Brevi appunti sui giudizi ex art. 23 legge 689/81

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Nei giudizi ex art. 23 legge 689/1981, il ricorso può essere spedito per posta (Corte costituzionale, 18 marzo 2004, n. 98) o depositato personalmente o da un nuncius del ricorrente (Cass. civ. n. 26737/2006).

Per il calcolo del dies a quo occorre fare riferimento non alla data di spedizione dell’ordinanza ingiunzione, qualora sia avvenuta a mezzo posta, bensì:
(a) alla data di ricevimento; ovvero
(b) alla data di ritiro presso l’ufficio postale entro dieci giorni dal deposito.

Va ricordato che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte, nei procedimenti de quibus grava sul ricorrente:
(a) sia l’onere di proporre il giudizio entro il termine di trenta giorni dalla notifica dell’atto opposto;
(b) sia l’onere di provare la tempestività dell’iniziativa giudiziaria intrapresa, indipendentemente dalle contestazioni dell’opposta e quindi anche in difetto di una espressa eccezione di quest’ultima (per tutte, Cass. civ. n. 18730 del 2004; id. n. 6854 del 2004).

Relativamente alla prova della tempestività della opposizione, le Sezioni Unite, in sede di composizione di un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che la mancata allegazione della relata di notifica del provvedimento opposto, della quale l’opponente è onerato, non dimostra, di per sé, la tardività del ricorso e non giustifica una dichiarazione di inammissibilità con ordinanza pronunciata in limine litis (art. 23, I comma, legge cit.), in quanto siffatto provvedimento richiede che vi sia una prova certa della intempestività dell’opposizione e non una mera difficoltà di accertamento della tempestività.

Pertanto, soltanto qualora in prosieguo di giudizio, a causa della mancata acquisizione della copia dell’ordinanza notificata, permanga e diventi definitiva l’impossibilità di controllo (anche di ufficio) della tempestività dell’opposizione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con sentenza (Cass. Sez. un. n. 1006 del 2002; il principio è stato successivamente ribadito da Cass. civ. n. 4717 del 2004; n. 8962 del 2005).

Quanto alle modalità della prova, l’opponente, allo scopo di provare la tempestività del ricorso, deve produrre in giudizio copia dell’ordinanza ingiunzione munita della relativa relata di notifica (Cass. civ. n. 11033 del 2002; n. 13420 del 2004), salvo che l’ordinanza sia stata notificata a mezzo posta e non rechi su di essa detta relata. In questa ipotesi – essendo l’avviso di ricevimento nella disponibilità dell’Amministrazione, ed essendo l’opponente onerato della prova della tempestività del ricorso – occorre avere riguardo alla busta contenente il plico, recante i timbri dell’ufficio postale della spedizione e della consegna, con le relative date, tenendo conto che in tema di notificazione, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002, vige nell’ordinamento il principio in virtù del quale, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata in momenti diversi rispettivamente per il richiedente e per il destinatario della notifica (tra le molte, e più recenti, Cass. Sez. un. n. 10216 del 2006; Cass. civ. n. 11929 del 2006; n. 8523 del 2006), ferma restando per il destinatario la regola del suo perfezionamento alla data di ricezione dell’atto.

Sussiste attualmente un contrasto nella giurisprudenza della S.C., in merito all’estensione della disciplina ex artt. 180, 183 e 184 c.p.c. e oggi del solo art. 183 c.p.c., nei giudizi di opposizione alle ordinanze ingiunzione.
In particolare, mentre un filone giurisprudenziale afferma che anche in quei processi la trattazione debba seguire le forme del rito ordinario (Cass. civ. n. 9987 del 2003; Cass. civ. n. 3339 del 2001), altro orientamento, espresso anche di recente, sostiene la peculiarità del procedimento de quo che si pone in rapporto di specialità rispetto al rito ordinario (Cass. civ. n. 27605/2006). Pertanto, per quanto concerne in particolare i giudizi che si svolgono davanti al giudice di pace, l’opponente potrà solo precisare la domanda entro e non oltre la prima udienza (Cass. civ. n. 9987/2003).
Lo scrupolo difensivo dovrebbe suggerire, in questi casi, di seguire l’orientamento più draconiano, concentrando tutte le attività di allegazione e prova alla prima udienza.

Per quanto concerne la questione della comparizione va ricordato che solo l’assenza alla prima udienza determina la convalida del provvedimento ex art. 23, V comma.

