Il caso è classico. Tizio vince in primo grado e Caio viene condannato alle spese di lite, che vengono versate.
La sentenza viene appellata da Caio e riformata dal giudice del gravame che condanna Tizio a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio, senza tuttavia provvedere sulla domanda di ripetizione fatta da Caio.
Quid juris?
Possiamo considerare la sentenza d’appello titolo esecutivo implicito anche per la ripetizione delle somme versate in forza della sentenza di primo grado?
La Corte di Cassazione è intervenuta di recente per ribadire il proprio orientamento negativo, precisando che la parte ha due strumenti:
- La possibilità di chiedere direttamente alla Suprema Corte la condanna alla restituzione, formulando apposito motivo di impugnazione avverso la sentenza che ha omesso di pronunciarsi sulla domanda;
- La possibilità di introdurre un nuovo giudizio.
Ovviamente è più conveniente la strada b) visto che i tempi della Corte sono molto lunghi (circa 6 anni). Al contrario Caio può chiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e così iniziare la procedura esecutiva.
Certo, c’è sempre il rischio di una opposizione. Altro rischio è dato dal fatto che la Corte cassi la sentenza di secondo grado, con la conseguenza che Caio avrà buttato via denaro per ottenere il secondo titolo esecutivo.
Purtroppo, le statuizioni de quibus spesso mancano per mera dimenticanza del giudice d’appello. Ma ormai lo sappiamo: l’importante è decidere di fretta, non bene.
Cassazione civile, sez. III, 16/06/2016, (ud. 23/02/2016, dep.16/06/2016), n. 12387
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avvocato B.P., con atto notificato il 28 maggio 2003, convenne innanzi al Tribunale di Roma M.C., MC Group s.r.l. e MC Holding s.p.a. chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di Euro 178.099,64, oltre accessori. Dedusse di avere stipulato con la controparte, nel 1998, e di poi nel 2002, contratti di consulenza, impegnandosi ad assistere, per un compenso predeterminato, le società del gruppo M. nell’attività di ordinaria amministrazione; di avere prestato la propria opera professionale in relazione ad operazioni che esorbitavano dalla convenzione, e segnatamente nelle concentrazione del gruppo MC nel gruppo Alaxia, e scorporo dallo stesso; di avere pertanto diritto delle relative competenze.
Resistettero i convenuti.
Il giudice adito accolse la domanda.
Proposto appello principale da M.C., da MC Network (già MC Holding), e appello incidentale dell’avvocato B.P., la Corte d’appello di Roma, con la sentenza ora impugnata, depositata in data 12 marzo 2013, ha accolto il primo e rigettato il secondo, per l’effetto respingendo la domanda proposta dall’Avvocato B..
Il ricorso di M.C. e di Dekra Italia s.r.l. a socio unico, già Dekra Consulting, già MC Group s.r.1., che aveva a sua volta incorporato MC Network s.r.l., è affidato a un unico motivo. Si è difeso con controricorso l’avvocato B.P., che ha proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
Con l’unico motivo del ricorso principale si dolgono gli impugnanti, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, che la Corte territoriale, pur dopo avere sovvertito la sentenza di prime cure, rigettando la domanda attrice, abbia omesso di provvedere sulla domanda di restituzione della somma di Euro 211.919,98, corrisposta dai soccombenti in esecuzione della sentenza del Tribunale, benchè la stessa fosse stata proposta tout court nell’atto di appello.
2.1 Nel suo ricorso incidentale l’avvocato B.P. lamenta invece, con il primo motivo, mancanza, lacunosità e/o contraddittorietà della motivazione in relazione al rigetto dell’appello incidentale volto ad ottenere la quadruplicazione – o almeno il raddoppio – dei compensi a lui liquidati dal Tribunale, assumendo che la decisione negativa assunta al riguardo dal giudice a quo sarebbe stata argomentata senza tener conto delle deduzioni dell’impugnante.
