Come va dedotta la violazione di legge nel ricorso per cassazione

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In Cass. 21861/2019 troviamo esplicitato come va dedotto il motivo che censura il vizio di legge.

1.3. Nella parte in cui lamenta la violazione degli articoli 1467 c.p.c. e 183 c.p.c. il motivo è, del pari, inammissibile per totale mancanza d’una intelligibile illustrazione.

Gioverà ricordare, al riguardo, che un ricorso per cassazione è un atto nel quale si richiede al ricorrente di articolare un ragionamento sillogistico così scandito:

(a) quale sia stata la decisione di merito;

(b) quale sarebbe dovuta essere la decisione di merito;

(c) quale regola o principio sia stato violato, per effetto dello scarto tra decisione pronunciata e decisione attesa.

Nel nostro caso, a parte qualsiasi rilievo sulla consequenzialità e sulla coerenza logica della tecnica scrittoria adottata dalla difesa del ricorrente, resta il fatto che nelle deduzioni svolte alle pp. 8-17 del ricorso per cassazione proposto dalla Pubblieffe non è ravvisabile alcuna chiara censura.

Sul piano contenutistico, la ricorrente si è limitata a trascrivere ad litteram il proprio atto d’appello (pp. 8-16 del ricorso), per poi giustapporvi generiche doglianze sul fatto che la Corte avrebbe “macroscopicamente violato l’art. 1467 c.c.”, senza nemmeno riassumere l’iter logico della sentenza impugnata.

Sul piano dell’analisi del periodo, in buona sostanza la ricorrente ha riproposto a questa Corte le censure proposte con l’atto d’appello avverso la sentenza di primo grado. Il che propriamente non può dirsi una censura alla sentenza d’appello.

Sul piano della logica formale, poi, la società ricorrente non spiega in alcun punto del suo primo motivo in cosa sia consistito l’errore, e quale la diversa regola da applicare.

Un ricorso così concepito non può che dirsi inammissibile per totale aspecificità. Questa Corte, infatti, può conoscere solo degli errori correttamente censurati, ma non può rilevarne d’ufficio, né può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con tecnica scrittoria oscura, come già ripetutamente affermato da questa Corte (da ultimo, in tal senso, Sez. 3, Ordinanza n. 11255 del 10.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 10586 del 4.5.2018; Sez. 3, Sentenza 28.2.2017 n. 5036).

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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Un commento:

  1. Angelo

    Salve, si dimentica evidenziare il travisamento della consulenza ctu secondo l’art 395 cpc…e quando non è argomento di discussione tra le parti….saluti



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