La Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che l’allegazione, nel ricorso per cassazione, di un mero dissenso scientifico, che non attinga un vizio nel processo logico seguito dalla Corte territoriale, si traduce in una inammissibile domanda di revisione nel merito del convincimento del giudice (tra le molte, cfr. Cass. sez. I, sent. 9.1.2009, n. 282).
La Cassazione ha peraltro avuto recentemente occasione di confermare che, “in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti, onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità”, Cass. sez. 1, sent. 3.6.2016, n. 11482. A questi precisi canoni di contestazione non si è attenuto l’odierno ricorrente.
In tema di consulenza tecnica d’ufficio in materia medica, può ancora specificarsi, la parte la quale intenda proporre censure avverso l’adesione del giudice del merito alle conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico, ha l’onere di evidenziare quale sia la palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica in cui il consulente sarebbe incorso, indicando il fondamento scientifico della propria affermazione (cfr. Cass. sez. L, sent. 25.8.2005, n. 17324), potendo inoltre indicare eventuali accertamenti strumentali omessi che avrebbero invece dovuto considerarsi imprescindibili per una corretta diagnosi, anche in questo caso provvedendo ad indicare il fondamento scientifico della propria prospettazione (in senso analogo, cfr. Cass. sez. 3, sent. 18.9.2015, n. 18307).
Tutto ciò è stato ribadito di recente da Cass. 15201/2017.
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