Anche in appello sussiste l’onere di contestazione.

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Tizio agisce in giudizio per sentire condannare l’INPS al pagamento dell’indennità di disoccupazione agricola. L’INPS rimane contumace e viene condannato. Si costituisce in appello l’INPS il quale produce la documentazione attestante il pagamento. La Corte d’appello accoglie l’appello principale, rigettando le domande del ricorrente e respinge l’appello incidentale.

In motivazione afferma che si deve ritenere adeguatamente provato l’avvenuto pagamento da parte dell’Inps, pur considerato che giustificatamente la difesa degli appellati aveva eccepito la tardività e quindi l’inammissibilità della produzione documentale comprovante tale pagamento. Ritiene avvenuto l’esatto adempimento in base sia a presunzioni semplici legate alla qualità del debitore, sia alla condotta processuale della controparte in primo grado e in appello. Infatti:

  • la deduzione circa l’intervenuto pagamento proveniva da un debitore che era depositario dell’interesse pubblico tutelato, oltre che un ente pubblico alieno da intenti speculativi;
  • i creditori non avevano contestato l’avvenuto pagamento, limitandosi ad una difesa di tipo processuale, incentrata sulla tardività della prova dell’adempimento;
  • gli stessi non avevano depositato in appello il fascicolo del primo grado e così non rimaneva comprovata la soddisfazione dell’onere di allegazione incombente sul creditore in ordine al pagamento di una sola parte della somma; peraltro l’estratto assicurativo menzionato nelle difese dei creditori era idoneo a provare l’avvenuta prestazione di giornate lavorative per anno, ma non forniva la prova diretta della percezione dell’indennità e del quantum corrisposto e di quello omesso;
  • la violazione dell’onere di allegazione risultava anche direttamente dal ricorso di primo grado, ove si specificava che dalle somme pretese avrebbero dovuto detrarsi, all’esito della prova, quelle effettivamente erogate dall’istituto; del resto, anche se il creditore è esonerato dalla prova dell’inadempimento, egli è comunque onerato dalla indicazione specifica dei fatti posti a base della domanda, cioè del dedotto inesatto adempimento.

Ricorre in appello Tizio ma la Corte rigetta il ricorso osservando che:

  • non è necessaria l’ulteriore prova dei fatti allegati da una parte a sostegno di una domanda, di una eccezione o di una difesa, che non siano stati adeguatamente e tempestivamente contestati dalla controparte, secondo le regole della scansione delle attività difensive dettate per i vari modelli processuali disciplinati dal codice di rito (cfr. Cass. S.U. n. 761/2002; Cass. 11107/2007, 12231/2007, 27596/2008);
  • il principio di non contestazione è applicabile anche nella specie, sia perchè ne è stata rilevata dalla giurisprudenza una valenza generale nel processo (cfr. Cass. n. 12636/2005), sia, più specificamente, perchè ragioni analoghe a quelle alla base dell’onere di contestazione operante nella fase introduttiva del giudizio di primo grado sono rilevanti anche nella fase introduttiva del giudizio di appello.
  • In quest’ultimo, ferma la non modificabilità della domanda, vi può essere l’esigenza delle parti di fare nuovamente il punto sui fatti rilevanti ai fini della decisione della causa, continuano ad operare i principi sulla valorizzazione della leale cooperazione delle parti, e il giudice può essere chiamato a valutazioni anche discrezionali circa l’ammissione di nuove prove (tanto più nel rito del lavoro, in cui le prove sono ammissibili anche d’ufficio), sicchè la previa trasparente presa di posizione delle parti sui fatti dedotti è funzionale all’operatività del principio di economia processuale e può rilevare anche ai fini delle valutazioni che il giudice deve adottare.
  • D’altra parte l’allegazione di pagamenti non può ritenersi preclusa in appello, poichè essa non comporta l’introduzione nel giudizio di domande 0 eccezioni in senso stretto nuove, nè una loro modifica, ma si riferisce a un fatto estintivo operante di diritto e rilevabile anche d’ufficio (eccezione in senso lato).

