Si fa presto a dire contestare i fatti: quali fatti? Nel processo entrano, attraverso le allegazioni e le prove, molti fatti: fatti rilevanti e fatti irrilevanti; fatti principali e fatti secondari e tra quest’ultimi fatti secondari che connotano il fatto costitutivo e fatti secondari ad esso estraneo e cioè con funzione meramente probatoria. Vi sono poi i fatti incompatibili, di cui nessuno parla (Caio sostiene che il giorno x Tizio gli ha sferrato un pugno, Tizio sostiene che in quel periodo era in vacanza a Cuba); non si tratta di una eccezione in senso stretto, ma di una mera difesa. E ancora: fatti sostanziali, fatti processuali e fatti di rilevanza processuale. C’è da impazzire, tenuto anche conto che pochi autori si sono cimentati in una disamina approfondita e soprattutto concreta e che la giurisprudenza non sembra particolarmente interessata alla questione, seppure di massima importanza.
Secondo la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 2002, la n. 761, mentre la non contestazione di un fatto costitutivo espunge il fatto tra quelli abbisognevoli di prova, la non contestazione di un fatto secondario rappresenta un mero argomento di prova.
- Non contestazione di un fatto costitutivo= l’attore è esonerato dall’onere della prova;
- Non contestazione di un fatto secondario= l’attore non è esonerato dall’onere della prova pur potendo il giudice utilizzare l’argomento di prova della non contestazione.
Pertanto, in caso di fatti secondari, il difensore scrupoloso non si accontenterà della non contestazione da parte dell’avversario, ma si attiverà per provare anche questi fatti.
Tuttavia questa distinzione aveva una ragione d’essere in quanto il fondamento del principio di non contestazione era ravvisato dalle S.U. negli articoli 416 e 167 che impongono rispettivamente al convenuto di prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda e di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda.
Sganciato il principio di non contestazione dagli artt. 416 e 167 e ancoratone il fondamento al principio dispositivo, al principio di preclusione, al principio di economia processuale e al principio di lealtà appare ovvio concludere che non ha più ragione di esistere la differenza tra fatti principali e secondari (in tal senso già Cea, Buffone). Anch’io, per quel poco o nulla che vale la mia opinione, sono dell’idea che la non contestazione dei fatti prescinde dalla natura dei fatti stessi.
Anche secondo Balena (La nuova pseudo riforma della giustizia civile, in Judicium) la formulazione dell’art. 115 non offre oggi alcun appiglio ad una siffatta distinzione, che oltretutto si fonderebbe su una classificazione tutt’altro che limpida ed inequivoca: poiché oggetto della prova può essere qualunque fatto rilevante (direttamente o indirettamente) per la decisione, identico dev’essere l’ambito di operatività dell’omessa contestazione.
Peraltro, va osservato che già da Cass. n. 12636/2005 è venuta meno anche la differenza tra fatti sostanziali e fatti aventi rilevanza processuale (ad es. l’identità di chi ha conferito la procura), per cui anche quest’ultimi vanno contestati espressamente.
Ma ritorniamo alla distinzione tra i vari fatti. Facciamo un esempio concreto. Prendiamo a prestito un brano di una recente sentenza del Tribunale di Bari (sent. 1375/2009).
“Con libello citatorio notificato il 1°-2-2005 S.I., premesso che in data 9-8-2003, mentre transitava a piedi nel mercato ortofrutticolo rionale della via Montegrappa in Bari, era inciampata sul coperchio malposizionato di un tombino dell’A.Q.P., tra una bancarella e l’altra, rovinando violentemente sul manto stradale ; che tale tombino, non presegnalato, non era facilmente visibile, in quanto era totalmente coperto dall’acqua di scarico proveniente dai numerosi banchi di vendita del pesce del mercato, peraltro affollato di gente; che aveva riportato gravi lesioni personali, le quali dovevano addebitarsi esclusivamente all’A.Q.P. S.p.A., proprietaria e responsabile della manutenzione del detto tombino ex art. 2051 c.c.; conveniva in giudizio la società per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni patiti, quantificabili nella complessiva somma di euro 15.158,62 o di altra di giustizia, maggiorata di interessi legali e danno da svalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo”.
Scomponiamolo:
- c’è l’attore;
- che un giorno (9.8.03);
- mentre transitava a piedi;
- nel mercato ortofrutticolo rionale della via Montegrappa in Bari;
- inciampa nel coperchio malposizionato di un tombino;
- il tombino era posizionato tra una bancarella e l’altra;
- il tombino era coperto dall’acqua di scarico;
- l’acqua di scarico proveniva dai numerosi banchi di vendita del pesce del mercato;
- il mercato era affollato di gente;
- il tombino era di proprietà della AOP;
- a seguito della caduta aveva riportato gravi lesioni personali;
- le lesioni erano da addebitarsi alla convenuta quale proprietaria e responsabile della manutenzione del detto tombino ex art. 2051;
- che per tale ragione chiede il risarcimento dei danni.
