La mescolanza dei motivi nel ricorso per cassazione

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Quando mi capita di fare le supervisioni noto che molto spesso i motivi vengono “mescolati”, in particolare i motivi di cui al n. 3 e al n. 5.

In buona sostanza, il vizio di legge viene prospettato anche come omesso esame di un fatto decisivo.

E’ bene però ricordare che una stessa questione non può essere al tempo stesso censurata come vizio di legge e come omesso esame in quanto ontologicamente diverse. In particolare, quando si censura la violazione della norma di diritto, ma in particolare la sua falsa applicazione, si sta dicendo qualcosa del genere: “il giudice ha fondato la sua decisione sui fatti A, B e C. Ebbene, proprio sulla base di questi fatti avrebbe dovuto applicare/non applicare quella norma giuridica”.

Al contrario, quando si deduce il vizio di cui al n. 5 si sta dicendo qualcosa del genere: “il giudice ha applicato/non applicato quella norma in quanto non ha ricostruito correttamente il fatto, avendo omesso di esaminare questo fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti”.

Come si vede, nel primo caso la violazione della norma di diritto è immediata; nel secondo caso, invece, è mediata dalla diversa ricostruzione del fatto.

Sulla “mescolanza” dei motivi, leggiamo Cass. 6807/2019:

“Il motivo è inammissibile per la inestricabile mescolanza di vizi eterogenei, quali violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi, senza la formulazione di circostanziate censure avverso specifiche statuizioni della sentenza impugnata.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, è inammissibile la mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma e vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione, o l’omesso esame di un fatto.

Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo ed il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle doglianze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse. (Cass. 19443/2011).

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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Un commento:

  1. Angelo

    Salve, si dimentica evidenziare il travisamento della consulenza ctu secondo l’art 395 cpc…e quando non è argomento di discussione tra le parti….saluti



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