Sinistro tra pedone e veicolo: così si individuano le responsabilità

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Ancora una interessante sentenza del Tribunale di Roma (giudice estensore dott. Marco Rossetti), in merito al riparto di responsabilità in caso di incidente stradale verificatosi tra un pedone ed un motoveicolo.

Nella fattispecie la dinamica era così riassunta: il convenuto,alla guida del proprio motociclo, a causa della elevatissima velocità non riusciva ad evitare il pedone che, attraversando la strada dalla sinistra alla destra rispetto al suo senso di marcia, aveva omesso di concedere al motoveicolo la prescritta precedenza.

Questa la motivazione della sentenza, che ha ripartito la responsabilità in misura del 50% a ciascuna delle parti coinvolte.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La dinamica del sinistro del quale è causa deve essere così ricostruita: Ga. Ag., alla guida del proprio motociclo, a causa della elevatissima velocità non riusciva ad evitare il pedone che, attraversando la strada dalla sinistra alla destra rispetto al suo senso di marcia, aveva omesso di concedere al motoveicolo la prescritta precedenza.
2. La ricostruzione che precede si evince dalle prove raccolte nel corso dell’istruzione, e segnatamente:
– dal rapporto redatto dai Vigili Urbani ed allegato agli atti;
– dalla perizia disposta dal Pubblico Ministero nel corso delle indagini preliminari a carico di Ga. Ag., utilizzabile in questa sede quale prova atipica.
Da tali fonti di prova si apprende che:
– il luogo del sinistro è una strada ampia e rettilinea, normalmente illuminata;
– sul luogo del sinistro non vi sono strisce pedonali;
– dopo l’urto e per effetto di esso, il corpo della persona investita è stato sospinto a molti metri di distanza dal punto d’urto (e nulla rileva in questa sede stabilire se tali metri furono 14, come ritenuto dalla polizia municipale, o 30, come ritenuto dal perito del P.M., poiché in ambedue i casi il fatto denoterebbe una velocità non prudenziale del motociclo);
– dopo l’urto e per effetto di esso, il motociclo ha continuato la sua corsa per 17 metri, quindi è caduto al suolo ed ha proseguito a slittare per altri 11 metri, per poi finire contro una barriera laterale, rimando semidistrutto.
Dalla collazione organica di tali elementi si inferisce (ex art. 2727 c.c.) innanzitutto che ciascuna delle due persone coinvolte avrebbe potuto avvistare il sopraggiungere dell’altra; in secondo luogo che Ga. Ag. al momento del fatto teneva una velocità imprudentemente superiore a quella consentita nei centri abitati dall’art. 142 c.d.s., e comunque non rispettosa del generale dovere di prudenza imposto dall’art. 140 stesso codice, in considerazione dell’ora notturna, della presenza di crocevia e di una fermata dei mezzi di trasporto pubblico.
3. Da tali elementi in facto discende in iure che ciascuna delle persone coinvolte nel sinistro ha tenuto una condotta colposa, fornendo un contributo causale al verificarsi dell’evento dannoso.
E’ opportuno ricordare al riguardo che, l’art. 190 comma 5, c.d.s. stabilisce che “i pedoni che si accingono ad attraversare la carreggiata in zona sprovvista di attraversamenti pedonali devono dare la precedenza ai conducenti”.
Ciò tuttavia non vuol dire che il conducente favorito dalla precedenza rispetto al pedone possa disinteressarsi della presenza di quest’ultimo: il successivo art. 191 c.d.s. stabilisce infatti che “sulle strade sprovviste di attraversamenti pedonali i conducenti devono consentire al pedone, che abbia già iniziato l’attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza”.
La giurisprudenza ha tratto dal combinato disposto di queste due norme diversi corollari.
Innanzitutto, il pedone il quale attraversi la carreggiata al di fuori degli attraversamenti pedonali è tenuto ad astenersi dall’iniziare l’attraversamento, o, nel caso di attraversamento già iniziato, a fermarsi ed aspettare, in modo da non costringere i conducenti dei veicoli, anche se questi si trovino in posizione irregolare, a compiere improvvise e pericolose manovre di rallentamento, di arresto e di deviazione; egli è quindi tenuto a rendersi conto, dovendo cedere la precedenza ai veicoli sopraggiungenti, della direzione e della velocità di essi e a regolare la propria condotta (anche tenendosi a congrua distanza da ostacoli che impediscano l’avvistamento) in modo da non venire a trovarsi pericolosamente sulla loro traiettoria, anche se essi procedano in violazione di norme di legge o di quelle di comune prudenza (Pret. Macerata-Civitanova Marche, 28-10-1996, in Arch. circolaz., 1997, 448; Giud. pace Milano, 13-11-1996, in Giudice di pace, 1997, 100; Giud. pace Perugia, 29-06-1996, in Rass. giur. umbra, 1996, 708).
