La costituzione in appello con velina “nuda e cruda”: continua lo scontro in Cassazione.

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Non si placa tra i giudici della S.C. la querelle relativa alla possibilità di iscrivere a ruolo la causa d’appello con la semplice copia dell’atto di citazione notificato. Attenzione, però, non si tratta della problematica relativa alla velina in quanto tale, essendo stata questa risolta positivamente dalle S.U. con sentenza 10864/2011, ma della velina “nuda e cruda”, senza cioè la prova della consegna all’Ufficiale Giudiziario.

Difatti, con sentenza n. 9686/2012 la S.C. ha fornito una interpretazione della decisione delle S.U. affermando che comunque dalla copia deve risultare quanto meno l’avvenuta consegna all’Ufficiale Giudiziario.

Dello stesso avviso un relatore della S.C., il dott. Carrato (magistrato diverso dai componenti del Collegio che pronunciò la sent. 9686/2012) che chiamato a relazionare su tre procedimenti ai sensi dell’art. 380-bis, ha ritenuto di dover applicare “il principio secondo cui, al fine di non incorrere nella sanzione dell’improcedibilità prevista dall’art. 348 c.p.c., è necessario che la momento della costituzione nel giudizio di appello, o comunque entro dieci giorni dal perfezionamento della prima notificazione, l’appellante depositi l’atto di appello (non importa se in originale o in copia) notificato (ovvero recante il riscontro da cui emerga la richiesta od avvenuta notificazione), consentendo così al giudice di effettuare la verifica sulla procedibilità dell’impugnazione, che è imposta dalla legge. Pertanto, si profila corretta la sentenza impugnata con la quale è stata dichiarata l’improcedibilità dell’appello formulato dal Ministero dell’Interno, il quale si era costituito in giudizio con il deposito di una copia dell’atto di citazione in appello priva di qualunque indicazione in ordine alla (già intervenuta o solo richiesta) notificazione alla controparte e che aveva provveduto – per come accertato in fatto dallo stesso Tribunale reggino – al deposito dell’atto di appello notificato solo nel corso della causa di secondo grado, alla prima udienza di trattazione (cfr. pagg. 2 e 10 della sentenza impugnata)”.

Per tale ragione, in quei procedimenti il suddetto relatore ha chiesto la definizione ex art. 375 n. 5.

Sennonché, il Collegio, disattendendo la richiesta del relatore, ha fissato l’udienza pubblica con ordinanza interlocutoria, ritenendo non sussistenti i presupposti per definire la questione in Camera di Consiglio.

Nel dibattito, tra l’altro, si inserisce quell’altro orientamento giurisprudenziale (Cass. 7451/2013) in base al quale il problema de quo non rileva tout court in quanto si tratterebbe al più di una irregolarità che non determina una improcedibilità, la quale è prevista solo per la mancata o tardiva iscrizione a ruolo, ma non per il mancato rispetto delle forme.

La questione, è facile immaginare, arriverà prima o poi alle S.U.

Cassazione civile  sez. VI,  15 febbraio 2013,  n. 3869

 RILEVATO IN FATTO

 che il consigliere designato ha depositato, in data 5 novembre 2012, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con sentenza n. 602 del 2009 il Giudice di pace di Bianco accoglieva il ricorso proposto da V.G. con il quale era stata fatta opposizione al verbale di contestazione elevato a suo carico dalla Polizia stradale di Bovalino per la violazione dell’art. 80 C.d.S., comma 14, C.d.S. del 1992. Sull’appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la suddetta sentenza e nella contumacia dell’appellato, il Tribunale di Reggio Calabria, in composizione monocratica, con sentenza n. 875 del 2011 (depositata il 30 maggio 2011 e non notificata), dichiarava l’improcedibilità del gravame e il non luogo a provvedere sulle spese del grado per effetto della mancata costituzione dell’appellato. A sostegno dell’adottata decisione il giudice reggino rilevava che l’appello si sarebbe dovuto considerare improcedibile poichè la costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, per mezzo dell’Avvocatura erariale, era avvenuta con il deposito di una copia dell’atto di citazione in appello priva di qualunque indicazione in ordine alla (già intervenuta o solo richiesta) notificazione alla controparte, nel mentre il deposito dell’originale dell’atto di appello notificato (ovvero con l’allegazione documentale della prova della sua intervenuta notificazione) era stato eseguito, successivamente, solo in corso di causa.

Avverso la menzionata sentenza di appello (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 24 ottobre 2011 e depositato il 10 novembre 2011) il Ministero dell’Interno, basato su un unico motivo. L’intimato non risulta essersi costituito in questa fase.

