Onere della prova: qualcosa sta cambiando

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Ieri abbiamo visto come il meccanismo dell’onere della prova sia (apparentemente) chiarito dalla norma del codice civile (art. 2697 c.c.):

  • chi propone una domanda ha l’onere di dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento;
  • chi solleva una eccezione ha l’onere di dimostrare i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi a sostegno dell’eccezione.

Eppure qualcosa sta cambiando. Sempre più spesso si sente parlare di “vicinanza della prova”, o di “distribuzione in senso conforme alla realtà dell’esperienza positiva”, di ripartizione conforme al principio costituzionale del diritto di difesa e in particolare del principio di non rendere troppo difficile il diritto di azione.

Non solo. La giurisprudenza sempre più spesso si affida ad una impostazione “punitiva” dell’onere della prova nel senso che se la parte (non onerata) ha avuto un comportamento tale da rendere difficile o impossibile per l’altra provare i fatti, si presume che il fatto dedotto dalla parte (onerata) si sia verificato. Tipico il caso della cartella clinica lacunosa o addirittura smarrita.

E allora? Allora significa che anche in tema di onere della prova molto sta cambiando. Vi lascio con queste massime:

L’onere della prova dev’essere ripartito, oltrechè secondo la descrizione legislativa della fattispecie sostanziale controversa, con l’indicazione dei fatti costitutivi e di quelli estintivi o impeditivi del diritto, anche secondo il principio della riferibilità o vicinanza, o disponibilità del mezzo; principio riconducibile all’art. 24 Cost., che connette al diritto di azione in giudizio il divieto di interpretare la legge tendendone impossibile o troppo difficile l’esercito (Cass, Sez. un. 30 ottobre 2001 n. 13533 e 10 gennaio 2006 n. 141). Ed è evidente come gli elementi di competitività di cui le imprese dispongono nonché i risultati economici legati all’andamento dell’impresa (così la ricorrente) possano essere noti all’imprenditore e non anche al lavoratore, con la conseguenza che il primo dev’essere onerato della prova negativa. Cass. 20484/2008

8.1 Tale dato relativo alle patologie in corso, peraltro, doveva già emergere dai dati anamnestici prossimi e dagli accertamenti ematici di laboratorio, cui il paziente doveva essere sottoposto prima dell’intervento chirurgico e della trasfusione; dati che dovevano essere riportati sulla cartella clinica.
A tal fine va condiviso l’orientamento giurisprudenziale (Cass. 21.7.2003, n. 11316; Cass. 23.9.2004, n. 19133), secondo cui la difettosa tenuta della cartella clinica naturalmente non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta dei medici e la patologia accertata, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocarla, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova ed al rilievo che assume a tal fine la “vicinanza alla prova”, e cioè la effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla. Cass. S.U. 577/2008

4.3.- Quanto alla pretesa disapplicazione dell’art. 2697 cod. civ. che deriverebbe dal ritenere presunta (ma, rectius, normale) una modalità di impiego del denaro tale da consentire al creditore di sottrarsi agli effetti della svalutazione, è stato da tempo chiarito come, in definitiva, è nel rapporto tra normalità ed anormalità, tra regola ed eccezione che si rinviene il criterio teorico pratico della ripartizione dell’onere della prova, il quale non costituisce un istituto giuridico in sé concluso, ma un modo di osservare l’esperienza giuridica. E la giurisprudenza ha quindi fatto ricorso, tutte le volte che il modello legale prefissato non risultava appagante in relazione alle posizioni delle parti riguardo ai singoli temi probatori, allo schema della presunzione in modo talora così tipico e costante da creare, in definitiva, vere e proprie regole di giudizio. Col risultato non già di invertire l’onere della prova, ma di distribuirlo in senso conforme alla realtà dell’esperienza positiva.
Ebbene, è senz’altro conforme alla realtà dell’esperienza positiva che il denaro sia speso in relazione alla sua primaria destinazione allo scambio, ovvero impiegato in rassicuranti forme remunerative tali da garantire un rendimento superiore al tasso di inflazione, qual è quello dei titoli di stato, costantemente eccedente l’incremento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevati dall’Istat. Cass. S.U. 19499/2008

A ciò aggiungasi che questa Corte ha ripetutamente affermato che la distribuzione dell’onere della prova deve tener conto, oltre che della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi o impeditivi del diritto, anche del principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, perchè la copertura costituzione di cui gode il diritto di agire in giudizio a tutela delle proprie posizioni soggettive (art. 24 della Carta fondamentale del nostro Stato), impone di non interpretare la legge in modo da renderne impossibile o troppo difficile l’esercizio (confr. Cass. civ. 25 luglio 2008, n. 20484). Cass. civ. 10744/2009

La lacunosa formazione della cartella clinica non vale a escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa del medico in relazione alla patologia accertata e i postumi, ove risulti provata l’idoneità di tale condotta a provocarli, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova e al rilievo che assume a tal fine la vicinanza alla prova, e cioè l’effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla. Trib. Roma 396/2008


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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Un commento:

  1. Guido de Rossi

    Preg,mo Collega,
    Ho letto con particolare interesse i Suoi pregevoli rilievi, ma devo dirLe che la sentenza della III Sezione Civile della Corte di Cassazione da Lei citata (la n. 10060 del 24 aprile 2010) si riferisce ad altra e diversa fattispecie, inerente al risarcimento danni da colpa medica.
    Si tratta ad ogni evidenza di un mero lapsus calami, per cui Le sarei particolarmente grato se mi comunicasse con cortese urgenza data e il numero esatti dell’arresto giurisprudenziale con cortese urgenza, dovendo richiamarlo in una memoria difensiva che devo depositare nei prossimi giorni.
    La ringrazio, e lieto dell’incontro professionale, La saluto cordialmente.
    Avv. Guido de Rossi



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