Qual’è il fatto costitutivo? Quali sono i fatti principali? Quali i fatti secondari? Prima di rispondere va ricordato che:
- il fatto costitutivo deve essere compiutamente descritto nella citazione;
- la mancanza dei fatti posti a fondamento della domanda rende la citazione nulla;
- la citazione nulla può essere sanata in tre modi: con la rinnovazione, l’integrazione e la non contestazione (cfr. artt. 164 e 157 c.p.c.);
- i fatti principali (si afferma) possono essere allegati sino alla I memoria del 183 salvo che siano conseguenza delle domande e delle eccezioni nuove sollevate in udienza; in tal caso possono essere allegati con la II memoria;
- i fatti secondari possono essere allegati, secondo alcuni, sino alla I memoria del 183, secondo altri il termine va determinato in base alla funzione: se sono funzionali alla prova diretta il termine ultimo è la II memoria del 183, se sono funzionali alla prova contraria il termine ultimo è la III memoria del 183.
Se i fatti principali possono essere allegati sino alla I memoria del 183 (e su questo non pare esistano dubbi) significa che essi sono cosa diversa dai fatti costitutivi (Sulla questione, mi permetto di rimandarvi al mio “Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile. Manuale di sopravvivenza per avvocati”).
Nell’esempio sopra riportato il fatto costitutivo è rappresentato dal fatto che l’attore, un certo giorno, in un certo luogo, è inciampato in un coperchio di un tombino di proprietà del convenuto subendo danni alla persona. Questo è il nucleo minimo ed essenziale del fatto costitutivo della pretesa azionata. Questo contenuto rende l’atto di citazione valido.
Ci sono però altri elementi: il tombino era malposizionato, era posto tra una bancarella e l’altra, era coperto d’acqua, l’acqua proveniva dalle bancarelle del pesce e il mercato era affollato.
Sicuramente, la posizione del tombino tra una bancarella e l’altra, l’affollamento del mercato e il fatto che l’acqua provenisse dalle bancarelle del pesce sono fatti secondari funzionali alla prova del nesso causale. Sono fatti secondari perchè il loro accertamento positivo (fatto noto) può permettere di accertare indirettamente (non direttamente) l’idoneità causale (fatto ignorato). La loro prova non è essenziale ai fini del decidere (ecco la grande differenza rispetto ai fatti principali) ma può essere utile per decidere.
Il malposizionamento e la copertura d’acqua sono fatti principali? La dottrina ritiene che i fatti principali sono quei fatti che possiedono direttamente efficacia costitutiva, estintiva, modificativa e impeditiva del diritto fatto valere in giudizio. Per la verità, il fatto costitutivo, sotto un profilo naturalistico, è sempre un insieme di fatti; si potrebbe quasi riportare le famose cinque W del giornalismo americano: who, what, when, where, why: chi, ha fatto cosa, quando, dove e perchè.
In realtà, il malposizionamento del coperchio e la copertura dell’acqua non sono altro che “elementi della fattispecie costitutiva” e non fatti principali. E’ vero, infatti, che nell’azione ex art. 2051 il danneggiato non deve provare la pericolosità insita della cosa, tuttavia ha l’onere di provare l’esistenza di un efficace nesso causale tra la cosa e l’evento. Se ciò è vero, deve ricavarsi che oltre ai fatti principali vi sono gli elementi della fattispecie costitutiva (o impeditiva, estintiva, modificativa), che di per sé non possiedono direttamente efficacia costitutiva. Basti pensare che la sola prova del malposizionamento del coperchio, senza la prova che l’attore abbia effettivamente inciampato proprio in quel punto, non ha diretta efficacia costitutiva.
Non è questa la sede per approfondire un tema complesso e poco esplorato, ma forse la distinzione secca tra fatti principali e fatti secondari non riesce a circoscrivere la variegata tipologia di fatti che entrano nel processo e probabilmente l’uso della locuzione “fatti principali” non è sempre corretto. Il fatto costitutivo, lo abbiamo visto, ha un nucleo essenziale che non può non esserci fin dall’inizio, ma si compone anche di elementi che possono sopraggiungere nel corso del processo. Forse sarebbe più corretto parlare (senza pretesa di completezza) di:
- fatti principali (costitutivi, impeditivi, modificativi, estintivi);
- elementi della fattispecie (costitutiva, impeditiva, modificativa, estintiva);
- fatti secondari;
- fatti incompatibili;
E cosa accade se un elemento della fattispecie costitutiva non viene allegato ma emerge nel corso della prova? Si pensi al caso in cui, nell’esempio fatto, l’attore avesse semplicemente affermato di essere inciampato in un tombino (di per sé non in grado di produrre la caduta) e solo nel corso della testimonianza fosse emerso il mal posizionamento dello stesso e la copertura dell’acqua. Quid juris? E’ valida la prova di un fatto non allegato, specie quando si tratta non di un fatto secondario ma di un elemento della fattispecie costitutiva?
Avremo modo di riparlarne.
Sulla questione delle insidie vi consiglio l’ottimo libro di Luca D’Apollo, uscito da poche settimane.

Ciao Mirco, sempre e costantemente complimenti per il tuo blog. Per quanto attiene ai diritti autodeterminati le pronunce di cassazione sono secondo te applicabili anch nel caso in cui il diritto venga fatto valere in via di eccezione e non di azione? Eccepisco l’usucapione e poi dalle carte emerge la servitù per destinazione del padre di famiglia, oppure si deve interpretare il dato letterale delle sentenze come se le stesse si riferiscano solo alle domande?