Attestazione di conformità ad abundantiam: produce nullità?

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Nel caso deciso da Cass. 4454/2020, il ricorrente aveva eccepito la nullità della notifica del controricorso per due ragioni:

a) il difensore aveva attestato la conformità del controricorso e della relata (e non invece della sola procura)

b) il messaggio PEC non indicava il nome dei files.

Le singolari censure sono state (ovviamente) dichiarate infondate. Quanto alla prima eccezione, la Corte ha affermato che se è vero che l’attestazione della conformità all’originale è possibile quando la notificazione concerne atti estratti da un fascicolo telematico (per la verità, non solo), ciò non comporta alcuna ipotesi di nullità nel caso in cui la predetta conformità venga attestata anche in relazione ad atti per i quali essa non sarebbe neppure necessaria. Il controricorso (aggiungerei, in pdf nativo), in particolare, essendo il primo atto con cui la parte resistente si costituisce nel giudizio di legittimità per resistere al ricorso avversario, non dev’essere munito di alcuna attestazione di conformità, non essendo evidentemente un atto estratto da un fascicolo telematico; e tuttavia la circostanza che il procuratore della parte controricorrente abbia attestato anche la conformità del controricorso costituisce un “di più” che non vizia la ritualità dell’atto nè quella della relativa notificazione. L’attestazione, infatti, non crea alcuna incertezza nè sul tipo di atto, nè sul suo contenuto, nè sul suo effetto, apparendo semplicemente come un elemento non necessario, che poteva essere omesso ed il cui inserimento non comporta alcun effetto pratico.

Il secondo profilo è stato del pari giudicato assolutamente privo di rilevanza, posto che era lo stesso ricorrente a confermare che al messaggio di posta elettronica certificata con cui era stato notificato il controricorso erano allegati sia il file del controricorso che quello della procura: ergo, la circostanza che nel messaggio non fossero indicati i nomi dei due files non valeva ad inficiare in alcun modo la regolarità del procedimento notificatorio, il quale comunque aveva prodotto il suo effetto, nè a creare alcun profilo di incertezza sul tipo di atto oggetto della notificazione e sul suo contenuto: il che – secondo la Corte – vale a sanare qualsiasi irregolarità formale del procedimento stesso.

Io, invece, avrei evidenziato che nessuna norma impone di indicare nel messaggio PEC il nome dei files notificati. Il che mi pare assorbente rispetto alla questione del raggiungimento dello scopo.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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2 commenti:

  1. Malluzzo Luigi Maria

    sarebbe interessante un formulario con i singoli casi per l’appello

  2. Lica

    Buongiorno,
    Mi ha colpito la frase ” ciò non accade mai”.
    Speriamo.
    Io ho una domanda giudiziale dimostrata da registrazioni fonografiche non disconosciute e quindi piene prove, per cui avrei vinto.



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