Giudizio d’appello: art. 346, presunzione di rinuncia e preclusioni.

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Stiamo esaminando l’art. 346 che prevede una presunzione assoluta di rinuncia laddove la parte non riproponga le domande e le eccezioni non accolte.

Domanda: ma questa riproposizione deve essere contenuta necessariamente negli atti introduttivi?

Risposta: no, può essere manifestata anche in sede di precisazione delle conclusioni (ma non oltre quella). Vi ripropongo le argomentazioni svolte da Cass. 15427/2004 che faceva leva sul diverso meccanismo del giudizio di primo grado rispetto al secondo (allora però c’era anche l’udienza del 180, del 183 e del 184). Tuttavia il principio è stato ribadito anche recentemente (Corte Appello Milano, 20/06/2008; Corte dei Conti, 185/2007, Cass. Civ. 14964/2006).

Occorre premettere che da tempo, ad una giurisprudenza pressoché consolidata secondo la quale la riproposizione è ammissibile fino alla precisazione delle conclusioni (v. anche la recente Cass. n. 04009 del 20/03/2001) si contrappone una forte corrente dottrinaria (sorta soprattutto dopo la novella del 1995: d.l. 18.10.1995 n. 432 convertito con modifiche nella L. 20.12.1995 n. 534) la quale, sia pure proponendo soluzioni non sempre coincidenti, si pone comunque in posizione fortemente critica, sostenendo la necessità di evitare disparità di trattamento tra appellato ed appellante (al quale è inibita la proposizione di censure successive e diverse rispetto a quelle contenute nell’atto di appello); e di evitare inoltre disparità di trattamento tra il convenuto in primo grado (assoggettato alle rigorose norme contenute negli artt. 167, 171 comma secondo, 180 e 183 c.p.c.) ed il convenuto in secondo grado.

