Eccezione di nullità del contratto e onere di contestazione: qualcosa non torna.

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La S.C. torna ad affrontare la questione relativa ai rapporti tra eccezione di nullità del contratto (nella specie di mediazione, per non essere il mediatore iscritto nel relativo ruolo) e onere di contestazione ex art. 167 e 115 c.p.c..

Nel caso di specie, il mediatore aveva convenuto in giudizio le parti le quali solo nella comparsa conclusionale del giudizio di appello avevano eccepito la mancata prova da parte dello stesso dell’iscrizione al ruolo di cui alla l. 39/89.

La Corte ne approfitta per affermare i seguenti principi:

– il giudice ha il potere – dovere di rilevare, indipendentemente dalla iniziativa della parte interessata – e in attuazione dell’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge – la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa (Cass. 20 novembre 2000, n. 14968; Cass. 15/05/2001, n. 6715) e che è deducibile o rilevabile d’ufficio in ogni stato o grado del giudizio;

– detto potere incontra però il limite delle preclusioni;

– l’eccezione di nullità del contratto di mediazione per mancanza di iscrizione del mediatore nel ruolo previsto dalla L. 2 febbraio 1989, n. 39, costituisce un’eccezione in senso lato, afferendo a questione rilevabile d’ufficio dal giudice, e, pertanto, non è soggetta, in grado di appello, alle preclusioni di cui all’art. 345 cod. proc. civ. ed al divieto dello “ius novorum” sancito dalla stessa norma Cass, Sentenza n. 8581 del 09/04/2013, Cass., sentenza n. 14076 del 1/10/2002;

– ai fini del riconoscimento del diritto al compenso in favore di chi assume di avere svolto attività di mediatore, la prova dell’iscrizione nel relativo ruolo costituisce una condizione dell’azione la cui sussistenza deve essere provata in giudizio da chi agisce per il pagamento della provvigione, mentre l’eccezione di nullità del contratto per la mancanza di tale iscrizione costituisce un’eccezione in senso lato rilevabile dal giudice d’ufficio e non soggetta al divieto di ius novorum in appello sancito dall’art. 345 cod. proc. civ.Cass. sentenza 26/10/2004 n. 20749.

– tuttavia i suddetti principi vanno coordinati con l’onere per il convenuto di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte;

– la non contestazione è un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti (Cass. 05/03/2009, n. 5356 – Cass., Sent. n. 3727 del 2012);

– pertanto anche in materia di mediazione, relativamente al requisito dell’iscrizione al ruolo dei mediatori, si può affermare che opera il principio della non contestazione.

Dunque, nella specie, l’iscrizione al ruolo doveva ritenersi non contestata (essendo stata contestata per la prima volta nel giudizio in appello e solo nella comparsa conclusionale), con la conseguenza che il giudice non era tenuto ad accertarla.

Apparentemente sembra tutto coerente, ma in realtà la S.C. non si è accorta che questo ragionamento determina lo svuotamento delle eccezioni rilevabili d’ufficio (c.d. eccezioni in senso lato) che sono quelle che non necessitano del rilievo di parte. In altre parole, se il silenzio serbato dalla parte rende il fatto estintivo, impeditivo, modificativo non più rilevabile d’ufficio dal giudice, ciò significa che tutte le eccezioni sono rilevabili solo se la parte le ha sollevate o quanto meno se ha allegato il fatto pur senza postularne le conseguenze (sulla differenza tra allegazione e postulazione vedi i miei ebook). Con la conseguenza che non ha più senso distinguere tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto. Non solo. Applicando quella giurisprudenza che intende per tempestiva solo la contestazione mossa con il primo atto utile, se ne ricava che tutte le eccezioni devono essere sollevate dal convenuto con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata.

In realtà, la stessa Corte ha recentemente affermato che le eccezioni in senso lato che rispondono ad un interesse pubblico possono essere sollevate e rilevate anche in Cassazione, purché non si sia formato il giudicato, mentre quelle poste a tutela di un interesse privato possono essere rilevate solo se il fatto è stato allegato entro i termini per la fissazione del thema decidendum (su questi temi mi permetto di rimandare ancora ai miei ebook), così abbandonando il tradizionale orientamento secondo cui tutte le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio anche dal giudice di legittimità.

