S.U. 19246/2010: anche il Tribunale di Civitanova Marche sposa la tesi della rimessione in termini

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Si ringrazia per la segnalazione il dottor Giuseppe Buffone.

Per i procedimenti in corso al momento dell’intervento delle Sezioni Unite 19246/2010, la parte opponente che abbia iscritto a ruolo la causa dopo il quinto giorno ma entro il decimo, va rimessa in termini ex art. 153 c.p.c. (ieri: 184-bis c.p.c.). Il ridetto istituto costituisce una delle declinazioni del principio fondamentale del giusto processo e del diritto di difesa, come espressi dagli artt. 24 e 111 cost., dall’art. 6 CEDU (ormai comunitarizzata) e dalla costante giurisprudenza della CGE.

Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, sentenza 22 ottobre 2010 (giudice unico C. Ascoli)

L’opponente allega l’inesistenza del debito, in quanto tutte le forniture oggetto delle numerose fatture azionate in monitorio sarebbero state già integralmente pagate attraverso il rilascio di assegni. Precisa in particolare l’ingiunta che il pagamento aveva generalmente luogo in contrassegno, ovvero i titoli con scadenza a 90 gg venivano consegnati al momento del ricevimento della merce direttamente nelle mani del corriere. Alcune volte capitava invece, soprattutto quando le fatture erano riferite a forniture di importi ridotti, che il contrassegno venisse annullato ed il pagamento accorpato a quello di altre fatture relative a forniture più consistenti.

Si costituiva l’opposta preliminarmente eccependo la nullità dell’atto di citazione in quanto la trasmissione dell’atto tramite mezzi di comunicazione non era avvenuta in conformità alla l. 183/93, siccome l’avvocato ricevente non è munito di procura alle liti ma è mero domiciliatario. Nel merito deduce che alcuni assegni (specificamente indicati) citati dall’opponente non sono mai stati incassati e che gli altri pagamenti si riferiscono a diversi crediti, come emerge dalla evidente discrepanza tra le date e gli importi in essi riportati e quelli recati dalle fatture oggetto della presente causa.

Con le note difensive finali l’opposta deduce altresì l’improcedibilità dell’opposizione per tardività nella costituzione dell’opponente, secondo il dictum della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 19246/2010.

L’opposizione è parzialmente fondata, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

L’atto di citazione non è nullo, come deduce l’opposta, atteso che con riferimento alla disciplina relativa all’utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati per la trasmissione di atti processuali, il conferimento della procura all’avvocato ricevente è prescritta dall’art. 1 l. 7 giugno 1993 n. 183, non ai fini dell’esistenza o della validità dell’atto, ma della possibilità di considerare la copia ricevuta come conforme all’originale inviato con mezzo telematico, con la conseguenza che la mancanza di tale requisito ha rilievo solo nel caso in cui detta conformità venga posta in discussione, ciò che non è dato riscontrare nel caso di specie. (cfr. Cassazione civile, sez. II, 11 marzo 2009, n. 5883; Cass. Civ. 17304/2006). Si osserva inoltre che per effetto dell’art. 1, comma 1, l. 7 giugno 1993 n. – che disciplina l’utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione tra avvocati della stessa parte per la trasmissione degli atti relativi a provvedimenti giurisdizionali – nella presunzione, “iuris et de iure”, stabilita dall’art. 2719 c.c., prima parte, di conformità all’originale della fotocopia di un atto, se attestata da pubblico ufficiale, rientrano gli atti del processo trasmessi a distanza da un avvocato all’altro, se: a) l’avvocato trasmittente attesti la conformità della copia all’originale; b) sia l’avvocato trasmittente sia quello ricevente siano, congiuntamente o disgiuntamente, difensori della parte; c) l’avvocato trasmittente abbia sottoscritto in modo leggibile l’atto trasmesso e, se con lo stesso è conferita la procura alle liti, anche la sottoscrizione della parte sia leggibile. In mancanza di tali requisiti la fotocopia dell’atto del processo può tuttavia presumersi conforme all’originale per effetto dell’ultima parte dell’art. 2719 c.c. se nel termine indicato dall’art. 215 n. 2 c.p.c. non è stata disconosciuta. (Cassazione civile, sez. II, 17 maggio 2004, n. 9323; Cassazione civile, sez. II, 15 marzo 2010, n. 6237). Come emerge evidente dalla lettura della comparsa di costituzione, tale tempestivo disconoscimento non è avvenuto, avendo (infondatamente) sollevato la convenuta la (diversa) eccezione di nullità dell’atto, asseritamente inidoneo a costituire un valido rapporto processuale.

Neppure l’eccezione di improcedibilità può essere accolta. Si premette che essa non è soggetta a termini di decadenza potendo essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Va altresì precisato che è da rigettare la tesi secondo cui il dictum della sentenza citata sarebbe applicabile solo per il futuro, alla stregua delle norme di legge, atteso che è principio cardine del nostro ordinamento quello secondo cui l’attività giurisdizionale ha natura meramente interpretativa, con la conseguente ed ineliminabile efficacia retroattiva propria di ogni operazione ermeneutica.

Operate tali fondamentali premesse, va tuttavia rilevato che l’interpretazione sposata dalla Sentenza delle Sezioni Unite sovverte un costante e pressoché unanime orientamento contrario, che si era consolidato nel tempo quale diritto vivente ed a cui la prassi forense si era conformata. Vi sono pertanto ampi margini per l’attivazione dell’istituto della rimessione in termini, atteso che il mutamento della giurisprudenza che intervenga su di un orientamento consolidato integra senza dubbio la causa non imputabile richiesta dall’art. 184 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente controversia (cfr. Cassazione Civile, Sezione II, Ordinanza n. 15811 del 02.07.2010). Né è di ostacolo la collocazione di tale norma nella sezione del codice di rito dedicata alla trattazione: questo giudice infatti ritiene che la modifica intervenuta con la l. 69/ 2009 sul codice di procedura civile ed in particolare l’introduzione del secondo comma dell’art. 153 e la contestuale abrogazione dell’art. 184 bis c.p.c. non abbia soltanto un effetto innovativo, ma ridondi anche un’efficacia interpretativa sullo stesso art. 184 bis c.p.c., nel senso che occorre ritenere che il Legislatore con tale modifica abbia inteso disattendere l’impostazione della pregressa giurisprudenza maggioritaria secondo cui l’istituto della rimessione in termini poteva trovare applicazione solo con riferimento agli atti di istruzione e opinare al contrario che esso esprima una direttiva di sistema. Va sottolineato, infatti, che il ridetto istituto costituisce una delle declinazioni del principio fondamentale del giusto processo e del diritto di difesa, come espressi dagli artt. 24 e 111 cost., dall’art. 6 CEDU (ormai comunitarizzata) e dalla costante giurisprudenza della CGE. Si aggiunge che, proprio in virtù dei predetti principi, compendiati da quello di ragionevole durata che ne costituisce un corollario, non occorre ripetere tutta l’attività processuale successiva alla costituzione dell’opponente (atto per cui lo stesso viene rimesso in termini), stante l’assenza di qualsivoglia profilo in cui possa ravvvisarsi la lesione del contraddittorio o del diritto di difesa dell’opposto.

omissis

Così deciso in Civitanova Marche il 22 ottobre 2010.
Il giudice
Corrado Ascoli


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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