Art. 23, V comma
Se alla prima udienza l’opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell’opponente anche le spese successive all’opposizione.

Nel caso in cui, invece, la parte che agisce personalmente o il suo difensore non siano comparse alle udienze successive, il giudice dovrà decidere nel merito (Cass. civ. n. 18631/2006). Proprio in un giudizio ex art. 22 legge 1981/689, la Suprema Corte ha chiarito che non rappresenta un legittimo impedimento l’assenza del difensore perché impegnato in altro procedimento (Cass. civ. n. 21039/2006). Peraltro, in caso di assenza della parte o del suo procuratore, l’emanazione della ordinanza di convalida (che costituisce provvedimento decisorio, non revocabile dal giudice che lo ha emesso) dovrà essere subordinata ad altre due condizioni: 1) la non fondatezza dell’opposizione sulla base dei motivi di ricorso e dei documenti prodotti; 2) il deposito da parte dell’Amministrazione irrogante di copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione e alla notificazione della violazione.

Pertanto, ove il giudice ritenga di convalidare il provvedimento opposto ha l’obbligo di motivare in ordine a tutti e tre i presupposti, restando in particolare escluso che, con riferimento al giudizio di non fondatezza dell’opposizione, valga a soddisfare tale obbligo il generico ed esclusivo richiamo alla non manifesta infondatezza del provvedimento impugnato (Cass. civ. n. 1653/2007).

Relativamente alla competenza territoriale, l’opposizione all’ordinanza – ingiunzione ex art. 22 l. 24 novembre 1981 n. 689 è devoluta funzionalmente e, quindi, inderogabilmente, al giudice del luogo in cui è stata commessa l’infrazione; pertanto, nei giudizi instaurati nel vigore del testo vigente (a seguito della modifica apportata dall’art. 4 della legge n. 353 del 1990) dell’art. 38 c.p.c. (e, quindi, dopo il 30 aprile 1995) tale forma d’incompetenza territoriale del giudice adito è rilevabile, anche d’ufficio, ma solo entro la prima udienza di trattazione (Cass. civ. n. 8294/2005).

3.1 Segue: il giudizio di appello
Sussiste al momento incertezza in merito:
(a) alla forma dell’atto di impugnazione della sentenza emessa dal giudice di pace;
(b) al rito da applicare;
(c) al giudice territorialmente competente, allorquando sia parte in causa una amministrazione dello Stato.
Difatti, la legge n. 40/2006 ha abrogato l’ultimo comma dell’art. 23 della legge n. 689/81 che prevedeva il ricorso in Cassazione quale mezzo di impugnazione della sentenza resa. Oggi, dunque, è previsto l’appello, salvo il caso in cui il giudice abbia dichiarato in limine litis l’inammissibilità del ricorso; in tal caso occorre ricorrere in Cassazione.

Art. 23, I comma.
Il giudice, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal primo comma dell’articolo 22, ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza ricorribile per cassazione.

Secondo parte della giurisprudenza di merito la forma da adottare per l’impugnazione della sentenza emessa a seguito del giudizio è la citazione e il giudizio segue il rito ordinario per ragioni di coerenza sistematica fondate:
a) sulla sicura natura di rito generale ordinario della disciplina dell’appello di cui agli artt. 339 e ss. c.p.c. (cui va riconosciuta, dunque, naturale attitudine a regolare tutti i gravami di merito: cfr., in linea di principio, Cass. civ. n. 13564/2003);
b) sul conseguente primato del rito ordinario sui riti speciali, anche in secondo grado, laddove difetti – come nel caso – diversa volontà del legislatore, pure enucleabile dal combinato disposto degli artt. 40, c. III, e 359 c.p.c).

In ogni caso, si osserva, laddove l’appello sia erroneamente proposto con ricorso, anziché con citazione, si realizza la conversione dell’atto e sanati gli effetti dell’impugnazione, purché siano rispettati i termini. In particolare, il ricorso e il decreto dovranno essere notificati entro il termine di scadenza dell’impugnazione.