2.2 Con il secondo mezzo denuncia malgoverno della disciplina in tema di mandato e di ingiustificato arricchimento, segnatamente contestando l’affermazione della Corte territoriale secondo cui erano rimaste indimostrate le pattuizioni, allegate dall’attore, aventi ad oggetto un incarico professionale autonomo ed estraneo ai contratti di consulenza già conclusi tra le parti.
2.3 Con il terzo motivo deduce l’erroneità del rigetto della domanda incidentale proposta in appello e volta ad ottenere il raddoppio, aumentabile fino al quadruplo, ex artt. 4 e 2 del Tariffario Forense, degli onorari a lui spettanti in ragione della particolare complessità dell’attività professionale espletata.
3 Il ricorso incidentale, che pone questioni logicamente preliminari a quelle svolte nell’impugnazione principale, non supera il preventivo vaglio di ammissibilità.
Dagli atti di causa risulta, in punto di fatto, che la sentenza della Corte d’appello in questa sede impugnata venne notificata, a istanza del medesimo avvocato B., in data 9 aprile 2013. Proposto da M.C. e da Dekra Italia s.r.l. ricorso per cassazione con atto notificato il 6 giugno 2013, il controricorso e il ricorso incidentale della controparte sono stati notificati il 16 luglio successivo e cioè fuori del termine di cui all’art. 326 cod. proc. civ., ancorchè entro quello di cui agli artt. 370 e 371 cod. proc. civ. Il che impone la verifica della sussistenza dei presupposti per l’operatività del disposto dell’art. 334 cod. proc. civ., a tenor del quale le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate a integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
4 Ciò posto, occorre muovere dalla considerazione che le sezioni unite di questa Corte, chiamate a risolvere il contrasto di giurisprudenza manifestatosi in ordine all’individuazione del termine da osservarsi per la notifica del ricorso incidentale per cassazione, con particolare riguardo a quello adesivo, hanno affermato che, in base al principio dell’interesse all’impugnazione, anche nelle cause scindibili l’impugnazione incidentale tardiva deve ritenersi sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte in cui quella principale abbia messo in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza, conseguentemente consentendone, in casi siffatti, la proposizione, sia nelle forme della contro impugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia nelle forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale. Hanno osservato in proposito che, anche nelle cause scindibili, l’interesse a contestare la sentenza può sorgere dall’impugnazione principale, allorchè questa, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale rimasto inerte, poichè darebbe luogo a una soccombenza totale o più grave di quella derivante dalla sentenza impugnata, soccombenza che era stata in origine ritenuta accettabile, tenuto conto del contenimento dell’onere economico derivante dall’esercizio del diritto di regresso, nonchè della durata del giudizio di impugnazione (cfr.
Cass. civ. sez. un. 27 novembre 2011, n. 24627).
5 Orbene, l’interfaccia di tale principio è che l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, è inammissibile quando l’interesse alla sua proposizione non possa dirsi insorto per effetto dell’impugnazione principale. Non a caso le sezioni unite, pur affermando che essa vada in via di principio consentita, ex art. 334 cod. proc. civ., contro le sentenze di condanna di coobbligati solidali, l’hanno tuttavia ritenuta inammissibile quando la solidarietà derivi da titoli diversi, poichè in tal caso l’impugnazione di un obbligato potrebbe non avere alcuna incidenza sulla posizione del coobbligato solidale, segnatamente richiamando, a titolo di esempio, l’ipotesi in cui la sentenza di condanna solidale del debitore e del fideiussore venga impugnata da quest’ultimo per contestare l’esistenza o la validità della garanzia personale da lui prestata.
6 Se tutto questo è vero, il ricorso proposto dall’avvocato B. deve ritenersi tardivo.
E invero con esso l’esponente attacca la negativa valutazione della fondatezza della sua domanda e cioè una decisione che, stando a m. delle istanze restitutorie conseguenti alla riforma della sentenza di prime cure, non è intaccata dall’omessa pronuncia della quale M.C. e Dekra si dolgono in questa sede.