Con il dedotto motivo dedotto il Ministero ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 348, 347, 165 e 156 c.p.c., sul presupposto che, nella fattispecie, il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe dovuto ritenere la validità della costituzione di esso ricorrente, nella qualità di appellante, siccome effettuata mediante il deposito della sola copia, anzichè dell’originale, dell’atto di appello. A tal proposito la difesa erariale sostiene che la costituzione dell’appellante attraverso il deposito della cosiddetta velina dell’atto di impugnazione, seguito dal successivo deposito del conforme originale notificato, si deve considerare perfettamente idonea al raggiungimento dello scopo, non solo perchè non determina alcuna lesione del diritto alla difesa della controparte, ma anche perchè non preclude al giudice la possibilità di riscontrare la corretta instaurazione del giudizio, essendo da escludere che tale riscontro debba avvenire antecedentemente alla prima udienza, come, invece, erroneamente ritenuto dal giudice di appello nella fattispecie. In altri termini, la costituzione dell’appellante mediante deposito di copia, anzichè dell’originale recante la relata di notificazione, dell’atto di impugnazione non avrebbe potuto determinare l’improcedibilità dell’appello, integrando una mera irregolarità suscettibile di sanatoria mediante il deposito dell’originale entro la prima udienza di trattazione, che si identifica con il momento in cui il giudice è chiamato a compiere la verifica della regolare costituzione in giudizio.

Ritiene il relatore che il motivo così come formulato possa qualificarsi manifestamente infondato, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la piena condivisibilità dell’impianto argomentativo operato dal Tribunale reggino nella sentenza impugnata, che si è conformato all’orientamento più specifico e recente in materia della giurisprudenza di legittimità, espressosi soprattutto nelle sentenze di questa Corte n. 18009 del 2008 e n. 10 del 2010.

Secondo tali pronunce, infatti, il deposito dell’atto di citazione in appello privo della notifica alla controparte, all’atto della costituzione nel giudizio di secondo grado, determina l’improcedibiiità del gravame ex art. 348 c.p.c., essendo privo di effetti sananti l’eventuale deposito tardivo dell’atto notificato in prima udienza, oltre il termine perentorio stabilito dalla legge. Per come ampiamente motivato nella sentenza oggetto del ricorso (nella quale è stato ripercorso l’intero iter logico-sistematico posto a fondamento della citata sentenza n. 18009 del 2008), la costituzione in giudizio dell’appellante con il deposito di un atto non notificato (ovvero non recante la prova documentale allegata della richiesta od eseguita notificazione) è sprovvista del necessario requisito per il raggiungimento dello scopo cui è destinato il controllo di procedibilità che la legge conferisce al giudice dell’impugnazione.

Di conseguenza, sulla scorta di una lettura sistematica e coordinata degli artt. 347 e 348 c.p.c., deve legittimamente sostenersi che va dichiarato improcedibile l’atto di appello allorquando l’appellante non depositi, nel termine stabilito per la sua costituzione (in relazione al richiamato art. 165 c.p.c), l’atto di impugnazione notificato ad almeno una delle controparti.

Ed è proprio la situazione che si era venuta a verificare nel caso di specie, laddove il Ministero appellante, al momento della sua costituzione ne termine di legge, aveva depositato semplicemente una copia (“velina”) dell’atto di citazione in appello, la quale, tuttavia, era priva di qualsiasi indicazione in ordine alla richiesta od avvenuta notificazione alla controparte, mentre solo in corso di causa aveva depositato l’originale dell’atto di appello notificato (ovvero munito del riscontro documentale dell’intervenuta notificazione). Del resto, la sanzione della improcedibilità sta ad esprimere una valutazione legale in ordine alla necessità di un adempimento – la costituzione in giudizio entro il termine – che il giudice è chiamato ad accertare d’ufficio al fine poter dare seguito e sviluppo al procedimento. La perentorietà del termine di costituzione in appello e la sua rilevabilità d’ufficio in caso di inosservanza stanno, d’altra parte, a segnalare l’impossibilità di sanare ovvero di considerare mere irregolarità, suscettibili tali di successiva regolarizzazione, imperfezioni e mancanze della costituzione in giudizio dell’appellante tali da impedire l’accertamento della validità ed efficacia dello stesso atto di impugnazione. Questa è -come già evidenziato – la situazione che si riscontra nel caso, come quello di specie, in cui nel costituirsi in giudizio l’appellante depositi un atto di citazione in appello non notificato alla controparte. Pertanto, l’improcedibilità dell’atto di impugnazione discende direttamente dalla legge, poichè la costituzione in giudizio implica l’onere di depositare l’atto di citazione notificato ed essa deve avvenire entro il termine di dieci giorni dalla notifica, con la conseguenza che anche l’atto di citazione notificato, a pena di improcedibilità, deve essere depositato entro e non oltre tale termine.

