Spesso mi viene rivolta questa domanda: il giudice è obbligato a concedere il triplo termine qualora le parti ne facciano richiesta?
La domanda, peraltro, se la sono posta autorevoli studiosi, giungendo a conclusioni diverse. Vi è, da un lato, chi afferma che il giudice è sempre libero di rimettere la causa in decisione ex art. 187 c.p.c., chi invece afferma che in caso di richiesta il giudice è sempre obbligato a concedere il triplo termine, visto che l’art. 183 sembra non lasciare margini di discrezionalità (la norma infatti dice: se richiesto il giudice concede …).
A mio modestissimo parere la soluzione è molto semplice: il giudice potrà rimettere la causa in decisione senza concedere il triplo termine qualora si trovi di fronte ad una questione pregiudiziale in grado di definire il giudizio senza bisogno di ulteriori allegazioni in fatto, precisazioni, richieste istruttorie.
Si supponga, tanto per fare un banale esempio, che in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la causa sia stata iscritta a ruolo dopo 12 giorni dalla notifica. Sappiamo che la tardiva iscrizione determina fatalmente l’improcedibilità dell’azione dunque a cosa può servire la concessione del triplo termine? Sarà sufficiente che il giudice faccia discutere le parti sulla questione rilevata, ex art. 101 c.p.c., come modificato dalla legge 69/2009.
Cosa accade, invece, se il giudice decide la sentenza nel merito senza avere concesso il triplo termine? Beh, qui le cose stanno in maniera diversa; la sentenza è certamente viziata ma l’impugnazione non potrà basarsi solo sul mancato rispetto della norma processuale, dovendo l’appellante spiegare in che modo la concessione del triplo termine avrebbe potuto condurre il giudice ad una decisione diversa.
Si supponga che accogliendo l’eccezione di prescrizione (fondata) del convenuto, alla prima udienza il giudice decida la causa rigettando la domanda. In appello, l’attore-appellante avrà speranze di vittoria qualora sarà in grado di provare l’esistenza di un atto interruttivo . Dovrà pertanto impugnare la sentenza dicendo: “Caro Giudice, se quel bischero del giudice di primo grado mi avesse concesso, come avevo richiesto, il triplo termine, avrei avuto il tempo di allegare e poi di provare che in data xx/xx/xxxx io avevo spedito una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, regolarmente ricevuta dal convenuto, e che si trova ora nel fascicolo di parte del presente giudizio, in cui chiedevo espressamente l’adempimento dell’obbligazione. Essendo l’eccezione di interruzione della prescrizione una eccezione in senso lato, io non ero obbligato a sollevarla all’udienza di trattazione, come invece accade per le eccezioni in senso stretto, ma avrei potuto benissimo sollevarla con la prima memoria e poi produrre copia della lettera. Quindi la sentenza è manifestamente viziata.”
Dopo di che, ovviamente, il nostro caro attore-appellante dovrà svolgere le sue richieste di prova visto che il giudice di primo grado gli ha sbarrato la strada.
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GENTILMENTE VORREI SAPERE SE UN GIUDICE IN UNA CAUSA CIVILE NOMINA UN MEDICO LEGALE AD EFFETTUARE LA VISITA MEDICA CHI PAGA LA CONSULENZA MEDICA LA PARTE CHE HA CHIESTO AL GIUDICE LA VISITA O LA PAGA ANCHE CHI NON VIENE VISITATO CIOè LA PARTE CHE è STATA ACCUSATA E NON HA CHIESTO NESSUNA VISITA ASPETTO RISPOSTA GRAZIE.
@Lio: rientra nel potere discrezionale del giudice
e se si trattasse di due difensori che depositano due memorie di replica conclusionali, atto al quale non si deve più contraddire, si potrebbe? attendo gentilmente risposte.
collega perdonami ma se con quanto scrivi intendi affermare che il principio vale anche per le memorie di cui ai nn. 1,2, e 3 dell’art. 183 VI comma non condivido la conclusione cui pervieni, a meno che riguardi il solo caso di duplicità o molteplicità di mandato ad litem. La cassazione infatti non dice se sia inammissibile una integrazione istruttoria nei termini da parte del medesimo difensore….Sbaglio? Grazie e buon lavoro.