E’ sufficiente al riguardo considerare che, per quanto di qui a poco meglio si dirà, la domanda di restituzione poteva anche essere azionata in separato giudizio. E la sicura preclusione, in quella sede, di ogni contestazione in ordine alla debenza delle somme versate in esecuzione della sentenza del Tribunale, in ragione del passaggio in giudicato della pronuncia di riforma emessa in sede di gravame, costituisce la cartina di tornasole della impossibilità di ammettere che, attraverso il meccanismo dell’impugnazione incidentale tardiva, possa essere recuperata la possibilità di impugnare la decisione di rigetto della domanda attrice, ormai divenuta incontestabile.
Ne deriva che il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
7 E’ invece fondato il ricorso principale.
Va al riguardo anzitutto precisato che una sentenza d’appello la quale, riformando quella di primo grado, faccia perciò stesso sorgere il diritto alla restituzione degli importi pagati in esecuzione di questa, non costituisce titolo esecutivo se non contenga una espressa statuizione di condanna in tal senso (cfr.
Cass. civ. 8 giugno 2012, n. 9287).
Ora, come testè anticipato, il solvens, al fine di munirsene, può attivare un autonomo giudizio ovvero proporre la sua domanda in sede di gravame. Depongono in tal senso sia evidenti ragioni di economia processuale; sia l’analogia con quanto stabilito nell’art. 96 c.p.c., comma 2, e art. 402 c.p.c., comma 1, rispettivamente per le esecuzioni ingiuste e per la pronuncia revocatoria (Cass. civ. 3 ottobre 2005, n. 19299); sia, infine, il principio per cui, in caso di omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su una delle domande introdotte in causa, ove non ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della domanda o di un suo assorbimento nella decisione di altro capo che da essa dipenda, la parte istante ha la facoltà alternativa di far valere l’omissione in sede di gravame ovvero di azionare la pretesa in un separato processo, con la precisazione che, ove si determini in quest’ultimo senso, non le sarà opponibile il giudicato derivante dalla mancata impugnazione della sentenza per omessa pronuncia, perchè la rinunzia implicita alla domanda di cui all’art. 346 cod. proc. civ., ha valore processuale e non anche sostanziale (Cass. civ. 16 maggio 2006, n. 11356; Cass. civ. 5 settembre 1997, n. 8605; Cass. civ. 22 marzo 1995, n. 3260): principio spendibile, nella fattispecie, in ragione del fatto che il giudice d’appello, con riferimento alla domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, opera come giudice di primo grado.
9 In applicazione degli esposti criteri, non avendo la Corte d’appello provveduto sulla domanda di restituzione, l’impugnazione principale deve essere accolta. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene il collegio che la causa, ex art. 384 cod. proc. civ., possa essere decisa nel merito, con la condanna dell’avvocato B. al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma di Euro 211.819,98, con gli interessi legali dalla data dei singoli pagamenti.
E’ il caso di precisare, quanto alla decorrenza degli accessori, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Regolatrice –
alla quale si intende dare continuità – l’azione di ripetizione di quanto pagato in virtù della sentenza di primo grado immediatamente esecutiva non si inquadra nell’istituto della condictio indebiti ex art. 2033 cod. civ., posto che, da un lato, essa si ricollega a un’esigenza di mera restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza; e, dall’altro, che il comportamento dell’accipiens non si presta a valutazioni in termini di buona o mala fede, non potendo venire in rilievo gli stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti (Cass. civ. 4 aprile 2013, n. 8215).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. La circostanza che il ricorso incidentale per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione –
del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale e, decidendo nel merito, condanna B.P. al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma di Euro 211.819,98, oltre interessi legali dalla data di ogni singolo pagamento; condanna l’avvocato B. P. a rifondere alla controparte le spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale B.P., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016
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Ottimo articolo. …
Posso fare 1 domanda?