Per quanto concerne la questione del foro erariale, va rilevato l’art. 7, c. III, del R.D. 1611/33 stabilisce che l’appello avverso le sentenze dei pretori e dei tribunali, pronunciate nei giudizi suddetti, è proposto rispettivamente innanzi al tribunale ed alla corte d’appello del luogo dove ha sede l’avvocatura dello stato nel cui distretto le sentenze stesse furono pronunciate. In forza di detta norma (che introduceva una deroga alla regola generale del c.d. foro erariale – art. 25 c.p.c. – per le controversie avanti al Pretore e al Giudice Conciliatore e per i procedimenti esecutivi e fallimentari avanti al tribunale), le sentenze di primo grado pronunciate dai giudici togati (pretori e tribunali) andavano appellate rispettivamente davanti al Tribunale o alla Corte d’appello del luogo dove aveva sede l’avvocatura dello stato nel cui distretto le sentenze furono pronunciate.

Il d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51 ha soppresso l’ufficio del pretore (cui l’art. 22 della l. 689/81, nella formulazione originaria, assegnava generale competenza in materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione) e – fuori dai casi espressamente previsti – ha trasferito tutte le relative competenze al tribunale ordinario.

L’art. 22 bis della l. 689/81 ha, peraltro, introdotto la generale competenza del giudice di pace per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzione, fatta eccezione per i casi tassativi di cui ai successivi commi 2 e 3, espressamente assegnati alla competenza del tribunale. Infine, la legge n. 40/2006 ha introdotto, da ultimo, la generale appellabilità delle sentenze del giudice di pace.

Pertanto, al pari delle sentenze un tempo pronunciate dal pretore in detto ambito, anche gli appelli avverso le sentenze dei tribunali e dei giudici di pace nelle medesime materie soggiacciano, secondo parte della giurisprudenza di merito, alla regola del c.d. foro erariale ex art. 7 cit., sempre che parte del giudizio sia un’Amministrazione statale (In tal senso Tribunale di Verona, 29 marzo 2007; Tribunale di Modena, sent. 07 ottobre 2008, sez. I).

La questione è finalmente giunta in Cassazione la quale ha aderito all’orientamento maggioritario, seppure con argomentazioni diverse. Afferma la S.C. che il R.D. n. 1611 del 1933 non dice nulla in merito all’appello avverso le sentenze del giudice laico (attualmente giudice di pace) per la semplice ragione che la disciplina vigente all’epoca del citato regio decreto attribuiva tali impugnazioni al pretore, con conseguente esclusione del foro dello Stato.
Alla luce del novellato art. 341 c.p.c., secondo il quale l’appello avverso le pronunzie del giudice di pace si propone al tribunale, secondo la S.C. appare legittimo individuare tale giudice secondo il principio generale di cui all’art. 6 del r.d., vista l’assenza di una norma derogatrice di tale principio, allorché il tribunale decida quale giudice di appello (senza dunque la necessità di giungere allo stesso risultato attraverso un’interpretazione estensiva del R.D. n. 1611 del 1933, art. 7, II comma, sostenuta da parte della dottrina).

Ne consegue, secondo la Corte regolatrice, che competente territorialmente per l’appello avverso le sentenze del giudice di pace emesse nei confronti dello Stato è il tribunale del luogo ove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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11 commenti:

  1. Luigi Passalacqua

    Caro Mirco,
    invio per posta al GdP un ricorso ex art. 23 legge 689/1981, giusto il trentesimo giorno dalla notifica di una cartella esattoriale.
    Ovviamente il plico ci mette un paio di giorni ad arrivare e quindi la cartolina di ritorno riporta una data di ricezione che, se fosse considerata come data di deposito, renderebbe il ricorso inammissibile poiché fuori termine.
    In effetti, il Giudice lo dichiara tale per questo motivo.
    Mi chiedo (e ti chiedo): i noti principi in tema di notificazione espressi dalla Corte Costituzionale non potrebbero essere applicati a questo caso? Si potrebbe rilevare che il ricorso è stato spedito tempestivamente e che quindi la data di spedizione valga come data di deposito?
    Cari saluti e complimenti per il volume sull’udienza di trattazione: ha già un posto fisso sulla mia scrivania!
    Luigi

  2. Mirco Minardi

    Caro Luigi, il tuo ricorso è assolutamente tempestivo!! Vale anche in questi giudizi il principio secondo cui la tempestività va valutata con riferimento alla data della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario o alla posta.
    Sono davvero felice che l’ebook ti sia d’aiuto.
    Molto cordialmente.

    Mirco

  3. Luigi Passalacqua

    Mille grazie, mi conforti.
    Si prospetta un ricorso in Cassazione.
    Con i migliori saluti e auguri
    Luigi

  4. Antonio

    Per quanto concerne la questione della comparizione va ricordato che solo l’assenza alla prima udienza determina la convalida del provvedimento ex art. 23, V comma.

