Sfratto per morosità e pagamento dei canoni scaduti e scadendi: facciamo un po’ di chiarezza.

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Nel procedimento per convalida di sfratto, la questione dei canoni è trattata in diverse norme.

  • Il primo comma dell’art. 658 stabilisce che il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell’articolo 657 anche in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti.
  • Il primo comma dell’art. 664 stabilisce che nel caso previsto nell’articolo 658, il giudice adito pronuncia separato decreto d’ingiunzione per l’ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione.
  • L’art. 669 stabilisce che se nel caso previsto nell’articolo 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.

Come si vede, il locatore ha due possibilità:

a) Chiedere il pagamento dei canoni direttamente con l’atto di intimazione;
b) Chiedere il pagamento dei canoni con atto separato.

La scelta non è senza conseguenze, per una ragione fondamentale. Si ritiene infatti che l’emissione dell’ingiunzione di cui parlano gli artt. 658 e 664 presupponga la convalida dello sfratto. Pertanto, nel caso in cui sia emessa ordinanza di rilascio oppure la sola ordinanza di conversione del rito, il locatore non potrà che attendere il giudizio finale. Laddove, quindi, sia stata chiesta con atto separato l’ingiunzione, il conduttore avrà gioco facile nel dimostrare la litispendenza.

Al contrario, nel caso in cui l’ingiunzione non sia stata chiesta con l’atto di intimazione, il locatore potrà farlo con ricorso separato.

Ciò è quanto ha ribadito il Tribunale di Salerno (estensore l’ ottimo Antonio Scarpa) nella sentenza che vi allego, in cui è stato altresì precisato che il giudicato sulla convalida di sfratto copre la questione: 1) sulla pregressa esistenza e validità del contratto di locazione; 2) sulla qualità di locatore e di conduttore dell’intimante e dell’intimato; 3) sulla misura del canone dovuto e sull’inadempimento attribuito al conduttore; 4) sulla inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi rispetto all’obbligo di pagamento del canone, fatti anche non dedotti, ma deducibili dall’intimato in sede di opposizione

 

Tribunale Salerno, sez. I 14/01/2011

Repubblica Italiana
In nome del popolo Italiano
Tribunale di Salerno
Il TRIBUNALE DI SALERNO, I sezione civile, in composizione
monocratica nella persona del dott. Antonio Scarpa, all’udienza del
14 gennaio 2011, fatte precisare le conclusioni, ha ordinato la
discussione orale della causa nella stessa udienza, a norma
dell’art. 281 sexies c.p.c., ed ha pronunciato al termine della
discussione la seguente
SENTENZA
nella causa n. 6576/05 R.G. in materia di opposizione a decreto
ingiuntivo, vertente tra
C. R., difeso dal procuratore Avv. L.
Opponente
A. B., difesa dal procuratore Avv. L.
Opposto
e
dando lettura del dispositivo e dalla esposizione delle ragioni di
fatto e di diritto della decisione nei termini che seguono.