Non mi è ben chiaro se sia possibile per il giudice decidere la questione sulla sua giurisdizione unitamente al merito o debba farlo preventivamente.grazie
@Stefano: può farlo anche unitamente al merito
Ho una domanda, forse banale, ma che sta destando molte perplessità in me e nei colleghi interpellati.
La mia cliente CAIA ha promosso una causa per il risarcimento dei danni da sinistro stradale nei confronti dellUCI, nonché del conducente (straniero), della società proprietaria del mezzo e della relativa compagnia assicurativa.
Ha ottenuto una sentenza del Gdp totalmente favorevole, con conseguente pagamento da parte dell’UCI di una somma X a totale risarcimento dei danni e delle spese legali.
Ora l’UCI ha impugnato la sentenza, chiedendo la restituzione delle somme complessivamente versate. La mia cliente deve costituirsi: posso chiedere la chiamata in manleva della sua assicurazione (soggetto estraneo al 1° grado), nell’ipotesi di effettiva condanna di CAIA alla restituzione dell’importo percepito?
Spero di essere stata sufficientemente chiara.
No, non è possibile alcuna chiamata in causa nel giudizio di appello
Buon giorno, avrei un quesito che mi arrovella.
In primo grado il danneggiato D chiede il risarcimento ad A ex art. 2050 c.c. e a B. ex art. 2051 c.c., in solido ex art. 2055 c.c.
Ottiene condanna solo verso A, e soccombe verso B (anche se il Giudice compensa le spese tra D e B).
A appella, non addossando la colpa dell’evento dannoso a B, ma solo allegando che la condotta imprudente di A (riconosciuta dal Giudice ex art. 1227 1 co. c.c.) in realtà escludeva completamente il nesso di causa.
La domanda è se D può proporre impugnazione incidentale tardiva verso B, sostenendone anche in appello la responsabilità, visto che:
– a B è stata notificata l’impugnazione principale solo ex art. 322 c.p.c. per iniziativa spontanea dell’impugnante, quindi quale litis denuntiatio, e quindi a rigore B non è parte del giudizio d’appello;
– le cause sono scindibili;
– quando B vorrebbe proporre appello incidentale tardivo, nei 20 gg. prima dell’udienza d’appello, è decorso il termine annuale per impugnare;
– se oltretutto B fosse stato vittorioso anche sulle spese, e quindi fosse stato totalmente vittorioso, nessuna notifica dell’impugnazione principale, nemmeno ex art. 332 c.p.c., avrebbe dovuto essergli fatta.
Secondo me verso B avrebbe dovuto essere fatta impugnazione tempestiva principale.
Grazie
Carissimo ,in primo grado il giudice ha tenuto conto solo dei suoi due CTU, non tenendo minimamente conto dei CTU di parte (illustri professionisti ).
La mia domanda : ma è possibile che il giudice faccia questo ?
grazie
@Goffredo: purtroppo accade molto (troppo) spesso
Gentilissimo avvocato, un’informazione per favore,
in base alla sua esperienza, quanto tempo ci mette di solito la corte d’appello per sciogliere la riserva assunta durante la prima udienza di un appello civile ed emettere l’ordinanza? In poche parole si tratta dell’ordinanza in cui deve decidere sull’ammissibilità/inammissibilità dell’appello/ragionevole probabilità di accoglimento e sull’istanza di sospensione della sentenza di primo grado. E’ possibile addirittura che ci metta più di un mese? All’inizio si era parlato di pochi giorni.
Grazie e complimenti per il sito
@Gioele: dipende da Corte a Corte e da Giudice a Giudice
Egregio avvocato le pongo il seguente quesito: proposto reclamo ex art. 708 CPC avverso un’ordinanza presidenziale che riconosceva a favore della madre collocataria un assegno per il mantenimento dei figli in soli euro 500,00 mensili a far data dal deposito del ricorso per separazione, la corte di appello, riconoscendo l’errore del presidente, ha così statuito: “accoglie il reclamo principale e per l’effetto, in parziale riforma dell’ordinanza presidenziale, ridetermina l’assegno a carico del reclamato in complessivi euro 1200,00 mensili, oltre ISTAT annuale”.
