PCT: deposito telematico in luogo di deposito cartaceo e viceversa, quid juris?

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La domanda è ricorrente: cosa accade se deposito un atto introduttivo in forma telematica, anziché cartacea (là dove il tribunale non sia autorizzato con provvedimento del D.G.S.I.A. ex art. 35 D.M. 44/2011)?

Oppure: cosa accade se deposito in forma cartacea un atto endoprocessuale?

Mi pare che le risposte debbano essere diverse, per le seguenti ragioni.

L’art. 16-bis del d.l. 179/2012 stabilisce che il deposito degli atti endoprocessuali deve avvenire “esclusivamente” con modalità telematiche. L’avverbio “esclusivamente” rende la norma derogatoria rispetto al principio della libertà delle forme nel processo civile (art. 121 cpc), con la conseguenza che il deposito carteceo, in luogo di quello telematico, rende l’atto nullo e non sanabile.

Un’interpretazione non draconiana decreterebbe, oltretutto, non dico la morte, ma la messa in malattia del PCT. Difatti, se si ammettesse il raggiungimento dello scopo del deposito cartaceo in regime di obbligatorietà di quello telematico, ben presto tutti coloro che hanno in odio il PCT riprenderebbero i depositi in forma tradizionale.

Non è questo ciò che ha voluto il legislatore, come si ricava dalla lettura dell’art. 16-bis.

Diversa, invece, l’ipotesi inversa. Nessuna norma stabilisce che gli atti introduttivi si debbano depositare “esclusivamente” in forma cartacea. Anzi, il fatto che alcuni tribunali siano autorizzati a riceverli telematicamente, rende evidente che la ratio della disposizione è tecnico-particolare (cioè del singolo ufficio, come peraltro si ricava dall’art. 35 del DM 44/2011). Indi per cui, se un tribunale non autorizzato ha ricevuto l’atto introduttivo telematico e il cancelliere lo ha accettato e quindi inserito nel fascicolo informatico, non si vede come negare il raggiungimento dello scopo, come correttamente affermato dal Tribunale di Vercelli. Mentre se il cancelliere (a torto o a ragione) non lo ha accettato, l’atto non ha raggiunto il suo scopo e, quindi, mi pare, non resta che la rimessione in termini ex art. 153 cpc.

DOMANDA: sembra che una parte della dottrina sia orientata verso la nullità dell’atto introduttivo telematico anche in presenza di decreto DGSIA in quanto un decreto dirigenziale non può porsi al di sopra di un Decreto Legge. Che ne pensi?

RISPOSTA: A mio (modestissimo) parere la tesi avversaria si pone in contrasto con i canoni ermeneutici previsti dall’art. 12 delle disp. prelim. al c.c. Difatti, come abbiamo visto, il d.l. 179/2012 non obbliga le parti a depositare gli atti introduttivi nella forma tradizionale. L’unico obbligo riguarda gli atti endoprocessuali. Quindi si tratta di una interpretazione che va oltre il significato proprio delle parole.

Non c’è poi una consecutio logica in questa affermazione (sposata da una parte della giurisprudenza): “poichè il legislatore ha previsto l’obbligo del deposito telematico degli atti endoprocessuali, allora gli atti introduttivi devono essere obbligatoriamente depositati in forma tradizionale”. Credo che non ci sia bisogno di scomodare Aristotele per negare validità al sillogismo.

D’altra parte, che il legislatore non abbia escluso gli atti introduttivi tout court è dimostrato dal procedimento per decreto ingiuntivo che, invece, deve essere obbligatoriamente depositato in forma telematica. Ancora una volta, questa disposizione dimostra che il diverso regime si fonda solo su motivazioni di carattere tecnico e non, per così dire, “ideologiche”.

Il legislatore ha semplicemente adottato un piano graduale di implementazione del PCT (come dimostrano le varie tappe).

Se proprio vogliamo dirla tutta, anch’io ritengo che allo stato attuale non si può affermare la natura, sempre per così dire, “costitutiva” del provvedimento D.G.S.I.A., ma semmai “dichiarativa”. In altre parole, non è certamente l’assenza del provvedimento che può decretare ex ante l’inammissibilità del deposito, atteso che: a) vige il regime della libertà delle forme art. 121; b) nessuna norma vieta il deposito di atti introduttivi telematici; c) l’ordinamento prevede procedimenti da depositare ab initio telematicamente; d) nessuna nullità può essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo ex art. 156. Sicchè, dal mio punto di vista, il provvedimento del D.G.S.I.A., ove esistente, impedisce tout court di ritenere irrituale il deposito, mentre ove mancante l’indagine va condotta sul campo.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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Un commento:

  1. Raffaele pepe

    Buona sera, perchè un intervento del ministero, visto che citi una circolare esplicativa, comunque non vincolante e poi il cancelliere può sbagliare come altri, come in questo caso. Brevemente e senza formalità, ma a mani, a mio avviso il cancelliere e direttamente interprete delle norme che si riferiscono alla sua attività, e ne risponde in caso di errori. Poi tornando al processo telematico, basta riferirsi alle norme processuali già vigenti per farsene una ragione. Sostituire lo sportello di accettazione degli atti cartacei con quello telematico è a mio avviso dà più certezze è garanzie alle parti private e pubbliche. Ecco perchè. L’atto cartaceo con firma autografa e mandato con autentica, depositato in cancelleria da chiunque, indicava con una certa certezza la provenienza dell’atto dal tale avvocato, ma il cancelliere non poteva certo sindacare l’autenticità della sottoscrizione del procuratore. Se l’avvocat fosse lui o altri non interessava bastava la forma eventuali abusi sarebbero stati contestati a futura memoria. I’atto depositato nella disponibilità del Cancellire che verificata la presenza dei requisiti formali garantiva il contraddittorio, con l’inserimento nel fascicolo processuale. Ora cosa accade? Esattamente questo: l’atto processuale, introduttivo o altro, a mio avviso non ha importanza, è frmato con firma digitale che garantisce la sottoscrizione, lo invia lo stesso con posta certificata che garantisce il mittente all’indirizziìo del cancelliere destinatario, che è proprio lui, del giudice a cui si riferisce la procedura, lo stesso l’accetta e quindi,l’innserisce nel fascicolo, garantrendo il contraddittorio ecc. il resto e mancia. Poi se qualcuno non conosce del proprio mestiere, capita in tutte le categorie cancellieri compresi, e avvocati naturalmente esclui. Da ultimo, sul procedimento per D.I. che è previsto solo nella modalità telematica, nessuna obbiezione, eppure si tratta di una procedura altamente invasiva, direbbero i medici, che può portare all’emissione di un titolo immediatamente esecutivo. Si pensi al tempo necessario al debitore per avere gli atti in originale, ovvero una sospensiva contestanto semplicemente che gli atti sono falsi o altro, invece per la citazione che non prevede alcun atto immdiatamente esecutivo si cercano tante obbiezioni che non stanno ne in cielo, ma soprattutto nel codice di procedura civile ovvero non accampano alcuna violazione di norme processuali.Un saluto cordiale anonimo cancelliere di tribunale



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