E’ legittima la condanna del giudice d’appello alle spese del giudizio di primo grado, in caso di contumacia della parte poi risultata vittoriosa in appello?

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Il caso è semplice. In primo grado vince Tizio nella contumacia di Caio, il quale appella la decisione che viene riformata. Ma la Corte d’appello non si limita a riconoscere il bene della vita a Caio, ma anche a liquidargli le spese di primo grado, nonostante fosse stato contumace, seppure involontario.

Ricorre pertanto in Cassazione Tizio, il quale lamenta il fatto che il giudice del gravame non poteva condannarlo a pagare le spese legali di Caio nel giudizio di primo grado visto che questi non aveva partecipato.

La Corte di Cassazione accoglie l’unitario motivo di impugnazione, di “violazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la corte di appello liquidato le spese di primo grado a favore della parte in quella sede contumace”, alla stregua dei principi generali dell’ordinamento, come di recente ribaditi da Cass. 26/06/2018, n. 16786 (che riprende peraltro Cass. 09/11/1982, n. 5897, preceduta a sua volta da Cass. 20/06/1977, n. 2598, nonchè – in generale quanto alla illegittimità della condanna alle spese in favore del contumace – da Cass. 14/10/1969, n. 3323), per i quali “la statuizione con la quale il giudice liquidi, in favore della parte vittoriosa in appello, le spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere”.

Non ha giovato al resistente la circostanza che la contumacia in primo grado potesse essere stata involontaria: tanto non toglie che, volontariamente o meno, egli non avesse espletato attività difensiva di alcun tipo in primo grado, per la quale quindi non poteva essere remunerato. Il contumace, per definizione, non soffre di alcuna spesa processuale.

Un’ultima osservazione riguarda l’incasellamento del motivo. Quando si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. talvolta la Corte ritiene corretto l’inquadramento sotto il n. 3) dell’art. 360 c.p.c. (violazione di legge), talaltra sotto il n. 4) (error in procedendo). Nel dubbio meglio formularle entrambe in via alternativa o subordinata.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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