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La recente ordinanza 5001/2008 della S.C. ci obbliga ad una riflessione sul delicato lavoro dell’avvocato cassazionista. Non solo il percorso è disseminato di molteplici insidie e trabocchetti (alcune delle quali sfacciatamente elaborate solo per “deforestare” la massa di ricorsi), ma ora si chiede al difensore di svolgere un lavoro complesso e che, a nostro modo di vedere, non gli compete.
Parliamo della censura di cui ai n.ri 1,2,3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., cioè la violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali.
Il compito è (relativamente) semplice allorquando il giudice di merito si è discostato dall’orientamento granitico della Suprema Corte. In questo caso, una volta individuata la ratio decidendi è sufficiente richiamare i principi affermati dalla Cassazione.
Meno semplice è il compito quando il giudice di merito si è adeguato alla giurisprudenza consolidata della Corte. E’ ovvio che in questi casi si dovrà far affidamento alla dottrina o alla propria capacità di trovare argomenti in grado di sostenere una tesi diversa rispetto a quella abbracciata dalla S.C.
Diventa invece molto complicato il lavoro del cassazionista quando c’è un contrasto di giurisprudenza. Difatti, anche in questo caso il difensore è tenuto a prendere posizione sulla giurisprudenza contraria, non potendosi limitare a richiamare quella favorevole. Ciò potrebbe essere complicato, perché ad essere rispettosi del “decalogo” elaborato dalla Corte, ciascun precedente contrario andrebbe esaminato al fine di verificare gli argomenti utilizzati. Potrebbero infatti esservi decisioni che, pur arrivando alla stessa conclusione, abbiano utilizzato argomenti diversi. Un orientamento draconiano potrebbe sanzionare con l’inammissibilità la mancata censura di argomenti utilizzati da un precedente, magari lontano.
A noi pare davvero eccessivo e non giustificato né dall’art. 360-bis, né dall’art. 366 c.p.c. richiedere al ricorrente di esaminare tutti gli argomenti contrari utilizzati dall’orientamento sfavorevole, allorquando esiste un orientamento favorevole alla tesi dello stesso. L’art. 360-bis impone al ricorrente di giustificare un ricorso che denunci la violazione o la falsa applicazione di una norma di diritto in presenza di un orientamento consolidato, non certo in presenza di un contrasto.
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