Secondo la sua esperienza il decreto della C.A. ha effetto retroattivo, consentendo alla madre di pretendere le differenze mensili di 700,00 euro dall’origine, oppure riconosce il solo diritto a percepire l’assegno maggiorato dalla sua pubblicazione? Grazie.
Buongiorno avv. E’ corretto dire che, in caso di rigetto delle istanze istruttorie perche’ infondate, inammissibili, irrilevanti, sussiste, in capo alla parte su cui grava l’onere di censurare la relativa statuizione, interesse ad impugnare la stessa? Siamo di fronte ad un caso di soccombenza c.d. formale anche in questa ipotesi?
dipende, se il giudice ha accolto la domanda nonostante il rigetto delle prove, non c’è alcun interesse. Ovviamente, in caso di appello da parte della parte soccombente vanno riproposte.
Buongiorno avvocato, vorrei chiederle se l’appello avverso alla sentenza di divorzio (in merito alla regolamentazione dell’assegno) può impedire il passaggio in giudicato della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Grazie
Buongiorno e complimenti per il sito.
Articolo ottimo ed utile, solo una domanda: l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello si verifica o no se l’appello è giudicato infondato e viene respinto”?
Grazie
@Davide: sì, perchè c’è una decisione di merito
Buongiorno, complimenti per l’articolo. Una domanda. Se in un processo di primo grado due dei cinque chiamati (terzi chiamati dalla parte convenuta) vengono estromessi dal giudizio in sentenza vanno citati in appello? Ritengo di no, ma volevo una conferma.
Grazie
Buongiorno, vorrei chiedere se in caso di litisconsorizio (attivo) il reclamo promosso da uno solo degli attori, comporta comunque la notifica anche all’attore che non intende aderire.
@Daniela: se si tratta di litisconsorzio necessario sì, in caso contrario ritengo di no, ma non ho mai approfondito la questione
Gentilissimo Avv. avrei bisogno di un parere in merito.
Le spiego, in seguito ad un incidente stradale nel quale perse la vita un mio familiare, viene così intrapresa una causa contro l’Assicurazione x. La sentenza di primo grado in questo caso venne vinta, e l’assicurazione risarcisce il danno stabilito in sentenza. Avendo però il giudice di prima cura operato un erronea e grossolana valutazione di calcolo rispetto a quella prevista dalle tabelle di Milano, si decise di ricorrere in appello. Con la sentenza d’appello la Corte dichiara la parziale riforma della sentenza impugnata, e condanna l’ass. al risarcimento di € tot.
e conferma nel resto la sentenza impugnata. A questo punto vorrei sapere se dalla nuova somma decisa bisogna decurtare o meno quella già percepita in primo grado.
Grazie
Salve una domanda una sentenza di separazione emessa 2008 in contumace si po inpognare si uno delle parte e venuto a conoscenza della sentenza solo ora per il vizio di notifica che stata effettuata in una residenza errata si po dimostrare perché il condannato risulta residenza in tutt un altra parte del Italia grazie
vorrei sapere se è possibile fare ricorso in appello per un assegno divorzio non emanato dal giudice per decadenza dei termini.
