Tribunale di Roma, sentenza 15 aprile 2007.
Omissis
3. Col terzo motivo d’appello C. P. si duole dell’omessa liquidazione del danno c.d. da “fermo tecnico”.
Anche questo motivo è infondato.
Con l’espressione “fermo tecnico” si suole designare il danno che avrebbe subito il proprietario o l’utilizzatore di un auto-veicolo, per non averne potuto disporre durante il periodo in cui il mezzo è stato affidato ad una officina per le necessarie riparazioni.
I criteri in base ai quali accertare e liquidare questo tipo di danno sono alquanto controversi in giurisprudenza.
Possono essere, al riguardo, individuati tre orientamenti ben distinti.
3.1. Secondo un primo orientamento, invocato dall’appellante, il cosiddetto danno da fermo tecnico può essere liquidato in via equitativa, anche in difetto di prova documentata circa il tipo di danno in oggetto, laddove dall’esame delle circostanze lo stesso sia stato seni-plicemente accertato o sia altamente probabile in base all’id quod plerumque accidit (Giud. Pace Ancona, 8 luglio 1996 n. 146, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1999, 820; Giud. pace Casamassima 31 dicembre 1996, in Arch. circolai, 1997, 530; Giud. pace Casamassima 6 maggio 1996, ivi, 1996, 558; Trib. Palermo 23 novembre 1988, in Temi siciliana, 1989, 235; Pret. Messina 19 dicembre 1980, in Resp. civ.,1981, 494).
A questo orientaniento paiono aderire anche alcune pronunce della S.C., ove si legge che “il co-siddetto danno da ‘fermo tecnico’, subito dal proprietario di un autoveicolo coinvolto in un incidente stradale, può ben essere liquidato in via equitativa, indipendentemente da una prova specifica, in difetto di elementi di prova contraria” (Cass. 3 aprile 1987 n. 3234, in Arch. circolaz. 1987, 677; nello stesso senso, Cass. 28 agosto 1978 n. 4009, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1979, 280), e ciò in quanto “l’autoveicolo è (…), anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore”.
3.2. Per un secondo orientamento, invece, nulla può essere riconosciuto per fermo tecnico e per svalutazione del veicolo danneggiato, qualora l’attore non fornisca in proposito alcun elemento di prova e di valutazione al giudicante (Giudice di pace Varallo, 22-03-2002, in Giudice di pace, 2003, 29; Trib. Napoli 15.4.1998, in Riv. giur. circolaz. trasp., 1999, 761; Pret. Spoleto 15 luglio 1992, in Arch. circolaz., 1993, 447; Trib. Montepul-ciano 22 marzo 1993, ivi, 1993, 800; Trib. Biella 16 dicembre 1991, ivi, 1992, 842; Trib. Arezzo 27 novembre 1991, ivi, 1992, 361; Pret. La Spezia 24 maggio 1990, ivi, 1991, 325; Pret. Reggio Calabria 9 maggio 1980, in Resp. civ.,1981, 494).
Particolarmente significativa, a questo riguardo, è la decisione resa da Trib. Pisa 13 agosto 1990, in Arh. circolaz., 1991, 325, ove si legge che “in materia di danno da cosiddetto “fermo tecnico” incombe sul danneggiato l’onere di provare l’obiettiva entità del danno provocatogli dall’inerzia del smezzo con riguardo all’uso cui questo era adibito, ai ricavi che se ne producevano, ed alle possibilità di utilizzo che sono i maste precluse proprio in dipendenza della forzata sosta del veicolo nello specifico periodo al quale la domanda di risarcimento si riferisce: ne consegue che, ove tale prova non sia fornita con la sufficiente precisione, il danno non può essere liquidato che in via equitativa”.
Anche questo secondo orientamento è stato condiviso in diverse occasioni dalla S.C., la quale ha affermato che il c.d. “danno da fermo tecnico” non può considerarsi sussistente in re ipsa, quale conseguenza automatica dell’incidente, ma necessita, per converso, di esplicita prova, che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, tanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla impossibilità della sua utilizzazione, ne sia derivato un danno, quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi (Cass., sez. III, 19-11-1999, n. 12820, in Arch. circolaz., 2000, 130).
(a) perché affermare che il danno c.d. da fermo tecnico sia in re ipsa significa di fatto introdurre una ipotesi di responsabilità oggettiva, senza alcuna possibilità di difesa per il convenuto;
(b) perché nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza (art. 116 c.p.c.) rendono edotti che il temporaneo fermo di un veicolo può non di rado rappresentare in un fatto privo di qualsiasi conseguenza negativa sul patrimonio del proprietario (si pensi all’ipotesi di chi possieda o disponga di più veicoli, non utilizzati per lo svolgimento dell’attività lavorativa);
(c) perché la riparazione del veicolo può addirittura tradursi in un apprezzamento del valore dello stesso (nello stesso senso, ex multis, Trib. Roma 26.1.2004, Sposato c. Mondello, inedita; Trib. Roma 24.10.1996, Trasmondi c. Tirrena; Trib. Roma 17.1.1997, Taranto c. D’Eass; Trib. Roma 28.11.1997, Raganelli c. Savi Trasporti, inedite).
Ultimi commenti