Tuttavia, la Corte ritiene che la tesi giurisprudenziale vada confermata per le seguenti ragioni.
L’unico rinvio che le norme in tema di secondo grado fanno a quelle di primo grado è contenuto nell’art. 347, primo comma, c.p.c. che recita: “La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al Tribunale…”.
Vi è chi ha ritenuto di poter dedurre da detto rinvio la volontà del legislatore di assoggettare anche il secondo grado ad una disciplina corrispondente a quella (artt. 167 e 180 cit.) dettata per il primo grado sia pure con i necessari adattamenti (l’impossibilità di trasportare senza modifiche detta disciplina in appello appare pressoché pacifica e comunque ovvia).
A tale tesi si deve però obiettare che parlare (v. l’art. 347, primo comma, c.p.c.) di “forme” e “termini” per la “costituzione” non significa affatto parlare (anche) di decadenze.
In altri termini, una volta accertato che una parte ha rispettato “forme” e “termini” per la sua “costituzione” abbiamo una parte ritualmente costituita; ma resta ancora integralmente da affrontare tutta la ben diversa ed autonoma problematica concernente l’individuazione delle difese che debbono essere contenute nel primo atto difensivo (o alla prima udienza o comunque entro un primo termine) e delle altre difese che (eventualmente) possono essere proposte in atti (o udienze o comunque termini) successivi; concernente cioè la scansione dei tempi che la parte deve rispettare nell’espletare la propria attività difensiva.
Anche il legislatore ha chiaramente dimostrato di essere di questo avviso; infatti, con riferimento al primo grado, ha disciplinato “forme” e “termini” per la “costituzione” del convenuto nell’art. 166 (recante la rubrica “Costituzione del convenuto”); ed ha disciplinato invece (la scansione suddetta ed in particolare) le decadenze nel diverso e distinto art. 167 (“Comparsa di risposta”) integrato originariamente dall’art. 180 (“Udienza di prima comparizione e forma della trattazione”) oggi dall’art. 183.
La suddetta tesi dottrinaria si infrange, secondo la Corte, contro un muro invalicabile costituito da precisi ed inequivocabili elementi letterali e sistematici emergenti dalla disciplina in questione.
Deve inoltre fare i conti con l’oggettiva difficoltà di adattare all’appello il particolare e rigoroso meccanismo normativo dettato dal legislatore (specificamente) per il primo grado (distinzione tra udienza di prima comparizione, termine assegnato al convenuto ex art. 180, secondo comma, cit. e udienza di trattazione); e con la varietà (e correlativa opinabilità) delle possibili soluzioni a detto problema di adattamento
Come si è già accennato certamente non sarebbe possibile applicare all’appello la disciplina dettata per il primo grado così com’è. Infatti la suddetta distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, ed il termine intermedio previsto dal secondo comma dell’art. 180 cit. appaiono totalmente estranei ed incompatibili con la disciplina e la struttura del processo di appello.
L’unico modo per cercare di sostenere la tesi qui criticata sembrerebbe ravvisabile nel sostenere l’applicabilità all’appello del solo primo comma dell’art. 167 cit. (ove si prevede che nella comparsa di risposta il convenuto deve “proporre tutte le sue difese….” ecc.) leggendo tale norma in sede di secondo grado nel senso che l’appellato nella sua comparsa di risposta deve proporre a pena di decadenza le sue eventuali eccezioni.
Ma l’artificiosità (consistente nella ritenuta applicabilità solo di una parte di quella disciplina che in primo grado appare come un tutto unico in quanto composto da norme reciprocamente e strettamente connesse; e nell’ampia opinabilità della particolare interpretazione dell’art. 167 ora esposta) e soprattutto la mancanza di valide basi testuali di una siffatta tesi interpretativa appaiono palesi.
Di fronte a tali considerazioni non vale contrapporre l’esigenza di rendere omogenea la disciplina di secondo grado con la rigorosa disciplina dettata per il primo grado con la novella del 1995.
A tale argomentazione è infatti facile obiettare che se il legislatore nel 1995 ha ritenuto di dettare una nuova e più rigorosa disciplina solo per il primo grado ha evidentemente (pur se implicitamente) mostrato di non voler innovare in modo corrispondente la disciplina dell’appello.
Quanto poi alla differenza di trattamento tra appellante ed appellato, va anzitutto ribadito che “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 345 comma secondo cod. proc. civ., sollevata, in relazione all’art. 3 della Costituzione, per il diverso trattamento riservato, nel giudizio di appello, all’appellante, che può proporre o riproporre le eccezioni solo con specifico motivo di impugnazione nell’atto di appello, e l’appellato, che, invece, può proporre le predette eccezioni fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, trattandosi di una disparità giustificata dalla diversità delle posizioni processuali delle predette parti.” (Cass n. 01141 del giorno 01/02/1995); ed in secondo luogo da un lato va ribadito che l’art. 346 c.p.c. non è stato oggetto della novella del 1995 e dall’altro va osservato che le innovazioni in precedenza dettate con la riforma dell’appello del 1990 non hanno interessato le problematiche in questione (trattasi di scelte del Legislatore indubbiamente significative).
In conclusione le esigenze logico-sistematiche di simmetria ed euritmia prospettate dalla corrente dottrinaria in esame appaiono insufficienti a sorreggere la tesi da questa sostenuta, di fronte alle sopra citate precise ed inequivocabili peculiarità letterali e sistematiche della disciplina che il Legislatore ha ritenuto di dettare.
Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: “Per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ., la parte vittoriosa in primo grado ha l’onere di riproporre, a pena di formazione del giudicato implicito, in modo chiaro e preciso le domande e le eccezioni (in senso stretto) respinte o ritenute assorbite, in qualsiasi momento del giudizio di secondo grado, fino alla precisazione delle conclusioni, non potendosi in alcun modo ritenere applicabile all’appello, neppure in parte o con adattamenti, il sistema di preclusioni introdotto per il primo grado (art. 167 e segg. c.p.c.) con la novella del 1995 (dl. 18.10.1995 n. 432 convertito COD modifiche dalla L. 20.12.1995 n. 534)”.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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23 commenti:

  1. Dario

    Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
    avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
    Grazie

  2. Silvia

    Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!

    Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…

    Le ultime scuse sono:
    1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
    Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.

    2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.

    Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”

    La ringrazio tantissimo!

  3. Michele Tarantino

    Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie

  4. Carlo Giusti

    La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie

  5. Paola vivaldi

    Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
    Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?

  6. Endymion

    “le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”

    Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?

  7. Ludovico Tallarico

    Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
    Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
    Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
    Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.

  8. Raffaele Caccia

    Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
    Grazie.

  9. Giuseppe Galata'

    Vorrei esporre il mio caso :
    Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
    Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
    Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
    All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
    L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
    • la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
    La domanda è la seguente :
    Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?

  10. Mirco Minardi

    @mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado

  11. Michela

    Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
    Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.

  12. Antonio

    A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
    Grazie
    Antonio

  13. Emanuela

    Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta

  14. Carlo

    Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?

  15. Mauro

    Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
    Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
    Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
    Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
    Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?

  16. NICO

    Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.

  17. Onofrio antonio spinoso

    Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.



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