Grazie
Gentilissimo Avv. volevo un chiarimento una sentenza del tribunale giudicante il cancelliere o l avv di parte non ha mai trasmesso esito di sentenza sia al mio avv che nel proseguo di causa a rinunciato al mandato con lettera depositata in cancelleria che al destinatario con nessuna notifica.
buongiorno vorrei porle una domanda nell’esempio di sopra relativamente all’art 346
nel caso di caio vincitore deve riproporre appello incidentale anche nel caso si tratti di un processo in riassunzione dopo che la sentenza di appello è stata cassata? nel primo appello , l’appello incidentale fu correttamente eseguito
Buongiorno Avvocato Minardi, ho letto con grande interesse questo suo articolo perchè purtroppo mi è sfuggita la scadenza imposta dal 169 cpc e non ho restituito il fascicolo di parte contenente la prova del credito azionato in monitorio risultando soccombente nel giudizio di opposizione a d.i. in primo grado con revoca del decreto ingiuntivo e condanna alle spese (6500 euro).
Tuttavia il giudice stesso cita in sentenza questa giurisprudenza (e Appello Firenze sezione II 14.06.12) e da atto che nel mio fascicolo (restituito tardivamente) vi era la prova scritta o fonte negoziale del credito azionato in monitorio e di avere allegato la circostanza dell’inadempimento.
sono ora alle prese con la citazione in appello ma ho timore di dare troppo risalto ed enfasi al mio errore e non so come impostare la struttura della citazione in appello per chiedere la riforma della sentenza nella parte in cui revoca sic et sempliciter (a causa del mio errore ex 169 2 comma cpc ) il decreto opposto e mi condanna.
La ringrazio se vorrà darmi un consiglio o un piccolo suggerimento in merito.
Cordialmente Cinzia
Egr. Avv.,
mi congratulo, innanzitutto per la chiarezza delle sue esposizioni.
Vorrei porle un quesito.
Ho vinto una causa in primo grado con condanna per la controparte ad un obbligo di fare e al pagamento delle spese processuali. La controparte propone appello e non paga le spese processuali. A questo, punto, effettuo pignoramento immobiliare per il pagamento delle spese processuali, e la controparte chiede la conversione, che il giudice le concede, con pagamento rateale di 18 mesi. La prima rata doveva essere pagata a febbraio scorso, ma ho avuto notizia che non è stato effettuato finora nessun pagamento.
Ora, l’appello è già in decisione. Mi chiedo, che cosa succede al pignoramento per le spese giudiziarie qualora intervenga una sentenza d’appello che ribalti la sentenza di primo grado? Incide anche su questo? Anche se la controparte ha chiesto la conversione? E soprattutto perché appare evidente che quest’ultima è stata chiesta per fini dilatori.
Attendo una risposta e la ringrazio anticipatamente.
Giusy
Gentile Collega, avrei un quesito da proporre dopo aver letto il Suo eccellente articolo. Nel caso di impugnazione incidentale da Lei definita “tardiva tardiva” (ossia proposta dopo il termine dei 20 gg per la costituzione, ovvero ancora in mancanza di costituzione in appello del convenuto già contumace in primo grado nei cui confronti sia stata notificata la sentenza di primo grado, quest’ultima passa in giudicato nei confronti del contumace non costituitosi in appello, o l’eventuale riforma della sentenza conseguente l’appello principale proposto da altra parte processuale spiegherà i suoi effetti anche in favore del predetto contumace ?
Grazie mille.
Salve Collega, ho letto con attenzione il Suo articolo e avrei da porLe un quesito.
Nel corso di un giudizio avente ad oggetto risarcimento danni da sinistro automobilistico le Generali Ass.ni (quale Impresa designata dal FGVS) rimane contumace.
La sentenza di primo grado condanna la Compagnia di Assicurazione in LCA, le Generali e la società proprietari del mezzo responsabile del sinistro in solido tra loro al risarcimento dei danni.
Notifico la sentenza alla sola Genrali Ass.ni la quale non porpone appello nei successivo 30 giorni.
La Compagnia in LCA propone invece appello.
Se la Generali Ass.ni non dovesse costituirsi neanche in appello ( e dunque non dovesse spiegare appello incidentale tardivo ex art. 334 c.p.c.), posso considerare la sentenza passata in giudicato nei confronti di quest’ultima o dell’eventuale riforma della sentenza potrebbe beneficiare anche la Generali Ass.ni ?
