È innegabile che sotto la guida di Vincenzo Carbone, giurista di alto profilo, la Cassazione abbia imboccato delle strade molto spesso assai contestate dalla dottrina. Una di queste riguardava la visione dell’appello civile, i poteri del giudice del gravame e in particolare l’onere della prova.
Può sembrare strano parlare di onere della prova in appello, visto che è nel giudizio di primo grado che le parti sfoderano le loro armi istruttorie. Ma si supponga, tanto per fare un esempio, che in primo grado il debitore sia risultato vittorioso avendo prodotto la quietanza di pagamento e si supponga altresì che in appello rimanga contumace (ovvero si costituisca ma non ridepositi la quietanza). Manca dunque in questo giudizio il fascicolo di parte e, dunque, la prova dell’estinzione dell’obbligazione. A questo punto cosa deve fare il giudice di appello?
La risposta delle Sezioni Unite, (sent. 28498/2005) presiedute appunto da Vincenzo Carbone, il quale curò anche la stesura della sentenza, fu questa:
- l’appello non rappresenta più, come nel sistema del codice di rito del 1865, pur permanendo la sua funzione sostitutiva quanto alle statuizioni decisorie su diritti impugnati, il “mezzo” per “passare da uno all’altro esame della causa”, su tali statuizioni, e non può quindi limitarsi al fine di ottenerne la riforma, ad una denuncia generica dell’ingiustizia dei capi appellati della sentenza di primo grado, ma deve puntualizzarsi all’interno dei capi di sentenza destinati ad essere confermati o riformati, ma “comunque” sostituiti dalla sentenza di appello che non è impugnazione rescindente come il ricorso per cassazione (l’avvicinamento alla struttura del quale è solo parziale); e tal puntualizzazione ulteriore avviene appunto nella denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata.
- In questo contesto sistematico vengono meno i presupposti per ritenere che l’onere probatorio dell’appellante debba essere individuato con esclusivo e retrospettivo riferimento alla posizione da lui assunta nel giudizio di primo grado, con la conseguenza che se in quel giudizio l’appellante aveva assunto la qualità di convenuto, il suo onere probatorio rimarrebbe integro, anche nella successiva fase di gravame, quanto a tutti i fatti impeditivi o estintivi del diritto fatto valere dall’attore.
- Deve, al contrario, affermarsi che, essendo l’appellante tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, il cui riesame è chiesto per ottenere la riforma del capo decisorio appellato, l’appello da lui proposto, in mancanza di tale dimostrazione deve essere, in base ai principi, respinto, con conseguente conferma sostitutiva dei capi di sentenza appellati, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale. Solo in questi sensi può parlarsi dell’appello quale “revisio”.
Dunque, per ritornare al nostro esempio, l’appellante-creditore che voglia dimostrare la non validità della quietanza, ovvero l’erronea interpretazione da parte del giudice di primo grado, ha l’onere di censurare specificamente il vizio e di produrre la quietanza stessa per permettere al giudice del gravame di valutare la censura. Se non lo fa deve sopportare le conseguenze, cioè il rigetto dell’appello.
Oggi la Corte torna a rimeditare la questione, sottoponendola di nuovo alle Sezioni Unite.
La pronuncia esordisce affermando che “il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 28498 del 2005 suscita riserve da parte del Collegio proprio nella parte in cui esso impone, in via generale, un siffatto onere a carico dell’appellante in ragione della nuova configurazione del giudizio d’appello” per due ordini di motivi.
La Corte remittente afferma anzitutto che il potere della parte di prendere visione e di chiedere copia dei documenti depositati dall’altra parte (art. 76 disp. att. c.p.c.) è semplicemente funzionale al diritto di difesa e non ha riflessi di alcun tipo sull’onere della prova, che rimane disciplinato dall’art. 2697 c.c. [e dalle altre norme speciali].
La Corte, poi, nega che l’oggetto del giudizio di secondo grado possa essere individuato nella sentenza impugnata anziché nella controversia, come peraltro afferma la dottrina maggioritaria. In particolare, dichiara la Corte, quante volte gli specifici motivi di impugnazione riguardino il merito, la cognizione del giudice d’appello è finalizzata alla pronuncia sulle condizioni dell’azione, allo stesso modo della pronuncia del giudice di primo grado, e in questo ambito il criterio dell’onere della prova mantiene un ruolo inderogabile.
