Morte dopo breve lasso di tempo: il danno morale non può essere liquidato in caso di coma

Mirco Minardi

C’era da aspettarselo. Scrivevano le Sezioni Unite nella sentenza 26972/2008:

… il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine. Viene così evitato il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall’evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita (sent. n. 1704/1997 e successive conformi), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, al quale lo commisura (sent. n. 6404/1998 e successive conformi). Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione.

Il principio viene ora ripreso da Cass. civ. 28423/2008 che scrive:

3.1. Con la citata sentenza n. 26972/08 le sezioni unite di questa corte hanno ritenuto che, in caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia è autonomamente risarcibile non come danno biologico ma come danno morale nella sua ampia accezione. Ma tanto presuppone che “sofferenza psichica” vi sia stata e, dunque, che la vittima sia stata in condizioni tali da percepire il proprio stato (il che va escluso in caso di coma immediatamente conseguito all’evento dannoso), com’è reso evidente dal riferimento, nella menzionata sentenza, ad un caso nel quale la vittima era, appunto, “rimasta lucida durante l’agonia” (paragrafo 3.2. della motivazione).
Dalla sentenza impugnata non risulta che questo fosse il caso, nè il ricorrente sostiene che la circostanza era stata invece allegata e provata, come sarebbe stato suo onere (cfr., ancora, la più volte menzionata sentenza delle sezioni unite, sub 4.10), o che ne fosse stato domandato lo specifico accertamento anche a mezzo di consulenza tecnica.
Il motivo di censura non si presta dunque ad essere accolto.

Dunque, in tanto vi può essere danno morale, in quanto il defunto sia rimasto cosciente.


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Mirco Minardi

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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