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Cassazione civile sez. lav., 02 novembre 2009, n. 23142

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Le lavoratrici in epigrafe indicate adivano il Tribunale di Lagonegro chiedendo la condanna dell’Inps all’adeguamento, in osservanza della giurisprudenza costituzionale, dell’indennità di disoccupazione agricola percepita, per l’anno specificato nel ricorso, nella misura di L. 800 giornaliere. Il Tribunale accoglieva la domanda condannando l’Istituto al pagamento di somme determinate oltre accessori calcolati della L. n. 412 del 1991, ex art. 6, comma 6, e rimborso delle spese del giudizio.
L’Inps, rimasto contumace in primo grado, proponeva appello, in via preliminare eccependo la decadenza del D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 e nel merito chiedendo il rigetto della domanda; sosteneva infatti che l’Istituto aveva corrisposto la richiesta rivalutazione dell’indennità di disoccupazione agricola come da estratti contabili che produceva. Le lavoratrici proponevano appello incidentale.
La Corte d’appello di Potenza accoglieva l’appello principale, rigettando le domande delle assicurate, e respingeva l’appello incidentale.
In motivazione, esclusa l’applicabilità della decadenza ex art. 47, nel caso in cui, successivamente all’adempimento dell’istituto assicuratore, l’assicurato lamenti l’inesattezza nel quantum dell’adempimento, la Corte, riguardo al merito, riteneva che si dovesse ritenere adeguatamente provato l’avvenuto pagamento da parte dell’Inps, pur considerato che giustificatamente la difesa degli appellati aveva eccepito la tardività e quindi l’inammissibilità della produzione documentale comprovante tale pagamento. Riteneva avvenuto l’esatto adempimento in base sia a presunzioni semplici legate alla qualità del debitore, sia alla condotta processuale della controparte in primo grado e in appello. Infatti:
– la deduzione circa l’intervenuto pagamento proveniva da un debitore che era depositario dell’interesse pubblico tutelato, oltre che un ente pubblico alieno da intenti speculativi;
– i creditori non avevano contestato l’avvenuto pagamento, limitandosi ad una difesa di tipo processuale, incentrata sulla tardività della prova dell’adempimento;
– gli stessi non avevano depositato in appello il fascicolo del primo grado e così non rimaneva comprovata la soddisfazione dell’onere di allegazione incombente sul creditore in ordine al pagamento di una sola parte della somma; peraltro l’estratto assicurativo menzionato nelle difese dei creditori era idoneo a provare l’avvenuta prestazione di giornate lavorative per anno, ma non forniva la prova diretta della percezione dell’indennità e del quantum corrisposto e di quello omesso;
– la violazione dell’onere di allegazione risultava anche direttamente dal ricorso di primo grado, ove si specificava che dalle somme pretese avrebbero dovuto detrarsi, all’esito della prova, quelle effettivamente erogate dall’istituto; del resto, anche se il creditore è esonerato dalla prova dell’inadempimento, egli è comunque onerato dalla indicazione specifica dei fatti posti a base della domanda, cioè del dedotto inesatto adempimento.
Rilevava poi la Corte che l’accoglimento dell’appello principale determinava l’assorbimento dei motivi di appello incidentale, considerato in particolare che non vi era più ragione di discutere circa la misura delle spese liquidate dal giudice di primo grado a favore delle lavoratrici.
Le assicurate propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’Inps resiste con controricorso e propone un motivo di ricorso incidentale condizionato, al quale le parti ricorrenti in via principale resistono con controricorso, seguito da memoria illustrativa in vista dell’udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale condizionato devono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).
Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame del motivo di appello con cui era stata lamentata la previsione, sulle somme oggetto di condanna, dei soli interessi, e non anche della rivalutazione monetaria, per il periodo decorrente dall’1.1.1992, con un’applicazione retroattiva della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, nonchè per omesso esame del motivo relativo alla liquidazione delle spese del giudizio.
Il motivo è palesemente infondato perchè entrambe le questioni, relative alla modalità di calcolo degli accessori per il ritardo nell’adempimento e alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, erano assorbite dal rigetto della domanda. Comunque le relative questioni rimangono assorbite dal rigetto dei successivi motivi di ricorso con la conseguente conferma della sentenza impugnata per quanto riguarda il rigetto della domanda.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 2697, 2725, 2726 e 2729 c.c.. Si censura una parte degli argomenti impiegati dalla sentenza impugnata nel ritenere provati i pagamenti da parte dell’Inps. Si sostiene che la natura di ente pubblico del debitore, lungi dal poter fornire un indizio a favore del medesimo, comporta la necessità che la prova del pagamento sia fornita mediante quietanza, in applicazione del criterio del buon andamento che deve caratterizzare l’operato della p.a. ex art. 97 Cost., ed anche della regola secondo cui le pubbliche amministrazioni manifestano la propria volontà in forma vincolata ad substantiam (atti negoziali) o ad probationem (atti di scienza o meramente attuativi). Per questa stessa ragione non può rilevare nella specie la non contestazione, che non può riguardare fatti o atti per cui la legge richiede una particolare forma.
Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2967 c.c.. Si sostiene che la sentenza abbia erroneamente applicato le regole sulla distribuzione dell’onere della prova.
Accennato preliminarmente che il rilievo da parte del giudice di appello di un difetto di allegazione di quanto esattamente ricevuto e ancora da ricevere da parte dei creditori era estraneo al tema posto dal motivo di appello dell’Inps, si lamenta che la Corte di merito abbia addossato ai creditori un onere probatorio in realtà ricadente sul debitore, sul quale grava la dimostrazione dell’adempimento (eventualmente esatto).
Il quarto motivo denuncia illogica e insufficiente motivazione su un punto decisivo (il pagamento), anche per erronea interpretazione della domanda.
Riguardo ai vari argomenti indicati nella motivazione, si osserva: a) la valorizzazione della qualità di ente pubblico dell’Inps è totalmente irrazionale, in quanto stravolge gli istituti dell’allegazione e della prova e assegna all’amministrazione un’odiosa forma di supremazia e privilegio; b) il motivo di appello non involgeva il diritto alla prestazione riconosciuto dalla sentenza di primo grado e quindi non vi era alcun onere degli appellati di depositare in appello la documentazione fornita in primo grado; c) non può attribuirsi rilievo alla mancata contestazione del pagamento, dato che, in conseguenza dell’opposizione alla prova, rilevatasi fondata, era superflua la difesa sul merito; d) quanto al rilievo della Corte di appello che in primo grado era mancata una compiuta allegazione, si ribadisce che la relativa indagine era superflua nel giudizio di appello, in cui il thema decidendum era limitato all’intervenuto pagamento e si osserva comunque che vi era stata una precisa quantificazione delle somme pretese, implicante la detrazione del percepito. Nè poteva attribuirsi rilievo alla frase sulla detrazione di somme di cui sarebbe eventualmente risultato il pagamento, riferibile a pagamenti futuri e comunque integrante una conclusione formulata con riferimento al c.d. principio di eventualità; e) la genericità dell’allegazione dell’Inps, priva di specificazioni circa il quantum versato, era inidonea a sorreggere la decisione poichè, stante la ritenuta inutilizzabilità della documentazione, non era possibile effettuare l’indispensabile verifica della coincidenza quantitativa dell’obbligo gravante sull’istituto con la somma che sarebbe stata pagata dallo stesso.
Gli esposti tre motivi che precedono del ricorso principale vengono esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Deve preliminarmente rilevarsi che in effetti la sentenza impugnata ha ritenuto che fosse avvenuto il pagamento delle somme oggetto della domanda non solo in base ad argomenti di prova per presunzioni ma anche in relazione al comportamento processuale degli attuali ricorrenti e in particolare in quello consistito nella non contestazione dell’allegato previo adempimento da parte dell’Inps.
Tale ultimo rilievo è idoneo a costituire anche da solo una adeguata ratio decidendi della sentenza di appello. Premesso che nella giurisprudenza di questa Corte si è da tempo affermato il principio che non è necessaria l’ulteriore prova dei fatti allegati da una parte a sostegno di una domanda, di una eccezione o di una difesa, che non siano stati adeguatamente e tempestivamente contestati dalla controparte, secondo le regole della scansione delle attività difensive dettate per i vari modelli processuali disciplinati dal codice di rito (cfr. Cass. S.U. n. 761/2002; Cass. 11107/2007,12231/2007, 27596/2008) -, deve in particolare precisarsi che il principio di non contestazione è applicabile anche nella specie, sia perchè ne è stata rilevata dalla giurisprudenza una valenza generale nel processo (cfr. Cass. n. 12636/2005), sia, più specificamente, perchè ragioni analoghe a quelle alla base dell’onere di contestazione operante nella fase introduttiva del giudizio di primo grado sono rilevanti anche nella fase introduttiva del giudizio di appello. In quest’ultimo, ferma la non modificabilità della domanda, vi può essere l’esigenza delle parti di fare nuovamente il punto sui fatti rilevanti ai fini della decisione della causa, continuano ad operare i principi sulla valorizzazione della leale cooperazione delle parti, e il giudice può essere chiamato a valutazioni anche discrezionali circa l’ammissione di nuove prove (tanto più nel rito del lavoro, in cui le prove sono ammissibili anche d’ufficio), sicchè la previa trasparente presa di posizione delle parti sui fatti dedotti è funzionale all’operatività del principio di economia processuale e può rilevare anche ai fini delle valutazioni che il giudice deve adottare. D’altra parte l’allegazione di pagamenti non può ritenersi preclusa in appello, poichè essa non comporta l’introduzione nel giudizio di domande 0 eccezioni in senso stretto nuove, nè una loro modifica, ma si riferisce a un fatto estintivo operante di diritto e rilevabile anche d’ufficio (eccezione in senso lato).
Tale ratio decidendi non ha formato oggetto di censure idonee e fondate.
Infatti ai fini dell’applicabilità del principio di non contestazione non rilevano i limiti posti dalla legge per taluni fatti alla prova per testimoni o per presunzioni, o la mancata deduzione di idonee prove per l’eventuale conferma dei fatti allegati. Peraltro neanche può ritenersi fondata la tesi sostenuta nel ricorso, secondo cui non sarebbe ammessa la prova per presunzioni del pagamento delle prestazioni previdenziali da parte dell’Inps.