Insomma, come spesso accade, poche idee ma confuse.

 

Cassazione civile sez. III, 21 giugno 2013, n. 15658

FATTO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.G., titolare di uno studio di mediazione immobiliare, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Messina D. P. e I.F., nonchè J.G. e L.M., esponendo di essere stato contattato nell’anno 2000 dal D. al fine di reperire un acquirente per un appartamento, di proprietà sua e del coniuge I.F.;
che L.M. si era mostrata interessata all’acquisto del cespite e lo aveva visionato, pur avendogli seguito comunicato di non essere intenzionata a concludere l’affare; che, disdettato dai committenti l’incarico, aveva appreso che pochi giorni dopo l’appartamento era stato venduto a J.G., convivente con la L..
Chiedeva pertanto che, dichiarato che l’affare era stata concluso grazie alla sua mediazione e che i contraenti avevano tentato, con gli artifizi indicati, di sottrarsi al pagamento della provvigione, gli stessi fossero condannati al pagamento delle provvigioni dovute.
I convenuti contestavano che l’affare fosse stato concluso in dipendenza della mediazione dell’attore e chiedevano il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettava la domanda sul rilievo che,pur dovendo ritenersi sussistente il diritto alla provvigione, mancava la prova del prezzo di vendita dell’immobile, costituente il parametro a cui ragguagliare la provvigione.
A seguito di appello del F. e di appello incidentale sulle spese di L. e J., la Corte di Appello di Messina, con sentenza pubblicata il 7-7-2009, ha accolto la domanda e condannato gli originari convenuti al pagamento della provvigione rapportata al prezzo minimo di vendita indicato nel contratto di mediazione.
Propongono ricorso D.P. e I.F. con sei motivi.
Resiste F.G..
Non presentano difese gli altri intimati.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denunzia omessa pronunzia e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
I ricorrenti denunziano che la Corte di Appello ha omesso di pronunziare in relazione alla eccezione relativa alla mancata iscrizione nel ruolo dei mediatori di F.G., formulata da L. e J. nell’appello incidentale, e dagli attuali ricorrenti nella comparsa conclusionale in appello.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Prima di procedere ad autonoma salutazione dei fatti di causa circa l’eventuale utilità eziologica del mediatore ai fini della conclusione dell’affare, è legittimo che la Corte di appello ometta di statuire previamente sulla eccezione di inesistenza del diritto alla provvigione, per difetto di iscrizione al ruolo di cui alla L. n. 39 del 1989”? 2. Il motivo è infondato.
Va osservato in conformità a una giurisprudenza più che consolidata, che il giudice ha il potere – dovere di rilevare, indipendentemente dalla iniziativa della parte interessata – e in attuazione dell’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge – la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa (Cass. 20 novembre 2000, n. 14968; Cass. 15/05/2001, n. 6715) e che è deducibile o rilevabile d’ufficio in ogni stato o grado del giudizio, salvo l’operare delle preclusioni che possono determinarsi nel processo, altresì, la mancanza degli elementi costitutivi del diritto azionato (Cass. 24 dicembre 1999, n. 14535).
3. In particolare si è affermato che l’eccezione di nullità del contratto di mediazione per mancanza di iscrizione del mediatore nel ruolo previsto dalla L. 2 febbraio 1989, n. 39, costituisce un’eccezione in senso lato, afferendo a questione rilevabile d’ufficio dal giudice, e, pertanto, non è soggetta, in grado di appello, alle preclusioni di cui all’art. 345 cod. proc. civ. ed al divieto dello “ius novorum” sancito dalla stessa norma Cass, Sentenza n. 8581 del 09/04/2013, Cass., sentenza n. 14076 del 1/10/2002.
4. Ed ancora, ai fini del riconoscimento del diritto al compenso in favore di chi assume di avere svolto attività di mediatore, la prova dell’iscrizione nel relativo ruolo costituisce una condizione dell’azione la cui sussistenza deve essere provata in giudizio da chi agisce per il pagamento della provvigione, mentre l’eccezione di nullità del contratto per la mancanza di tale iscrizione costituisce un’eccezione in senso lato rilevabile dal giudice d’ufficio e non soggetta al divieto di ius novorum in appello sancito dall’art. 345 cod. proc. civ.Cass. sentenza 26/10/2004 n. 20749.
5. Diversa questione è quella della prova della sussistenza dei presupposti per l’esercizio del relativo diritto: il relativo onere grava su chi lo esercita, a norma dell’art. 2697 c.c..
6. Si è affermato che, contrariamente a quanto assunto da precedenti arresti di questa Corte (Cass. 11 marzo 2002, n. 3500; Cass. n. 20909 del 2004), anche in tema di prelazione o riscatto agrario opera il principio secondo cui l’art. 167 cod. proc. civ., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. Cass. 05/03/2009, n. 5356 – Cass., Sent. n. 3727 del 2012.
