Presunzioni, massime di esperienza, congetture (estratto da Cass. 6387/2018)

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<<Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale, colui che agisce (per l’adempimento o per la risoluzione del contratto o) come nella specie per il risarcimento del danno deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero del fatto impeditivo o modificativo (cfr. Cass., Sez Un., 30/10/2001, n. 13533).

La Corte ha già avuto modo di affermare in materia di locazione immobiliare che ai sensi dell’art. 1590 c.c. il conduttore ha l’obbligo di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l’aveva ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della stessa in conformità del contratto.

Si è altresì precisato che l’inadempimento o l’inesatto adempimento di tale obbligazione è invero di per sè un illecito, ma non obbliga l’inadempiente al risarcimento se in concreto non ne è derivato un danno al patrimonio del creditore, con la conseguenza che il conduttore non è obbligato al risarcimento se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in conformità del contratto, per particolari circostanze non ne è derivato un danno patrimoniale al locatore (v. Cass., 14/8/2014, n. 17964; Cass., 21/2/2013, n. 4352; Cass., 8/3/2007, n. 5328; Cass., 16/11/2005, n. 23086; Cass., 11/5/2005, n. 9872; Cass., 7/10/1996, n. 8751).

In tal caso, incombe al locatore, che i danni pretende, fornire la prova del fatto costitutivo del vantato diritto (Cass., 8/3/2007, n. 5328. E già Cass., 19/7/1957, n. 3045), e cioè il deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione dell’immobile, essendo quindi onere del conduttore dimostrare il fatto impeditivo della sua responsabilità, che il deterioramento si è verificato per uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile.

La prova del fatto costitutivo della pretesa può essere peraltro dal locatore data anche per presunzioni, che costituiscono un mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei mezzi di prova e dunque non “più debole” della prova diretta o rappresentativa, ben potendo le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez., Un., 11/11/2008, n.26972; Cass., Sez, Un., 24/3/2006, n. 6572, Cass., 12/6/2006, n. 13546, Cass., 6/7/2002, n. 9834), in quanto trattasi di una “prova completa”, sulla quale può anche unicamente fondarsi il convincimento del giudice (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546. E già Cass., 22 luglio 1968, n. 2643).

A tale stregua, la presunzione solleva la parte che ex art. 2697 c.c., sarebbe onerata di provare il fatto previsto che, come posto in rilievo in dottrina, deve considerarsi provato ove provato il “fatto base” (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546).

Quando ammessa, la presunzione, in assenza di prova contraria, impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546).

Anche nella giurisprudenza di legittimità si è con riferimento alla prova per presunzioni semplici sottolineato che, nel dedurre dal fatto noto quello ignoto il giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546). Non occorre cioè che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva (in tal senso v. peraltro Cass., 6/8/1999, n. 8489; Cass., 23/7/1999, n. 7954; Cass., 28/11/1998, n. 12088), ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza (v. Cass., 23/3/2005, n. 6220; Cass., 16/7/2004, n. 13169; Cass., 13/11/1996, n. 9961; Cass., 18/9/1991, n. 9717; Cass., 20/12/1982, n. 7026), basate sull’id quod plerumque accidit (v. Cass., 30/11/2005, n. 6081; Cass., 6/6/1997, n. 5082).

In presenza dell’allegazione il giudice deve quindi ritenere, sulla base della presunzione fondata essenzialmente sulla tipicità di determinati fatti alla stregua della regola di esperienza di tipo statistico, provati gli effetti che da tale fatto normalmente derivano, avendo riguardo ad una “apparenza” basata sul tipico decorso degli avvenimenti.

Incombe quindi alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546).

La valutazione degli indizi costituisce infatti un giudizio di fatto, come tale rimesso al giudice di merito che ben può nel suo apprezzamento liberamente valutarli – quand’anche trattisi di atti di parte – come idonei alla dimostrazione di un fatto determinato e porli, in concorso o meno con altri elementi significativi, a base del proprio convincimento (cfr. Cass., 15/3/2006, n. 5645; Cass., 17/11/2003, n. 17371; Cass., 30/5/2002, n. 7935; Cass., 14/2/2002, n. 2124; Cass., 26/10/2001, n. 13213. Cfr. altresì Cass., 28/6/2010, n. 15383; Cass., 28/4/2004, n. 8126).

Siffatto apprezzamento è invero incensurabile in sede di legittimità (solo) in presenza di motivazione congrua, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (cfr. Cass., 8/3/2007, n. 5332; Cass., 23/1/2006, n. 1216; Cass., 19/3/2002, n. 3974).

Le differenti possibili valutazioni degli indizi attengono dunque al piano dell’apprezzamento di merito, e sono incompatibili con il giudizio di legittimità, a questa Corte spettando soltanto la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute (senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti) nonchè il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie.

Siffatto controllo non può peraltro spingersi fino a sindacarne la scelta, dovendo questa S.C. limitarsi a verificare che il giudice di merito non abbia con le massime di esperienza confuso quelle che sono invece delle mere congetture.

Come questa Corte ha già avuto modo di porre il rilievo, le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari (v. Cass., 27/7/2017, n. 18665).

Costituisce invece una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (v. Cass., 27/7/2017, n. 18665).

Dell’esercizio dei suoi poteri il giudice è in ogni caso tenuto a dare debitamente conto, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, non essendogli consentito pervenire ad apodittiche ed immotivate conclusioni (cfr., da ultimo, Cass., 21/12/2017, n. 30656).

Fornita la prova – anche per presunzioni – dei fatti costitutivi della domanda da parte del locatore, è quindi al conduttore convenuto che incombe – come detto – di dare la prova del fatto impeditivo, modificativo o estintivo>>.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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