L’indicazione degli atti e dei documenti nel ricorso per cassazione

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Ancora un caso di inammissibilità di un ricorso per cassazione a causa (certamente) del formalismo che caratterizza questo tipo di giudizio, ma anche della imperizia di certi avvocati.

Nel caso di specie, la Corte osserva che la parte ricorrente non ha in nessun punto del ricorso indicato in quale fase processuale di merito erano stati depositati gli atti indicati (progetto e provvedimento amministrativo), nè a quale fascicolo fossero stati allegati, e con quale eventuale numero d’indice. Inoltre e soprattutto nel ricorso non si fornisce l’indicazione del se e dove i suddetti atti sarebbero stati prodotti nel giudizio di legittimità, anche ai diversi effetti di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che la Corte non è stata messa nelle condizioni di poterli esaminare. Nè, infine, del contenuto di tali atti è stato riprodotto, anche indirettamente o per riassunto, nel ricorso.

Le suddette indicazioni, come ripetutamente affermato dalla Corte, costituiscono un onere c.d. “di contenuto-forma”, il cui mancato assolvimento rende inammissibile il ricorso (ex multis, da ultimo, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22607 del 24/10/2014; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. U, Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010; Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008).

Per quanto attiene, infine, alla consulenza tecnica d’ufficio eseguita nella fase di merito, nel ricorso non vi è cenno alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio della Corte d’appello, così come stabilito da Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011.

 