7. Analogamente, anche in materia di mediazione, relativamente al requisito dell’iscrizione al ruolo dei mediatori, si può affermare che opera il principio della non contestazione.
Nella specie i ricorrenti hanno eccepito la mancanza del requisito dell’iscrizione al ruolo dei mediatori solo nella comparsa conclusionale del giudizio di appello, non assolvendo all’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del processo come imposto dall’art. 167 c.p.c., in vista anche del sistema delle preclusioni, il quale comporta per le parti l’onere di collaborare al fine di circoscrivere la materia controversa, e sia per il principio di economia, che deve informare il processo, alla stregua dell’art. 111 Cost..
Di conseguenza l’atteggiamento difensivo protrattosi per due gradi di giudizio elimina il fatto dall’ambito degli accertamenti richiesti.
8. In conclusione per i giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore del nuovo art. 167 c.p.c. opera il principio della non contestazione, comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti.
9. Con il secondo motivo si denunzia nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112, 342 e 434 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Nell’interpretare la volontà delle parti circa il contenuto della pretesa fatta valere in giudizio, in relazione ad un punto astrattamente controvertibile, ma non oggetto di specifiche deduzioni delle parti, nè qualificabile come loro presupposto, è ammissibile l’esame di esso da parte del giudice di appello?.
10. Con il terzo motivo si denunzia nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 346, 329 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Le questioni giuridiche, inerenti la riconduzione di un rapporto ad una determinata norma o ad un fatto specifico, decise in senso sfavorevole alla parte vittoriosa ,sono suscettibili di riesame in appello solo in caso di impugnazione incidentale condizionata? 11. Con il quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 1362 e 1754 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Viene formulato ili seguente quesito di diritto: “In materia di mediazione, la ricerca del giudice del contenuto e della portata delle relative clausole, volta all’accertamento dell’identità fra affare voluto, oggetto del contratto di mediazione, e quello poi incluso, precede (e se del caso assorbe) il prudente apprezzamento giudiziale circa la presunta obiettiva efficacia eziologica dell’intervento mediatorio nel caso concreto? 12. Con il sesto motivo si denunzia violazione degli artt. 1226, 2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Viene formulato il seguente quesito di diritto: “il Giudicante può ritenere provato il diritto di parte attrice sulla base non di prove dirette e concrete fornite da questi, ma di semplici presunzioni, ciascuna delle quali desunta da un singolo dato di fatto certo, ivi impresa una mancata allegazione di prova contraria dei soggetti convenuti, ma suscettibile d’interpretazioni diverse? 13. I motivi si esaminano congiuntamente per connessione logica e sono inammissibili per inadeguatezza dei quesiti di diritto.
In proposito le Sezioni Unite hanno insegnato che, “a norma dell’art. 366 “bis” c.p.c., applicabile ratione temporis, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (SU 6420/08; 11210/08).
14. I quesiti in considerazione sono del tutto inidonei a soddisfare i requisiti previsti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., per la cui osservanza avrebbe dovuto compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08). Il tutto doveva essere esposto in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”, (Cass. 2658/08), così rispondendo al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. 26020/08).
15. Con il quinto motivo si denunzia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Il ricorrente assume che la Corte d’appello avrebbe omesso “di motivare la mancata applicazione della L. n. 39 del 1989”.
15. Il motivo, privo anche del prescritto momento di sintesi, è assorbito dal rigetto del primo motivo di ricorso. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2013

 

 


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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6 commenti:

  1. Massimo

    Salve collega, anche io ti rinnovo i complimenti che da più parti ti sono stati omaggiati, nell’offrirti uno spunto di indagine ti chiedo in base a quali pronunce di cassazione parli di “pirincipio che le domande e le eccezioni vanno valutate globalmente”. Non credi che ne potrebbe derivare un vulnus all’onere di contestazione ed allegazione?

