Nel dibattito accesosi dopo la sconcertante sentenza delle Sezioni Unite n. 19246/2010 in materia di costituzione dell’opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, interviene la Dottrina, quella vera, quella autorevole, quella che il diritto lo conosce davvero, nella teoria e nella pratica.
E lo fa senza mezzi termini, senza giri di parole, senza ossequiose prese di distanze. E’ una critica ferma, puntuale, diretta, tranciante quella del Prof. Remo Caponi nel suo articolo “Overruling in materia processuale e garanzie costituzionali (in margine a Cass. n. 19246 del 2010)“, che potete leggere cliccando nel link sottostante.
Ecco alcuni brani:
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Uno degli stratagemmi di cui le Corti si servono spesso per rendere più persuasivo un mutamento radicale di un indirizzo consolidato di giurisprudenza è quello di ridimensionarne verbalmente la rilevanza, di argomentarne in qualche modo la continuità con l’orientamento precedente, che verrebbe semmai perfezionato, ulteriormente sviluppato, ecc., mai del tutto sconfessato.
Cass. n. 19246 del 2010 pretende di «puntualizzare» – oltretutto con un obiter dictum – l’interpretazione dell’art. 645, 2° comma c.p.c., costantemente seguita a partire da Cass. 12 ottobre 1955, n. 3053, ma la portata eversiva di questa puntualizzazione è evidente.
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Nei giudizi ancora in corso, l’opposizione dovrebbe essere dichiarata improcedibile e il decreto ingiuntivo dovrebbe consolidarsi come immutabile.
L’esito appena descritto – una sorta di smaltimento extra ordinem, con pronuncia di rito e non di merito, di una cospicua fetta di cause di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti – è palesemente inaccettabile.
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Un’interpretazione conforme alla garanzia costituzionale della predeterminazione delle regole di svolgimento del processo (art. 111 Cost.) impone di limitare (automaticamente, senza necessità di richiedere la rimessione in termini) l’impatto del mutamento di giurisprudenza costante della corte di cassazione in materia di interpretazione delle norme processuali ai giudizi instaurati successivamente alla pubblicazione dell’overruling (in questo caso ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo instaurati successivamente al 9 settembre 2010).
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Vi è un punto fermo che dovrebbe raccogliere il consenso di tutti: la costituzione in giudizio tempestiva non può diventare tardiva perché la Corte di cassazione cambia idea successivamente.La certezza del diritto, la predeterminazione e la prevedibilità del contenuto della regola di condotta e delle conseguenze della sua violazione può essere forse un tema abbastanza etereo per il diritto sostanziale, in un tempo presente di tumultuosi sviluppi legislativi e giurisprudenziali, di tutela «multilivello» dei diritti fondamentali, ecc.
Per il diritto processuale la certezza non è invece un tema etereo, ma molto corposo e terrestre. La certezza del diritto può e deve essere perseguita nella disciplina processuale con intensità maggiore che nel campo del diritto sostanziale, proprio in considerazione del carattere strumentale del processo civile nei confronti di quest’ultimo. In altri termini, il rischio che l’errore processuale cagioni al titolare la perdita del diritto sostanziale dedotto in giudizio deve essere confinato entro il minimo indispensabile.
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Non solo. Il Prof. Caponi, con la solita chiarezza di pensiero e con la forza della logica e dei principi generali dell’ordinamento, sconfessa quello che per le S.U. è un principio consolidato e cioè che l’art. 645 2° comma imponga il dimezzamento dei termini processuali.
Un articolo imperdibile, soprattutto per coloro, per fortuna pochi, che ancora difendono (ma solo per il gusto di fare il bastian contrario) la sentenza delle Sezioni Unite.
Questo il link per leggere l’articolo:

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