Le argomentazioni dedotte con il proposto ricorso circa l’inapplicabilità della sanzione dell’improcedibilità e la configurabilità di una mera irregolarità nella predetta situazione processuale relativa all’attività di costituzione in appello del Ministero dell’Interno non sono degne di rilievo perchè la possibile regolarizzazione presuppone che la costituzione, pur potendo avvenire con il deposito di una mera copia dell’atto di appello, deve, in ogni caso, intervenire nel termine di cui all’art. 165 c.p.c. con l’allegazione della idonea indicazione e del relativo riscontro documentale in ordine all’effettuata rituale richiesta od avvenuta esecuzione della notificazione.

La giurisprudenza di questa Corte più recente (v. Cass. n. 17666 del 2009, ord., e Cass. n. 23192 del 2010; in precedenza v. anche Cass. n. 23027 del 2004) ha, infatti, ribadito che la costituzione in giudizio dell’appellante mediante deposito in cancelleria della nota d’iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo, contenente, tuttavia, la copia, anzichè l’originale, dell’atto d’impugnazione notificato alla controparte, costituisce mera irregolarità rispetto alla modalità stabilita dalla legge, non arrecando nessuna lesione sostanziale ai diritti della parte convenuta, onde è da escludere che detta irregolarità possa comportare l’improcedibilità del gravame, non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi di mancata tempestiva costituzione dell’appellante, previste tassativamente, quali cause d’improcedibilità, dall’art. 348 c.p.c., nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990.

L’applicabilità di questo principio presuppone, dunque, che solo il tempestivo deposito della copia (in sostituzione dell’originale) dell’atto di impugnazione da cui risulti la richiesta od avvenuta notificazione è idoneo ad evitare la declaratoria di improcedibilità ed a consentire la successiva regolarizzazione.

Sulla scorta dell’evidenziato ragionamento deve, perciò, essere confermato il principio secondo cui, al fine di non incorrere nella sanzione dell’improcedibilità prevista dall’art. 348 c.p.c., è necessario che la momento della costituzione nel giudizio di appello, o comunque entro dieci giorni dal perfezionamento della prima notificazione, l’appellante depositi l’atto di appello (non importa se in originale o in copia) notificato (ovvero recante il riscontro da cui emerga la richiesta od avvenuta notificazione), consentendo così al giudice di effettuare la verifica sulla procedibilità dell’impugnazione, che è imposta dalla legge. Pertanto, si profila corretta la sentenza impugnata con la quale è stata dichiarata l’improcedibilità dell’appello formulato dal Ministero dell’Interno, il quale si era costituito in giudizio con il deposito di una copia dell’atto di citazione in appello priva di qualunque indicazione in ordine alla (già intervenuta o solo richiesta) notificazione alla controparte e che aveva provveduto – per come accertato in fatto dallo stesso Tribunale reggino – al deposito dell’atto di appello notificato solo nel corso della causa di secondo grado, alla prima udienza di trattazione (cfr. pagg. 2 e 10 della sentenza impugnata).

Alla stregua delle esposte argomentazioni si ritiene, in definitiva, che emergono le condizioni, con riferimento al disposto dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, (in correlazione all’art. 375 c.p.c., n. 5), per poter pervenire – anche in difetto dell’allegazione di idonei elementi per superare il suddetto orientamento della giurisprudenza di questa Corte (avuto riguardo all’art. 360 bis c.p.c., n. 1), – al possibile rigetto del proposto ricorso per sua manifesta infondatezza”.

 

RILEVATO IN DIRITTO

 

che, ad avviso al Collegio, non sussistono le condizioni di evidenza decisoria che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. (con riferimento specifico alla richiamata ipotesi enucleata nel n. 5), consentono la definizione del ricorso in camera di consiglio;

considerato che, pertanto, occorre rimettere la trattazione del ricorso alla pubblica udienza presso la Sezione Seconda civile.

P.Q.M.

 

La Corte rinvia la trattazione del ricorso alla pubblica udienza presso la Sezione Seconda civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

 

 

 

 


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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23 commenti:

  1. Dario

    Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
    avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
    Grazie

  2. Silvia

    Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!

    Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…

    Le ultime scuse sono:
    1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
    Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.

    2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.

    Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”

    La ringrazio tantissimo!

  3. Michele Tarantino

    Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie

  4. Carlo Giusti

    La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie

  5. Paola vivaldi

    Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
    Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?

  6. Endymion

    “le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”

    Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?

  7. Ludovico Tallarico

    Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
    Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
    Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
    Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.

  8. Raffaele Caccia

    Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
    Grazie.

  9. Giuseppe Galata'

    Vorrei esporre il mio caso :
    Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
    Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
    Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
    All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
    L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
    La domanda è la seguente :
    Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?

  10. Mirco Minardi

    @mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado

  11. Michela

    Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
    Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.

  12. Antonio

    A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
    Grazie
    Antonio

  13. Emanuela

    Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta

  14. Carlo

    Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?

  15. Mauro

    Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
    Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
    Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
    Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
    Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?

  16. NICO

    Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.

  17. Onofrio antonio spinoso

    Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.



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