  2. Massimo

    Collega sul tema della riapertura del verbale credo si debba coordinare la disciplina con quella delle preclusioni.
    Ti espongo un caso. Attore e convenuto alla prima udienza di trattazione fanno le operazioni di rito e il verbale viene chiuso. Dopo pochi minuti l’attore, in presenza del convenuto, viene autorizzato dal giudice alla ripertura del verbale, viene indicata l’ora e i minuti della riapertura e allega una eccezione che gli era sfuggita, l’avvocato di controparte non solleva alcuna contestazione processuale e controdeduce nel merito con ciò accettando il contraddittorio.

    Secondo te l’attore era decaduto al momento della sottoscrizione del primo verbale oppure l’autorizzazione del giudice alla riapertura in contraddittorio rende l’attività svolta come mera prosecuzione della medesima udienza?

  3. Mirco Minardi

    @Massimo: la riapertura del verbale determina la prosecuzione dell’udienza. Nessuna decadenza si è dunque verificata.

  4. Mirco Minardi

    @Massimo. La Cass. intende dire che non bisogna parcellizzare l’atto; ad esempio se nella narrativa ho eccepito la prescrizione ma nelle conclusioni non riformulo l’eccezione, essa può intendersi ugualmente sollevata. Quanto al vulnus non direi, perchè la c/parte ha la possibilità di rendersi conto delle difese svolte dall’altra parte.

  5. Enzo

    il punto credo sia tutto nella questione del verbale e della sua sinteticità. In un atto si può scrivere a iosa, nel verbale invece devi essere per forza di cose sintetico, l’eccezione può quindi apparire più stringata di quanto necessiterebbe. Poniamo ad esempio che il convenuto faccia due domande riconvenzionali, con una semplicemente contrasta la domanda di rivendica dell’attore assumendo che il bene lo ha usucapito (e qui poco da dire, si tratta di situazioni incompatibili da dimostrare) con la seconda, invece, chiede l’arretramento di una costruzione posta a distanza non regolamentare. L’attore eccepisce l’usucapione per decorso del termine ultraventennale a proprio favore e deposita unitamente documentazione esclusivamente a prova che la costruzione è in essere da oltre venti anni.

    Nella prima memoria ex 183 specifica che il bene da egli rivendicato non è mai stato posseduto “ad usucapionem” dal convenuto per difetto anche di elementi di diritto e specifica altresì che la costruzione è stata realizzata da ben oltre un ventennio nelle medesime dimensioni attuali rinviando alla documentazione versata in atti all’udienza pertanto è stato usucapito il relativo diritto.

    Il convenuto contesta che l’eccezione sollevata in udienza è generica in quanto non si comprende a quale domanda riconvenzionale sia riferita ma, in ogni caso, in memoria la identifica come una eccezione di usucapione del diritto di servitù e fa espresso riferimento ad alcuni documenti depositati al fine di contestarli (definendoli fantasiosi).

    Ora la locuzione “eccepise l’usucapione del termine ultraventennale” affermata in udienza ,seguendo il principio enunciato dalla cassazione, dovrebbe essere interpretata atomisticamente oppure in coordinato con tutti gli altri elementi processuali, non ultima la domanda riconvenzionale e le prove depositate?

  6. Francesco

    Salve colleghi, cerco lumi…
    Potete segnalarmi qualche pronuncia di sostegno alla seguente tesi? “se nel corpo dell’atto eccepisco, in via subordinata, l’eccezione di compensazione e non richiamo detta eccezione nelle conclusioni il giudice ne dovrebbe comuque tener conto perchè l’atto ve intepretato nel suo complesso” Grazie.



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