Da ciò consegue che l’onere del convenuto di provare il fatto estintivo dell’obbligazione dedotta dall’attore permane anche in appello, ove l’estinzione sia contestata anche in tale grado; e, se il fatto è attestato in un documento prodotto in primo grado, l’onere riguarda, ad avviso del Collegio, il ripristino della prova documentale, con ogni conseguenza ai sensi dell’art. 2697 c.c. (cfr. Cass., sez. un., n. 511 del 2004; idem, n. 10175 del 2008 e n. 6987 del 2008).
Vedremo cosa diranno le Sezioni Unite.
Cassazione civile, ord. 3639/2012 del l’8 marzo 2012
RITENUTO IN FATTO
1. B.T. adiva il Tribunale di Palmi chiedendo la condanna dell’INPS all’adeguamento, in osservanza della giurisprudenza costituzionale, dell’indennità di disoccupazione agricola percepita, per l’anno specificato nel ricorso, nella misura di L. 800 giornaliere, oltre agli accessori di legge.
2. Il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere rilevando che dalla documentazione prodotta dall’Istituto era risultato il pagamento del preteso adeguamento della prestazione.
3. Tale decisione, impugnata dall’assicurata, veniva confermata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, che, con la sentenza qui in esame, osservava che l’appellante non aveva adempiuto all’onere di depositare la documentazione dell’INPS in base alla quale era stato ritenuto l’avvenuto adempimento.
4. La B. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria. L’inps ha depositato la procura ai propri difensori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo del ricorso denuncia violazione dell’art. 436 c.p.c. e art. 111 Cost., nonchè vizio di motivazione. Si sostiene che l’assicurata aveva contestato, nel corso del giudizio, l’avvenuto pagamento e che l’onere di produrre anche in appello la propria documentazione, asseritamente comprovante l’adempimento, non poteva che gravare sull’Istituto; quest’ultimo, peraltro, si era costituito in sede di gravame e pertanto, in base al criterio della lealtà processuale, avrebbe dovuto ride posi tare; i documenti prodotti jussu judicis in primo grado, non potendo operare, al riguardo, alcun onere a carico dell’appellante.
2. Il secondo motivo denuncia difetto di motivazione. Si lamenta che la decisione impugnata non abbia minimamente considerato la inidoneità della documentazione predetta – consistente in un mero prospetto informatico – ai fini della prova del pagamento.
3. Rileva, nella controversia, se sussista, o meno, l’onere dell’assicurato di depositare in appello il documento prodotto in primo grado dall’Istituto, ritenuto probante ai fini della estinzione dell’obbligazione previdenziale dedotta in giudizio.
3.1. A sostegno della propria decisione, che è nel senso della sussistenza di tale onere, la Corte d’appello ha riportato il principio enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 28498 del 2005, secondo cui è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perchè questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare.
3.2. Mette conto rilevare che nell’impianto della richiamata decisione delle Sezioni unite non assume un determinante rilievo che l’appellato sia rimasto contumace, ovvero si sia costituito in giudizio, siccome l’onere di produrre, o ripristinare, in appello il documento viene riferito alla posizione dell’appellante in quanto tale, in ragione del suo interesse ad “attivarsi” a prescindere dal comportamento della controparte, e cioè anche se questa, in ogni caso, non abbia provveduto a restituire il fascicolo di parte (ovvero non abbia prodotto il documento nel costituirsi in appello). Nella specie, pertanto, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, l’applicazione del principio anzidetto non è preclusa dal fatto che l’Istituto si sia costituito in appello (senza però, a quanto risulta, depositare nuovamente il documento attestante l’adempimento).
3.3. Se non che il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 28498 del 2005 suscita riserve da parte del Collegio proprio nella parte in cui esso impone, in via generale, un siffatto onere a carico dell’appellante in ragione della nuova configurazione del giudizio d’appello.
Le ragioni del dissenso riguardano due profili.
3.3.1. La instaurazione del contraddittorio, in ogni grado e in ogni fase del processo, comporta l’insorgenza di diritti processuali e di doveri di collaborazione insiti nell’assunzione della qualità di parte processuale, ivi compreso l’obbligo di rendere possibile alla controparte l’esame del proprio fascicolo (artt. 76 e 77 disp. att. c.p.c.) e quello di comportarsi con lealtà e probità (art. 88 c.p.c.).
