Appalto: i rapporti tra azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. e azione di risoluzione ex art. 1668 c.c.

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Nel contratto di appalto il committente ha certamente la possibilità di esperire l’azione ex art. 1453 c.c., ovvero la normale azione di inadempimento; tuttavia l’inadempimento deve fondarsi su fatti diversi dalla presenza di vizi e/o difetti; ad esempio, l’appaltatore ha iniziato l’opera ma successivamente ha abbandonato il cantiere. In questo caso sarà certamente possibile invocare gli effetti di cui all’art. 1453 c.c..

Art. 1453 c.c. Risolubilità del contratto per inadempimento.
[I]. Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
[II]. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.
[III]. Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.

Diversamente, in caso di presenza di vizi e/o difetti il committente è tenuto a valutare l’inadempimento ai sensi dell’art. 1668 c.c..

Art. 1668 c.c. Contenuto della garanzia per difetti dell’opera.
[I] Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore.
[II] Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

Secondo i principi costantemente affermati dalla Suprema Corte, ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell’opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l’art. 1668 c.c., comma 2, la risoluzione può essere dichiarata soltanto se i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione l’art. 1490 c.c. stabilisce che la risoluzione va pronunciata per i vizi che diminuiscono i modo apprezzabile il valore della cosa, in aderenza alla norma generale di ci all’art. 1455 c.c., secondo cui l’inadempimento non deve essere di scarsa importanza avuto riguardo all’interesse del creditore.

Pertanto la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto d’appalto è ammessa nella sola ipotesi in cui l’opera, considerata nella sua unicità e complessità, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria in quanto affetta da vizi che incidano in misura notevole sulla struttura e funzionalità della medesima, si da impedire che essa fornisca la sua normale utilità, mentre, se i vizi e le difformità sono facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal primo comma dell’art. 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore (vedi, da ultimo, Cass. n. 5250/2004).

Qualora il committente abbia esercitato l’azione di risoluzione e il giudice abbia ritenuto non sussistenti i presupposti di cui all’art. 1668 c.c., anche la domanda di risarcimento dei danni dovrà essere rigettata. Il diritto del committente al risarcimento dei danni per i difetti dell’opera, che il primo comma fa salvo “in ogni caso” di colpa dell’appaltatore, va infatti correlato ai casi contemplati dalla richiamata disposizione, di difetti, cioè, la cui gravità non sia tale da rendere l’opera inadatta allo scopo e giustifichi, quindi le alternative azioni di eliminazione dei difetti o di riduzione del pezzo. Pertanto nel caso che il committente abbia domandato il risarcimento dei danni in correlazione con la domanda di risoluzione e i difetti non siano risultati tali da giustificare lo scioglimento del contratto, la domanda di risarcimento non può essere accolta per difetto della “causa petendi” (Cass. n. 8295/2006).


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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