La non contestazione nel nuovo rito civile (II parte)

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Dicevo, nel precedente articolo, che non tutti i dubbi sono fugati: anzitutto, la contestazione dei fatti allegati in citazione può essere frazionata in più atti (ad es. in comparsa di costituzione e nella I memoria “del 183”), ovvero necessariamente nel primo atto successivo? E ancora: è tempestiva la contestazione fatta dalla parte che si costituisce direttamente all’udienza di trattazione, ovvero dopo la scadenza del termine di venti giorni ex art. 166 c.p.c.? E poi: la contestazione specifica deve riguardare anche i fatti secondari?

Il primo quesito sembrerebbe meritare risposta negativa. Alla luce della più recente giurisprudenza non vi è alcuna ragione per ammettere la possibilità di frazionare la contestazione: i principi di economia, lealtà e probità, concentrazione, preclusione imporrebbero infatti di contestare specificamente i fatti avversari con la prima difesa utile (Cass. 5121/2008). Sennonché, nella prassi potranno verificarsi casi problematici. Si pensi, ad esempio, al convenuto che nella comparsa di costituzione e risposta non contesti il credito avversario, tanto da eccepire la compensazione di un suo maggior credito e poi produca una quietanza di pagamento con la quale, invece, dimostri l’estinzione del credito attoreo (ricordo che l’estinzione dell’obbligazione è una eccezione in senso lato, come tale allegabile sino alla prima memoria “del 183” e provabile sino alla II memoria “del 183”).
La questione si intreccia con l’altra, da sempre dibattuta in dottrina e in giurisprudenza, relativa alla “stabilità” o “temporaneità” della non contestazione. Sotto il vigore del codice riformato con la novella del ’50, la giurisprudenza riteneva che la non contestazione fosse un comportamento liberamente valutabile, ma sempre revocabile sino all’udienza di rimessione della causa al collegio; con la conseguenza che doveva ritenersi tardiva la contestazione avvenuta nella sola comparsa conclusionale. Sulla questione sto preparando un saggio. Nelle prossime settimane prenderò una posizione precisa.

Il secondo quesito merita invece risposta affermativa. La parte volontariamente contumace, nel nostro ordinamento non subisce – a detta di molti, peraltro, ingiustamente – alcun pregiudizio. In altre parole, l’attore non può beneficiare di alcuna presunzione di fondamento della domanda per il solo fatto che la parte non si è costituita. Mancando una disposizione espressa la costituzione tardiva non può implicare riconoscimento dei fatti avversari, purché con il primo atto la parte li contesti specificamente. In giurisprudenza (v. da ultimo Cass. civ. n. 29316/2008) è stato infatti affermato che la contumacia del convenuto – pur essendo liberamente apprezzabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c. – non importa ammissione della domanda attorea né, al pari del silenzio nel campo negoziale, equivale ad una manifestazione di volontà favorevole alle pretese dell’attore, il quale non è perciò dispensato dall’onere di provare i fatti costitutivi delle proprie pretese. Né, del resto, può configurarsi sul convenuto contumace l’onere di contestazione dei fatti costitutivi della domanda dell’attore, prima del momento in cui lo stesso convenuto si costituisca tardivamente (con tutte le preclusioni e decadenze già verificatesi).

Al terzo quesito, a mio parere, va data risposta positiva. La norma non distingue tra fatti principali e fatti secondari e poiché anche quest’ultimi, come abbiamo visto, possono fondare una decisione, non v’è ragione di continuare a sostenere che la loro non contestazione possa costituire un semplice argomento di prova.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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3 commenti:

  1. Luca

    Molto interessante, grazie.
    A mio parere il principio rimane non applicabile in caso di contumacia, come già da costante giurisprudenza della Suprema Corte.
    In caso contrario penso che il legislatore non avrebbe fatto specifico riferimento alla parte “costituita”.
    Ciao.

  2. Aldo

    A mio avviso, invece, il principio si applica anche nel caso in cui la controparte sia contumace. Ciò, in quanto, bisogna aver rilievo, nel prendere posizione in merito a tale questione, alla ratio legis della norma. Il novellato 115 c.p.c. mira a sollevare dall’onere della prova ex art. 2697 c.c. colui il quale, a fronte di fatti addotti a sostegno di un diritto, non li veda contestati in maniera specifica. Sostanzialmente, allorquando ci si trovi dinanzi ad un comportamento passivo e disinteressato della controparte in merito ad un fatto, questo non deve essere rienuto bisognoso di prova per esser posto a sostegno della decisione del giudice. Ora, nel caso di parte contumace, in cosa si concreta il suo atteggiamento se non in un disinteresse per le sorti del giudizio che lo vede parte? E’ la mancata presa di posizione in merito ad un fatto che la norma ex 115 c.p.c. và a regolamentare, cosa che si verifica anche in caso di contumacia della controparte. Il fatto che la norma faccia riferimento “alla parte costituita” non và inteso alla lettera, in quanto, qualora così fosse, si concretizzerebbe un’ingiusta dicrastia di trattamento fra chi, pur interessatosi al suo processo, ometta di contestare un fatto e chi, viceversa, non abbia affatto preso parte al giudizio, snobbadolo per intero. Certo, il nostro legislatore poteva dimostrare maggiore chiarezza espositiva, ma non è certo la prima volta che, per comprendere il senso di una rifoma, è necessario indagare nel recondito. Ricordiamo, inoltre, che nel nostro ordinamento la contumacia si presume, fino a prova contraria, volontaria, con ciò rendendo ulteriormente parificabile il comportamento di chi volontariamente non contesta dei fatti a quello di chi, volontariamente, non prende parte al giudizio.



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