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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 27/04/2017, dep.19/10/2017), n. 24653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17666/2015 proposto da:
GE.IMM 2000 DI M. R & C SAS, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SEBINO 11, presso lo studio dell’avvocato ……
– ricorrente –
contro
U.M., elettivamente domiciliato in ROMA, ….
– controricorrente –
e contro
COMUNE DI MONTEROTONDO, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE FRACASSINI 18, presso
lo studio dell’avvocato …..
– controricorrente –
contro
GENERALI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 16/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 07/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 27/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2000 la società GEIMM 2000 di M. R. & C. s.a.s. (d’ora innanzi, per brevità, “la Geimm”) convenne dinanzi al Tribunale di Roma il Comune di Monterotondo e l’ingegnere U.M., dirigente dell’Ufficio Tecnico del medesimo Comune, esponendo:
– di avere presentato al Comune di Monterotondo, nel 1996, due diverse istanze per ottenere una concessione edilizia;
– tutte e due le istanze vennero rigettate: la prima in applicazione della “normativa di salvaguardia” della Regione Lazio; la seconda per la previsione nel progetto di un eccesso di volumetria;
– tutti e due i provvedimenti negatori dell’autorizzazione vennero annullati dal TAR del Lazio con sentenza n. 5285 del 2001;
– nelle more del giudizio svoltosi dinanzi al giudice amministrativo, le competenti autorità amministrative approvarono una variante al Piano Regolatore Generale, per effetto della quale l’area sulla quale la Geimm avrebbe voluto edificare l’immobile mutò destinazione urbanistica, e divenne inedificabile.
La Geimm chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della perduta possibilità di costruire l’immobile.
2. Il Tribunale di Roma negò la propria giurisdizione sulla domanda proposta dalla Geimm; la Corte d’appello di Roma tuttavia, accogliendo l’appello di quest’ultima, con sentenza n. 8938 del 2003 affermò la giurisdizione del giudice ordinario, e rimise le parti dinanzi al Tribunale di Roma.
Riassunto il giudizio, il Comune di Monterotondo chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la Assitalia s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Generali s.p.a.).
3. Con sentenza n. 11539 del 2008 il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo insussistente sia la colpa della pubblica amministrazione, sia il nesso di causa tra la condotta di questa ed il danno, in quanto il progetto ad essa presentato non poteva comunque essere autorizzato.
4. La decisione, appellata ancora una volta dalla Geimm, venne confermata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza 7.1.2015 n. 16. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello motivò il rigetto del gravame coi seguenti argomenti:
(a) il diniego della concessione edilizia era stato annullato dal TAR per difetto di motivazione, il che non impediva all’amministrazione di reiterare il diniego;
(b) il progetto della Geimm non era comunque autorizzabile, perchè:
(b1) non prevedeva l’ascensore, che invece era imposto dalla legge sulle barriere architettoniche;
(b2) il progetto “sconfinava” per un tratto nel lotto confinante;
(c) ergo, la Geimm nessun danno aveva subito, perchè aveva una “mera aspettativa”, e non un interesse legittimo, all’approvazione del progetto.
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Geimm, con ricorso fondato su un motivo.
Hanno resistito con controricorso il Comune di Monterotondo e U.M., i quali hanno altresì depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso la Geimm lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2043 c.c..
Deduce la Geimm che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che il proprio progetto edilizio, anche se il PRG non fosse mutato nelle more del giudizio amministrativo, comunque non poteva essere approvato.
Sostiene al riguardo che:
– “le obiezioni (al progetto) opposte dall’Amministrazione non avrebbero potuto relegare al rango di mera aspettativa il diritto edificatorio insistente sull’area della ricorrente”;
– la Corte d’appello aveva richiamato a fondamento della propria sentenza decisioni di legittimità le quali avevano ad oggetto un caso ben diverso, ovvero il rigetto di istanze edificatorie che comunque non potevano essere accolte per inedificabilità del lotto, non per mende del progetto;
– la Geimm era proprietaria di un lotto edificabile, e dunque anche se il suo progetto edificatorio fosse stato in parte difforme dalle prescrizioni urbanistiche, essa avrebbe potuto sempre emendarlo;
– in ogni caso se l’Amministrazione comunale, nel rigettare l’istanza edificatoria della Geimm, avesse compiutamente motivato il proprio provvedimento ed indicato le ragioni che ostavano all’accoglimento di essa, la Geimm avrebbe potuto modificare il proprio progetto, e costruire l’immobile prima che fosse mutato il PRG e l’area divenisse inedificabile;
– la Corte d’appello quindi, dinanzi ad una condotta palesemente colposa della p.a., non ne aveva tratto le debite conseguenze in iure.
2. Il Collegio ritiene, in dissenso rispetto alla proposta di decisione, che il merito dell’impugnazione non possa essere esaminato, in quanto il ricorso è inammissibile.
La ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 2043 c.c., perchè pur avendo accertato in facto una condotta colposa dell’amministrazione comunale, ha escluso in iure la sussistenza della responsabilità aquiliana.
L’affermazione secondo cui la Corte d’appello ha accertato in facto la colpa della p.a., senza trarne le debite conseguenze, è doglianza che assume un erroneo giudizio, da parte della Corte d’appello, fondandolo su vani atti:
(a) il contenuto del progetto per il quale la Geimm richiese l’autorizzazione;
(b) il provvedimento amministrativo di rigetto dell’istanza edificatoria;
(c) la consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado.
Quelli appena indicati, in quanto atti dedotti a fondamento del motivo di ricorso, avrebbero dovuto essere indicati dalla parte ricorrente n modo specifico, così come prescritto a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6.
2.1. Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha in nessun punto del ricorso indicato in quale fase processuale di merito siano stati depositati gli atti indicati nel precedente p. 2 ai punti (a) e (b), nè a quale fascicolo fossero stati allegati, e con quale eventuale numero d’indice. Inoltre e soprattutto nel ricorso non si fornisce l’indicazione del se e dove i suddetti atti sarebbero stati prodotti in questo giudizio di legittimità, anche ai diversi effetti di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che questa Corte non è messa nelle condizioni di poterli esaminare. Nè, infine, del contenuto di tali atti è stato riprodotto, anche indirettamente o per riassunto, nel ricorso.
Le suddette indicazioni, come ripetutamente affermato da questa Corte, costituiscono un onere c.d. “di contenuto-forma”, il cui mancato assolvimento rende inammissibile il ricorso (ex multis, da ultimo, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22607 del 24/10/2014; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. U, Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010; Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008).
Per quanto attiene, infine, alla consulenza tecnica d’ufficio eseguita nella fase di merito, nel ricorso non vi è cenno alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio della Corte d’appello, così come stabilito da Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.
3.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna Geimm 2000 di M. R. & C. s.a.s. alla rifusione in favore del Comune di Monterotondo delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;
(-) condanna Geimm 2000 di M. R. & C. s.a.s. alla rifusione in favore di U.M. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Geimm 2000 di M. R. & C. s.a.s. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 27 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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2 commenti:

  1. Paola

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