E’ lo stesso giudice che deve verificare che tali diritti e doveri siano garantiti nel processo, disponendo peraltro, specialmente nel processo lavoristico, di precisi poteri officiosi che devono sopperire alla eventuale inerzia delle parti, onde approfondire fatti (come nella specie il fatto estintivo dell’obbligazione dedotta in giudizio) che già siano allegati o comunque siano stati introdotti nella realtà del processo, salvo il verificarsi di decadenze ove queste siano specificamente previste dalla legge (cfr. Cass., sez. un., n. 8202 e n. 8203 del 2005). In particolare, con riguardo al mancato deposito del fascicolo di parte, ovvero al suo ritiro irregolare, il giudice può invitare la parte a depositare l’intero fascicolo, o anche singoli atti (come, d’altra parte, pare pacifico che sia avvenuto, nella specie, nel corso del giudizio di primo grado).
Vero è che l’ordinamento appresta per ognuna delle parti, il mezzo tecnico per avere la piena disponibilità dei documenti inseriti nel fascicolo della controparte, essendo previsto che la parte può richiedere al cancelliere la copia di tali atti (art. 76 disp. att. c.p.c.); ma va rilevato che si tratti di un meccanismo finalizzato all’esercizio del diritto di difesa, inteso appunto a facilitare la verifica e la valutazione della prova documentale allegata dalla controparte, mentre appare difficile desumere dalla modalità di esercizio di tale facoltà, ovvero dal suo mancato esercizio, una precisa conseguenza sul piano dell’onere della prova, finanche in deroga al generale criterio di ripartizione di cui all’art. 2697 c.c..
3.3.2. Tali conseguenze non sono ravvisabili, ad avviso del Collegio, neanche in relazione agli oneri incombenti sulla parte che propone appello.
Come la dottrina non ha mancato di rilevare, oggetto del giudizio d’appello è il rapporto sostanziale controverso in primo grado, devoluto al giudice superiore attraverso gli specifici mezzi di impugnazione (tantum devolutum…), si che quel giudice conosce ex nova del medesimo l’apporto facendo uso, fra l’altro, della regola fondata sull’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c..
Sul sistema non influisce la nuova configurazione del giudizio d’appello, concepito più come revisio prioris instantiae che come giudizio di riesame, poichè la revisio non significa che il giudizio d’appello abbia ad oggetto la sentenza di primo grado e la eliminazione, o la conferma, di un atto illegittimo, anzichè, pur sempre, la rinnovazione del giudizio di merito nell’ambito del devolutum. In particolare, quante volte gli specifici motivi di impugnazione riguardino il merito, la cognizione del giudice d’appello è finalizzata alla pronuncia sulle condizioni dell’azione, allo stesso modo della pronuncia del giudice di primo grado, e in questo ambito il criterio dell’onere della prova mantiene un ruolo inderogabile.
Con questi presupposti, l’onere del convenuto di provare il fatto estintivo dell’obbligazione dedotta dall’attore permane anche in appello, ove l’estinzione sia contestata anche in tale grado; e, se il fatto è attestato in un documento prodotto in primo grado, l’onere riguarda, ad avviso del Collegio, il ripristino della prova documentale, con ogni conseguenza ai sensi dell’art. 2697 c.c. (cfr.
Cass., sez. un., n. 511 del 2004; idem, n. 10175 del 2008 e n. 6987 del 2008).
4. La decisione del ricorso è quindi rimessa alle Sezioni unite, previa assegnazione del Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2012
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Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
Grazie
@dario: l’inizio dell’esecuzione non equivale ad acquiescenza
grazie per le delucidazioni.
Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!
Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…
Le ultime scuse sono:
1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.
2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.
Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”
La ringrazio tantissimo!
Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie
La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie
@Giusti: ricorso per Cassazione
Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?
“le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”
Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?
Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.
Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
Grazie.
@Avv. Caccia: sì, ma l’atto, ritengo, debba essere notificato a tutti
@Ludovico: sempre difficile in questi casi prevedere la decisione
Vorrei esporre il mio caso :
Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
La domanda è la seguente :
Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?
@mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado
Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.
A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
Grazie
Antonio
Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta
Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?
Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?
Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.
Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.