S.U. 19246/2010: dopo i Tribunali è la volta delle Corti D’Appello

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CORTE D’APPELLO DI ANCONA


La Corte,

sciogliendo la riserva, di cui all’udienza del 21 ottobre 2010 e nella medesima composizione, di cui all’udienza predetta;

vista l’eccezione d’improcedibilità, proposta da parte appellante in base alla sentenza della Corte di Cassazione, n. 19246 del 9 settembre 2010, secondo cui “Non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà nel caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c. p. c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti alla metà”;

vista la richiesta di rimessione in termini, formulata da parte appellata;

rilevato che la questione, posta dal nuovo orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è stata già affrontata da alcuni Giudici di merito, le cui pronunce, sinora pubblicate, sono tutte nel senso di escludere la declaratoria d’improcedibilità dell’opposizione, che deriverebbe dalla mera proposizione di quest’ultima e non soltanto dall’abbreviazione volontaria dei termini di comparizione contenuti nell’atto introduttivo, come invece sostenuto nell’interpretazione costantemente avallata in tutte le precedenti decisioni della Suprema Corte in materia;

che alcuni provvedimenti sono nel senso di ritenere possibile la rimessione in termini della parte che si assume costituita tardivamente, mentre altri, hanno ritenuto che il mutato orientamento giurisprudenziale non faccia venir meno, tout court e per i processi instaurati prima del deposito della sentenza, sopra citata, la validità del precedente avviso del Giudice di legittimità, che escludeva l’effetto automatico dell’abbreviazione dei termini di comparizione sulla riduzione dei termini d’iscrizione a ruolo dell’opposizione a decreto ingiuntivo;

che la prima tesi appare condivisibile, mentre la seconda, contiene un elemento che può essere utilmente valorizzato al fine del presente giudizio, costituito, più che dal riferimento a ordinamenti stranieri che contengono espressamente il principio della non retroattività dell’interpretazione abrogativa o modificativa dell’anteriore disciplina, ma assumono quale valore fondante dell’ordinamento, a differenza di quello italiano, quello del precedente giurisprudenziale, dall’esistenza nel senso, appresso meglio indicato, di decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e dalla necessità di garantire i princìpi del contraddittorio e della parità delle parti, di rilievo costituzionale alla luce del nuovo testo dell’art. 111 della Carta Fondamentale;

il principio in questione, tra l’altro, è stato recentemente affermato, in altra fattispecie, dalla stessa Corte di Cassazione nell’ordinanza del 2 luglio 2010, n. 15811, nella quale si afferma che “allorché si assista, come nella specie, a un mutamento, ad opera della Corte di Cassazione, di un’interpretazione consolidata a proposito delle norme regolatrici del processo, la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della stessa Corte, successivamente travolta dall’overruling, ha tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa e perciò è da escludere la rilevanza preclusiva dell’errore in cui essa è incorsa”;

il mutamento delle regole interpretative in corso di giudizio, definito dalla stessa Corte secondo l’espressione anglosassone di overruling, comporta una violazione del principio del contraddittorio, che impedisce a posteriori l’espletamento di un’efficace attività difensiva della parte, colpita dalla sanzione processuale che consegue a una diversa interpretazione giurisprudenziale, ma al riguardo questa Corte ritiene di accogliere la richiesta di rimessione in termini, formulata da parte appellante, sul punto condividendo l’orientamento di quei Giudici di merito, che hanno applicato alla fattispecie il nuovo testo dell’art. 153 c. p. c. (il testo previgente, che disciplinava l’istituto, era quello di cui all’art. 184-bis c. p. c.);

ciò sul presupposto, che l’errore della parte, nella fattispecie, assume la rilevanza di errore scusabile, perché dovuto a causa non imputabile all’opponente, con la conseguenza che quest’ultimo deve essere rimesso in termini, se la costituzione sia avvenuta entro il termine ordinario per l’opposizione, senza che sia necessaria l’assegnazione di altro termine, per il compimento di un’attività, che si è già perfezionata;

si pensi, tra l’altro, alla manifesta disparità di trattamento che deriverebbe tra i processi in corso e quelli, pur relativi a fatti contestualmente verificatisi, dove si sono maturate quelle preclusioni, che non consentono alle parti di far valere l’improcedibilità, tramite la proposizione di apposite eccezioni;

in definitiva, questa Corte, premesso che l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità nei confronti della parte appellata, per la mancata costituzione in primo grado nel termine abbreviato, all’epoca non automatico, ma derivante dal nuovo orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, non appare possibile per le ragioni su indicate, ritiene di fare ricorso all’istituto della remissione in termini, secondo un’interpretazione che appare più conforme anche all’art. 111 Cost. e che consente, senza particolari incombenze istruttorie, di procedere oltre nel giudizio d’appello;

quanto all’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, richiesta da parte appellante, essa appare inammissibile perché rivolta nei confronti di una decisione di portata meramente dichiarativa, perché di accoglimento dell’opposizione e di revoca del decreto ingiuntivo opposto, mentre la statuizione di compensazione delle spese del giudizio, adottata dal primo Giudice, non ha natura di condanna né appare comportare, di per sé, uno specifico e dimostrato pregiudizio nei confronti dell’appellante;

p. q. m.

DISPONE LA RIMESSIONE IN TERMINI DI PARTE APPELLATA, GIA’OPPONENTE IN PRIMO GRADO;
DICHIARA PROCEDIBILE L’OPPOSIZIONE, RIGETTANDO L’ECCEZIONE FORMULATA DA PARTE APPELLANTE;

Omissis

Ancona, 15 novembre 2010

IL PRESIDENTE
(Dott. Paolo Vadalà)


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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