesi sull’onere della prova
Buongiorno Avvocato. Le chiedo una delucidazione: Ho ricevuto un atto di citazione da trattare avanti al Giudice di Pace. Essendo Dottore in legge e, essendo la causa rientrante in quelle previste ai sensi dell’art. 82 c.p.c. (senza l’ausilio di un avvocato), ho deciso di difendermi da solo. Un amico avvocato, a cui ho fatto vedere quanto prodotto fino ad oggi tra comparsa di costituzione e risposta e verbali compilati avanti al GdP, mi ha detto che sto procedendo bene…ora però sto avendo qualche dubbio, e vorrei risolverlo senza andare di nuovo dal mio amico avvocato, se qualcuno riesce a darmi le opportune delucidazioni. Farò per tanto un piccolo schema per illustrare il punto in cui mi trovo:
Iscrizione della causa a ruolo e designazione del Giudice di Pace.
1a UDIENZA; costituzione delle parti. Mi costituisco personalmente e consegno copia della comparsa di costituzione e risposta (in cui ho anche effettuato una domanda riconvenzionale) all’avvocato della controparte. Il Giudice rinvia la causa in prosieguo di prima udienza, fissando il giorno.
2a UDIENZA; ne io (convenuto), ne l’attore aggiungiamo nulla, il Giudice rinvia la causa ai sensi e per gli effetti dell’art. 320 c.p.c. IV comma.
3a UDIENZA; l’avvocato (per parte attrice) presenta memorie di replica ex art. 320 c.p.c. e indica due testi; io (convenuto), come uno stupido (e sbagliando!) non presento nulla, ma, riesco a fare inserire nel verbale del Giudice di Pace DUE testimoni (pur non avendo presentato memorie scritte e quindi l’eventuali domande da porgli ), indicando le generalità di essi. Il Giudice decide che nella prossima udienza verrà sentito UN TESTIMONE per parte e ne fissa la data.
Ora il mio dubbio è questo: devo preparare memoria scritta con le domande da porre?
Vado in udienza e chiedo al mio teste quello che voglio che dica?
Contestando totalmente quanto portato sia nell’atto introduttivo (la citazione) e sia quanto riportato nelle memorie di replica, devo presentare “qualcosa” di scritto, oltre a quanto già contestato con la “comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale”, che, essendo susseguente solo alla citazione, contesta solo dette circostanze, e non le NUOVE, cioè quelle enunciate nelle memorie di replica?
Oppure posso fare interrogare il mio teste a “prova contraria” sui capitoli di prova già previsti dall’attore per il suo teste, chiaramente facendo dire al mio teste “non è vero…” la dove il testo dell’attore dice “è vero…” ? Grazie
Alex: il processo civile, anche davanti al giudice di pace, è un procedimento molto tecnico. E’ assai pericoloso il “fai da te”, perchè il GDP può anche chiudere un occhio, ma l’eventuale giudice dell’impugnazione no.
Buongiorno Avv. Minardi,
Vorrei chiederLe se è ammissibile un capitolo di prova con cui la parte processuale asseritamente danneggiata dall’operato professionale di un architetto demandi al “teste” (che poi teste non è, trattandosi del tecnico di fiducia che ha redatto la perizia tecnica di parte prodotta dal danneggiato a supporto della propria richiesta risarcitoria) giudizi di natura tecnica sull’attività professionale espletata dall’architetto, per dimostrare che questi ha commesso errori professionali.
@Angelo: mi pare una testimonianza valutativa
buonasera, una domanda
può essere considerato generico un capo di prova in materia di insidia/Trabocchetto quando il danneggiato indica nel capo di prova il luogo e la data del sinistro ma non specifica l’orario in cui il medesimo sinistro si sarebbe verificato?
Grazie
@Paola: direi di no, trattasi di specificazione che può essere chiesta in sede di esame
Buongiorno, prezioso il contenuto di tutti gli articoli.
Mi soffermo sui fatti negativi da provare, il primo articolo.
Ti chiedo difendendo un industriale dalle richieste economiche della ex che ha l’onere della prova di provare la sua presenza in azienda (cosa che di fatto non avveniva ed è una circostanza negativa), come formulare il quesito ad un teste?
“Vero che Tizia nell’azienda XYZ non ha svolto funzioni decisionali, non ha concluso contratti, non ha trattato fornitori etc …”.
Leggendo il Tuo articolo, ragiono:
1) formulo in senso positivo e aggiungo la dicitura che leggo che hai messo te di seguito al capitolo positivo per dire che si intendeva formulare un capitolo negativo ?
2) devo invece provare con fatti contrari positivi per cui chiedendo l’escussione di chi
– concludeva i contratti
– aveva firme in banca
– trattava fornitori
Rimane comunque il fatto che sul punto l’onere della prova è di Tizia
Che consiglio mi puoi dare
Grazie
E.
Dopo la sentenza della S.C. io articolo i capitoli in negativo, precisando che nel caso in cui il giudice ritenesse di dissentire dall’orientamento espresso dalla Corte esse debbono intendersi formulati in positivo