Infatti la regola in base a cui il debitore il quale effettui il pagamento ha diritto al rilascio della quietanza (art. 1199 c.c.) non esclude che il pagamento possa essere provato con mezzi diversi da essa (così Cass. n. 1630/1973 e, specificamente, Cass. 10073/2007, 191/2008, 7158/2008, che hanno riesaminato la problematica esaminata da Cass. n. 1105/2007, richiamata dai ricorrenti, la quale comunque non aveva ritenuto imprescindibile la quietanza), visto che sarebbe necessaria un’apposita prescrizione di legge in tal senso, com’è quella relativa ai pagamenti eseguiti dallo Stato (pertanto non applicabile all’Inps), contenuta nella legge di contabilità generale (R.D. n. 2440 del 1923, art. 55) e nel relativo regolamento ( R.D. n. 827 del 1924, art. 26, e segg.).
Non integra, poi, una censura idonea il rilievo finale di cui all’ultimo dei motivi in esame (riferito sub lett. e), non solo perchè in tale sede non è stata eccepita la genericità della allegazione sotto il profilo della conseguente non operatività dell’onere di contestazione, ma anche perchè della medesima censura e di una sua finalità di tal genere non vi è traccia nella parte del ricorso in cui si è proceduto alla puntualizzazione (sintesi) del motivo stesso, denunciante vizi di motivazione, ai fini della illustrazione del motivo secondo i moduli di chiarezza e specificazione indicati dall’art. 366 bis c.p.c..
Le ulteriori censure formulate con il ricorso, in quanto non incidenti sulla ratio decidendi in esame, risultano prive di decisività e rimangono quindi assorbite.
In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.
Il ricorso incidentale condizionato, deducendo la violazione di norme di diritto e specificamente del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 3, lamenta che la ivi prevista decadenza sia stata ritenuta inapplicabile in caso di domande aventi ad oggetto la rivalutazione dell’importo dell’indennità di disoccupazione agricola in virtù della sentenza n. 497 del 1988 della Corte Costituzionale.
Esso deve ritenersi assorbito, poichè il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale della parte totalmente vittoriosa sul merito, senza che a ciò osti il fatto che con il medesimo si deduca una questione avente in linea astratta rilievo pregiudiziale e rilevabile anche d’ufficio, qualora la stessa abbia formato oggetto di decisione da parte della sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 23019/2007).
Si ritiene di compensare le spese del presente giudizio di legittimità, tenendo presente il diverso esito dei due gradi di merito e la non semplicità sul piano tecnico delle questioni in questa sede rilevanti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2009


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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23 commenti:

  1. Dario

    Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
    avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
    Grazie

  2. Silvia

    Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!

    Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…

    Le ultime scuse sono:
    1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
    Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.

    2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.

    Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”

    La ringrazio tantissimo!

  3. Michele Tarantino

    Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie

  4. Carlo Giusti

    La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie

  5. Paola vivaldi

    Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
    Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?

  6. Endymion

    “le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”

    Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?

  7. Ludovico Tallarico

    Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
    Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
    Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
    Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.

  8. Raffaele Caccia

    Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
    Grazie.

  9. Giuseppe Galata'

    Vorrei esporre il mio caso :
    Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
    Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
    Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
    All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
    L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
    La domanda è la seguente :
    Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?

  10. Mirco Minardi

    @mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado

  11. Michela

    Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
    Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.

  12. Antonio

    A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
    Grazie
    Antonio

  13. Emanuela

    Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta

  14. Carlo

    Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?

  15. Mauro

    Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
    Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
    Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
    Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
    Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?

  16. NICO

    Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.

  17. Onofrio antonio spinoso

    Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.



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