Protesto illegittimo: addio danno in re ipsa

Mirco Minardi

Che la tesi del danno in re ipsa, in caso di protesto illegittimo, non potesse andare molto lontano dopo le sentenze di San Martino era facilmente prevedibile.

Con la recente sentenza del 8-23 giugno 2010, n. 15224, la S.C. conferma il proprio orientamento secondo cui la semplice illegittimità del protesto (ove accertata), pur costituendo un indizio in ordine all’esistenza di un danno alla reputazione da valutare, nelle sue diverse articolazioni, nel contesto della situazione cui inerisce, non costituisce di per sè un dato sufficiente per dare corso alla liquidazione del danno, atteso che il danno non patrimoniale derivante da condotta illecita lesiva di interesse costituzionalmente garantito (quale sarebbe quello in oggetto) presuppone la gravità della lesione, oltre che la non futilità del danno, e la prova in proposito può essere data anche mediante presunzioni semplici, fermo però restando, per il danneggiato, l’onere di allegare gli elementi di fatto dai quali poter desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio (v. anche Cass. 7211/2009).

In precedenza era stato invece affermato che i tema di risarcimento danni il protesto cambiario, conferendo pubblicità pso facto alla insolvenza del debitore, non è destinato ad assumere rilevanza soltanto in un’ottica commerciale/imprenditoriale, ma si risolve in una più complessa vicenda- di indubitabile discredito- tanto personale quanto patrimoniale, così che, ove illegittimamente sollevato, ed ove privo di una conseguente, efficace rettifica, esso deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno patrimoniale anche sotto il profilo della lesione dell’onore e della reputazione al protestato come persona, al di là e a prescindere dai suoi interessi commerciali. Ne consegue che, qualora l’illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, come quello alla reputazione, il danno, da ritenersi in re ipsa, andrà senz’altro risarcito senza che incomba, sul danneggiato, l’onere di fornire la prova della sua esistenza, mentre nella (diversa) ipotesi in cui sia dedotta specificamente una lesione della reputazione commerciale per effetto dell’illegittimità del protesto, questa ultima costituirà semplice indizio della esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nel contesto di tutti gli altri elementi della situazione cui inerisce (Cassazione civile , sez. I, 30 agosto 2007, n. 18316; id. 7495/2008).


Share
Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

Anche questi articoli potrebbero interessarti:




Lascia un commento

  • (will not be published)

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*