Grazie mille per la cortese disponibilità
la risposta dipende dalla natura scindibile o inscindibile del rapporto: nel primo caso passa in giudicato, nel secondo no fino a quando il processo è pendente
ovviamente in caso di riforma della sentenza il pignoramento rimane privo di efficacia
In appello il giudice ha annullato il verbale di contestazione per violazione al c.d.s., dimenticandosi di condannare il Comune (non parte in causa, poiché l’avversario era la Prefettura) al pagamento della relativa sanzione (a suo tempo versata dal mio cliente). Dunque, la sentenza non costituisce titolo per agire contro il Comune, ma a Suo giudizio potrei notificare Decreto Ingiuntivo? Oppure sono costretta a dare inizio ad un nuovo giudizio? Grazie infinite.
@Simona: con la sentenza bisogna chiedere il decreto ingiuntivo, oppure iniziare un giudizio ordinario
Egr. Collega, le propongo un quesito simile. In un procedimento per inadempimento contrattuale una parte propone domanda di risoluzione e restituzione delle somme versate. Il Giudice accetta l’inadempimento, condanna alla restituzione, ma non dichiara la risoluzione del contratto. In caso di passaggio in giudicato la statuizione sulla restituzione può legittimamente essere messa in esecuzione o la mancata statuizione sulla risoluzione renderebbe il titolo aggredibile in sede di opposizione?
Grazie mille
@Paolo: a mio parere prevale il giudicato e dunque non può essere opposta in fase esecutiva
Salve. Vorrei sottoporle un quesito, sperando in un cortese riscontro. Proposto appello contro sentenza di conferma del d.i. opposto si chiedeva la riforma integrale della sentenza e la condanna alle spese di entrambi i gradi. Nelle more del giudizio di appello controparte metteva in esecuzione le spese legali ed otteneva l’assegnazione della somma comprensiva delle spese dell’esecuzione. Per dimenticanza non si richiedeva nella conclusionale espressamente la restituzione della somma pagata ma solo la riforma totale della sentenza di primo grado. La C.A. riformava in effetti in toto la sentenza del 1° grado di giudizio, condannando alle spese di entrambi i gradi. Orbene, controparte non intende restituire le somme incassate. E’ possibile procedere con una domanda restitutoria in Tribunale anche se non si è espressamente richiesta nel procedimento di appello la restituzione della somma? Grazie
@Francesco: si potrà richiedere un decreto ingiuntivo
G.mo Avv.,
vorrei chiederle un parere: Caia perde in appello,il giudice condanna al pagamento nei confronti della società Tizia delle spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida in euro x. Caia provvede al pagamento.
Premetto che la sentenza di primo grado era stata fatta oggetto di azione esecutiva, facendo sia precetto che pignoramento e solo successivamente alla conclusione della fase esecutiva Caia ha fatto appello.
A questo punto Caia (che ha pagato le spese del primo e del secondo grado come liquidate nella sentenza d’appello) si vede recapitare una pec da parte di Tizia con la quale lo si avvisa della volontà di recuperare le spese dell’esecuzione.
Mi chiedo può farlo? se il giudice nella sentenza d’appello ha determinato le spese sia del primo che del secondo grado e Caia le ha pagate, può ancora pretendere le spese della fase esecutiva minacciando di fare decreto ingiuntivo?
Se l’esecuzione era andata a buon fine ha diritto al rimborso; altrimenti no.
A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato (quale antistatario) in primo grado, mi viene un dubbio di carattere più fiscale che giuridico: il pagamento in mio favore venne effettuato comprensivo di iva e al netto di ritenuta d’acconto. Ora debbo restituire anche l’Iva (nonostante l’impresa soccombente abbia avuto diritto a scaricarla) e anche la R.A. a suo tempo versata dall’impresa soccombente e decurtata dal lordo ? (il mio cliente è un privato).
Grazie
Antonio