A. B. con citazione per l’udienza del 29 marzo 2004 aveva intimato sfratto per morosità in relazione alla locazione avente ad oggetto l’appartamento sito in Salerno, via q. D. V., locazione stipulata nel settembre 1975, per il mancato pagamento dei canoni mensili da settembre 2003 a febbraio 2004, nonché per gli oneri condominiali e il rimborso dei consumi d’acqua (pari a complessivi euro 7.417,73), chiedendo anche l’ingiunzione di pagamento. C. R. si costituiva, eccependo l’insussistenza della morosità ed allegando che l’immobile locato fosse comprensivo di sole tre stanze e la metà del box, la nullità della locazione di fatto ex art. 13 l. n. 431/1998 (di cui domandava l’accertamento in riconvenzionale), l’offerta rifiutata dei canoni, l’infondatezza della pretesa autonoma di oneri condominiali e rimborso consumi, essendo tali causali inglobate nella complessiva somma di lire 750.000 mensili convenuti fra le parti. Peraltro, la locatrice B. chiedeva in seguito anche in separato procedimento l’ingiunzione di pagamento per euro 13.160,12 a titolo di mensilità di canone, quote condominiali e rimborso di utenze; ingiunzione emessa col numero 1023/05 il 6 giugno 2005, notificata il 27 giugno 2006 ed opposta con ricorso del 19 settembre 2005, opposizione attualmente in esame.
Invero, all’esito di provvisoria riunione dei due giudizi, Il giudizio conseguente allo sfratto per morosità è stato definito con sentenza del 13 febbraio 2009 – passata in giudicato – che dichiarava risolto per inadempimento il contratto di locazione corrente tra le parti.
Invero, A. B. aveva richiesto sin dall’atto di intimazione, e dunque correttamente ai sensi dell’art. 664 c.p.c., la condanna della conduttrice al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e dei relativi interessi; essendo tale istanza di ingiunzione ex art. 664 c.p.c. necessariamente correlata alla pronuncia della convalida dello sfratto per mancata comparizione o per mancata opposizione del conduttore, essa, per effetto dell’opposizione del conduttore, si doveva tramutare autonomamente in una domanda di condanna. Sennonché, la B. ha poi impropriamente duplicato la propria domanda di ingiunzione, depositando ulteriore autonomo ricorso il 10 maggio 2005, oggetto dell’opposizione qui riunita.
Allorché sia stato intimato sfratto per morosità, comprensivo di domanda di ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione, e sia stata pronunciata ordinanza provvisoria di rilascio ai sensi dell’art. 665 c.p.c., non potrebbe infatti essere pronunciato decreto ingiuntivo ai sensi degli art. 658 e 664 c.p.c., e dovrebbe dichiararsi inammissibile la proposizione da parte del locatore di ulteriore domanda monitoria volta a conseguire in separato giudizio il pagamento dei medesimi canoni oggetto di sfratto per morosità, essendo la facoltà prevista dall’art. 669 c.p.c. normativamente subordinata alla mancata richiesta dei medesimi canoni in uno all’intimazione (cfr. Tribunale Salerno, decr. 26 luglio 2010, in Juris data).
Consegue l’inammissibilità della domanda monitoria proposta dalla B. con il nuovo ricorso del 10 maggio 2005, salva la necessità di statuire in questa sede sulla azionata pretesa creditoria come a fronte di un’ordinaria domanda di condanna.
Nel merito, va quindi considerato come risulta intervenuto fra la parti un giudicato conseguente a procedimento per convalida di sfratto per morosità (sentenza del 13 febbraio 2009). Tale sentenza costituisce allora giudicato fra le parti: 1) sulla pregressa esistenza e validità del contratto di locazione; 2) sulla qualità di locatore e di conduttore dell’intimante e dell’intimato; 3) sulla misura del canone dovuto e sull’inadempimento attribuito al conduttore; 4) sulla inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi rispetto all’obbligo di pagamento del canone, fatti anche non dedotti, ma deducibili dall’intimato in sede di opposizione, quali ad esempio la circostanza che oggetto della locazione inter partes non fosse l’intero immobile, ma solo tre locali di esso e metà del box auto.. Conferma tale impostazione la disposizione contenuta nell’art. 669 c.p.c. (“se nel caso previsto dall’art. 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi”), disposizione da cui si desume che ogni questione sui canoni debba ritenersi preclusa ove in sede di convalida di sfratto sia stato richiesto il pagamento dei canoni (come avvenuto nel caso in esame, anche se il d.i. è stato poi emesso separatamente e in un secondo momento).
è quindi preclusa dal giudicato di sfratto per morosità la possibilità di accertare in questo giudizio la sussistenza di una causa modificativa, impeditiva o estintiva di quella morosità già posta a base dell’intimazione, al fine di accertare la totale o parziale non debenza del credito azionato in sede monitoria dal locatore a titolo di canoni insoluti.
Ciò detto per i canoni, il conduttore ha peraltro contestato che la locatrice abbia sopportato le spese condominiali di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione. Incombeva quindi alla locatrice stessa, ai sensi dell’art. 2697 c. c., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell’avere indirizzato la richiesta prevista dall’art. 9, l. n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l’esistenza, l’ammontare ed i criteri di ripartizione del rimborso richiesto. Su ciò, e sulla morosità residua, è stata espletata apposita CTU, le cui conclusioni, giacché sorrette da adeguata argomentazione, vengono qui recepite, condannandosi pertanto C. Rampolla al pagamento in favore di A. B. della complessiva somma di euro 10.071,54 (euro 5.035,42 per canoni dovuti da settembre 2003 ad ottobre 2004, non essendo stata data prova di uno scioglimento consensuale per mutuo dissenso del rapporto locativo risalente già a giugno 2004; euro 5.036,12 per rimborso oneri condominiali). Trattandosi di debito di valuta, esso non va rivalutato all’attualità come proposto dal CTU; su di esso piuttosto decorrono interessi moratori dalla domanda ex art. 1282 co. 1° e 2° c.c.
Va invece rigettata la domanda concernente il rimborso delle spese relative alla fornitura del servizio idrico. Invero, l’obbligo di rimborsare al locatore le spese delle utenze concernenti l’immobile locato, laddove i relativi contratti di somministrazione non vengano intestati al conduttore, può discendere soltanto da apposita pattuizione, volta appunto ad accollare le spese di utenza in capo all’effettivo utilizzatore del servizio, come tale non riferibile alla causa tipica della locazione (che consiste nello scambio del godimento di una cosa dietro un corrispettivo), ma piuttosto produttiva di un distinto rapporto giuridico anche se dipendente dalla locazione quanto alla durata. Di siffatta pattuizione non risulta prova.
In ragione dell’inammissibilità dell’ingiunzione opposta e del parziale accoglimento della domanda di credito, possono compensarsi per intero tra le parti le spese sostenute nel procedimento di opposizione, confermandosi la distribuzione provvisoria degli oneri di CTU operata nel decreto 18 gennaio 2010.

P.Q.M.
Il Tribunale di Salerno I sezione civile, definitivamente pronunziando sulla opposizione a decreto ingiuntivo proposta da C. R. nei confronti di A. B.,
revoca perché inammissibile il decreto ingiuntivo n. 1023/2005 oggetto di opposizione;
condanna C. R. al pagamento in favore di A. B. della somma complessiva di euro 10.071,54, oltre interessi legali dalla domanda;
compensa per intero tra le parti le spese processuali sostenute nel giudizio di opposizione.
Così deciso in SALERNO il 14 gennaio 2011;
si provveda all’immediato deposito in cancelleria
Il Giudice dott. Antonio Scarpa
Il


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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