    Art. 23, V comma
    Se alla prima udienza l’opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell’opponente anche le spese successive all’opposizione.

    Questo vale anche per la parte opposta?

  5. Avvocato Chiara Busani

    Gentile Sig. Minardi, ho letto i suoi “brevi appunti sui giudizi ex art. 23 legge 689/81”: nella parte relativa alla competenza territoriale viene citata una sentenza del Tribunale di Modena del 7/10/2008 sezione I. Le chiedo se è possibile avere il testo integrale, o quantomeno il numero della sentenza ed il nome dell’estensore, in quanto ho una udienza per un caso analogo fissata per martedì 20/10 p.v. sempre al Tribunale di Modena.
    Grazie per l’attenzione.
    Cordiali saluti.
    Avv. Chiara Busani

  6. Antonella

    Gent.le Sig. Minardi, nel caso di ricorso contro ordinanza ingiuntiva in materia di lavoro ex art. 22 e ss. L. 689 del 1981, occorre instaurare un vero e proprio procedimento civile dinnanzi al Tribunale monocratico (non giudice del lavoro!)? Inoltre, mi conferma la esenzione dal contributo unificato?
    Ringraziandola anticipatamente per la risposta e congratulandomi per il suo volume sull’udienza di trattazione, sicuramente d’aiuto, la saluto cordialmente.
    Antonella

  7. Nicola

    Preg.mo avvocato Minardi, ho depositato personalmente un ricorso avverso un verbale di una multa elevatami in occasione di un sinistro stradale; nello specifico sinistro del 20/09/2009, verbale redatto in data 22/09/2009 e notifica a mie mani, previo invito telefonico dei carabinieri, solo in data 23/09/2009. secondo i miei calcoli i termini per impugnare tale multa scadevano il 23 novembre 2009, data in cui ho effettivamente presentato il ricorso, in quanto facendo iniziziare il conteggio dei 60 giorni dal giorno 24 settembre (successivo alla consegna del verbale), il 60° giorno cadeva di domenica 22 novembre e quindi doveva essere prorogato per legge al primo giorno feriale successivo. Il GDP invece ha dichiarato il ricorso improcedibile perchè secondo lui depositato fuori termine. ci sono i presupposti per un ricorso in cassazione? grazie per la Sua risposta.

  8. LUCIA

    MI è ARRIVATA L’ENNESIMA CARTELLA ESATTORIALE.!!!
    3 DUBBI?????I TERMINI PER L’OPPOSIZIONE SI INTERROMPONO NEL PERIODO ESTIVO????
    LA MIA CARTELLA DICE CHE NON POSSO FARE OPPOSIZIONE MEZZO POSTA??????NOVITA QUESTA??????
    quando il postino lascia la cartolina di avviso racc. ad essa non dovrebbe seguire ulteriore racc che ti avvisa della giacenza??????,

  9. Cristina

    Preg.mo avvocao,mi sono state notificate due sanzioni per violazione art 6 punto 5 d.lgs n. 193 del 6/11/2007 e art 6 punto 7 d.lgs n. 193 del 6/11/2007.
    al pagamento delle somme imposte, al fine dell’estinzione della violazione è tenuta la sola società, con il proprio capitale (si tratta di una srl) oppure anche il legale rappresentante con proprio patrimonio? la ringrazio anticipatamente

  10. Gino

    Egr. Collega, tempo addietro ho acquistato il tuo testo che ho trovato molto concreto ed utile.
    Devo fare opposizione ad un cartella di equitalia relativa ad un gruppo di sanzioni amm.ve tutte opposte presso il GdP di Bitonto (BA). La cartella è stata notificata presso la residenza del mio assistito (regolarmente accettata) allorquando lo stesso aveva già predisposto un cambio di residenza. Ossia la notifica è avvenuta il 29/dicembre ma gia da settembre costui era residente in Bari e non in Canosa (provincia). Chiedo: l’impugnazione va fatta innanzi al Trib. di Bari (l’importo è di oltre 6.000 euro) ex art.615 cpc, oppure innanzi al Trib. di Canosa (luogo dell’evvenuta notifica) o infine innanzia al Trib. di Bitonto (luogo ove sono state commesse le infrazioni ?).I termini sono liberi ? Oppure di trenta giorni ? Grazie
    Puoi rispondermi anche in mail.



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