Tuttavia, perché il suddetto comportamento del pedone possa ritenersi causa esclusiva del sinistro, e possa essere del tutto esclusa la colpa concorrente dell’automobilista, è necessario che la condotta del pedone sia stata talmente scorretta da porsi quale unico antecedente causale del sinistro: il che accadde, ad esempio, quando il pedone tenga una condotta imprevedibile ed anormale, apparendo all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza (Cass. 16.6.2003 n. 9620; Cass., sez. III, 23-08-1997, n. 7922, in Arch. circolaz., 1997, 879; nello stesso senso, Cass., sez. III, 29-07-1993, n. 8451, in Foro it. Rep. 1993, voce Circolazione stradale, n. 165).
Ma ove non possa ritenersi che il pedone sia imprevedibilmente e repentinamente parato dinanzi alla traiettoria del veicolo, resta il fatto che l’automobilista è pur sempre gravato dalla presunzione di cui all’art. 2054 co. I c.c., presunzione che non può essere vinta dalla semplice dimostrazione che il pedone ha violato una delle norme del codice della strada, omettendo di concedere la precedenza ai veicoli in transito. A questo riguardo ha osservato la S.C. che l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo, quale che sia la gravità della colpa, non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, 1° comma, c.c., e dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Da ciò deriva che anche nel caso in cui il pedone il quale intenda attraversare la strada, là dove manchino le strisce pedonali, ometta di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungono ed inizi l’attraversamento distrattamente, è configurabile una concorrente responsabilità del conducente il veicolo investitore, ove risulti che questi abbia tenuto una velocità eccessiva o, comunque, non adeguata alle circostanze di tempo o di luogo, e non abbia rallentato o non abbia arrestato la marcia del veicolo (così Cass., sez. III, 21-04-1995, n. 4490, in Foro it. Rep. 1995, voce Circolazione stradale, n. 169; nello stesso senso, Cass., sez. III, 07-07-1994, n. 6395, in Arch. circolaz., 1994, 1047; Cass., sez. III, 02-12-1993, n. 11928, in Arch. circolaz., 1994, 387; Cass., sez. III, 23-07-1993, n. 8226, in Resp. civ., 1994, 54; Cass., sez. III, 20-05-1993, n. 5732, in Foro it. Rep. 1993, voce Circolazione stradale, n. 163; Cass., 01-10-1990, imp. Savi, in Giust. pen., 1991, II, 309; Cass., 10-10-1989, imp. Paolucci, in Arch. circolaz., 1990, 502; Cass., 22-05-1987, imp. Terzi, in Riv. pen., 1988, 300; Cass., 13-05-1987, n. 4370; Cass., 29-04-1986, imp. Tusa, in Arch. circolaz., 1987, 202; per la giurisprudenza di merito, in senso conforme, si vedano Trib. Ravenna, 13-03-1990, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1991, 85; Pret. Firenze, 06-06-1989, imp. Semmola, in Arch. circolaz., 1990, 607; Trib. Roma 17.7.1998, in Giurispr. romana, 1999, 132).
In definitiva, dunque, per “diritto vivente” la giurisprudenza è orientata ritenere che:
(a) il pedone può essere ritenuto responsabile esclusivo del sinistro soltanto quando si pari improvvisamente ed imprevedibilmente dinanzi a traiettoria del veicolo;
(b) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone non è di per sé sufficiente a ritenere la colpa esclusiva di quest’ultimo;
(c) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone è però sufficiente a ritenere un concorso di colpa del pedone stesso, ex articolo 1227 c.c., nella causazione del sinistro (per la giurisprudenza del distretto, nello stesso senso, Trib. Roma 13.10.1999, in Giurispr. romana, 2000, 156; App. Roma, 18-12-1998, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1999, 344; Trib. Latina 13.3.1997, in Giurispr. romana, 1998, 170).
3.1. In applicazione di questi princìpi, la responsabilità nella causazione del sinistro del quale è causa va ascritta concorsualmente:
– ad A. A., per avere colposamente violato l’art. 190, comma 5, c.d.s.;
– a Ga. Ag., per avere colposamente violato gli artt. 140, 141, comma 3, e 142, comma 1, c.d.s..
Tenuto conto della natura equivalente delle norme da ciascuno dei conducenti violate, della eguale pericolosità della condotta sia di chi si pone alla guida di un veicolo a motore, sia di chi attraversa una strada senza prestare la dovuta attenzione, della utilità della rispettiva condotta alternativa corretta, la misura della responsabilità nella causazione del sinistro va fissata nella misura del 50% a carico di Ga. Ag., e nella misura del restante 50% a carico di A. A..


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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