Ancora sulla prova dei fatti negativi.

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Abbiamo detto che secondo la giurisprudenza prevalente i fatti negativi, qualora integranti un fatto costitutivo, devono essere provati da chi quel diritto intende far valere. Al contrario, se il fatto negativo integra un fatto impeditivo, sarà l’eccipiente a dover dimostrare la sua assenza.

Abbiamo anche affermato che di per sé il fatto negativo non genera una inversione dell’onere della prova, ma abbiamo anche ricordato come invece in tema di obbligazioni contrattuali la violazione dell’obbligo di non fare va provata dal creditore e non dal debitore.

Abbiamo poi ricordato come sia difficile (a volte impossibile) dimostrare un fatto negativo nelle obbligazioni di accertamento negativo, posto che talvolta un fatto inesistente non può essere dimostrato con un fatto contrario esistente, né è detto che attraverso presunzioni si possa dimostrare ciò che non è, parafrasando Parmenide.

Ho trovato questa interessante sentenza della Cassazione che si sofferma su questo tema (Cass. 5744/1993). Leggiamola.

Il principio che l’art. 2697 c.c. pone in ordine al regime probatorio è chiaro: “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

La norma non prevede eccezioni e pertanto non soffre deroga nel caso in cui, secondo il principio in essa fissato, il fatto che si ha l’onere di provare sia negativo, e cioè allorché si assuma che esso non sia avvenuto.

Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, afferma che, allorché i fatti da provare sono negativi, ciò non determina l’inversione dell’onere probatorio, ma importa solo che la prova debba essere data mediante la dimostrazione dei fatti positivi contrari.

L’orientamento, benché nella sostanza corretto, abbisogna, come è evidenziato dal motivo in esame, di essere puntualizzato.

Non esistono fatti negativi: se così fosse, e cioè se si trattasse di “fatti”, non sorgerebbe alcun problema in ordine alla prova degli stessi. Con la locuzione fatti negativi” si intendono fatti che si assume non siano avvenuti: e cioè fatti non accaduti, e, quindi, “non fatti”. È per questo che non è possibile fornire la prova degli stessi, poiché non è possibile dare la dimostrazione di un “non accadimento”.  Ciò che (si assume che) non è accaduto può essere provato solamente mediante presunzioni: il “non accadimento”, difatti, non può essere che desunto, e cioè derivato. E poiché le presunzioni, ai sensi dell’art. 2727 c.c., sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato, è gioco-forza ritenere che la prova del fatto negativo” dev’essere data con la prova di un fatto positivo contrario poiché questo, con la sua certezza, importa, appunto per presunzione, che debba desumersi il “fatto negativo”.

Ma poiché, come si è rilevato, la prova del “fatto negativo” va data non con un fatto positivo contrario, ma con presunzioni, se è vero che di regola è il fatto positivo contrario che fonda la presunzione che si adduce come prova del “fatto negativo”, non è escluso che fatti pur non (esattamente) contrari a questo, possano, in quanto rispondano a requisiti di gravità, precisione e concordanza, ai quali l’art. 2729 c.c. ancora le presunzioni semplici, costituire fondamento della presunzione del “fatto negativo”.

Da quanto sopra può enuclearsi il seguente principio: l’onere probatorio, previsto dall’art. 2697 c.c., non subisce deroga allorché concerne “fatti negativi”; questi, che non possono essere provati direttamente, possono essere dimostrati con presunzioni: le quali, a loro volta, se di regola sono basate su(la prova di) fatti positivi contrari al “fatto negativo”, possono fondarsi su fatti positivi che, benché non (esattamente) contrari a “quello negativo”, siano pur tuttavia idonei, in base ai criteri previsti dall’art. 2729 c.c., a far desumere il “fatto negativo”.

Probabilmente l’estensore si è fatto prendere la mano da reminiscenze di studi filosofici. Dice la Corte:

Non esistono fatti negativi: se così fosse, e cioè se si trattasse di “fatti”, non sorgerebbe alcun problema in ordine alla prova degli stessi. Con la locuzione fatti negativi” si intendono fatti che si assume non siano avvenuti: e cioè fatti non accaduti, e, quindi, “non fatti”. È per questo che non è possibile fornire la prova degli stessi, poiché non è possibile dare la dimostrazione di un “non accadimento”.

Insomma, per dirla con Parmenide: “ciò che è è e non può non essere; ciò che non è non è e non può essere”.

Davvero non è possibile dimostrare che il giorno X Caio non ha dato un calcio in faccia a Tizio? Davvero non è possibile affermare che Mario non ha rotto un vaso in un negozio? Davvero non è possibile affermare che Giulia non ha inserito l’indicatore di direzione prima di svoltare a destra? Davvero non è possibile dimostrare che Luca non ha mai abbandonato il posto di lavoro tra le 17 e le 18 del giorno x? Davvero non è possibile affermare che nello scontro di gioco, Marco, benché entrato a gamba tesa, non ha provocato la caduta di Giorgio?

Attenzione a non lasciarsi prendere troppo la mano dalle astrazioni.  Il diritto è molto più concreto.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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20 commenti:

  1. Carlo

    egr. collega,
    nel ringraziare ancora per il prezioso lavoro le chiederei di sciogliermi un dubbio. la domanda (subordinata) non riproposta con la prima memoria è da intendersi rinunciata?
    grazie

  2. Mirco Minardi

    @Carlo: difficile dare una risposta certa, la giurisprudenza oscilla ancora. Secondo l’ultimo orientamento non viene generata una presunzione di abbandono, salvo che dal tenore dell’atto si debba concludere per la rinuncia.

  3. Piera giardina

    Mirco sei sempre un grande!
    Sai ancora che significa avere un rapporto di colleganza! Bbravo!

  4. Avv. Rocco Caminiti

    Egr. Collega,
    sperando di non disturbarla vorrei porle un quesito: come è possibile la dimostrazione d’invio di una mail contenente copia di un progetto, dichiarata come mai ricevuta da controparte?
    Colgo l’occasione per farle i complimenti per l’ottimo lavoro quotidianamente svolto sul suo sito.
    Grazie ancora

  5. Mario

    Buongiorno,
    in tema di RCA, laddove la compagnia di assicurazione contesti l’entità dei danni subiti dall’autoveicolo danneggiato – affermando che sono esigui – su quale soggetto grava l’onere di provare il contrario?
    Grazie

  6. Mirco Minardi

    @Avv. Rocco Caminiti: ctu informatica, interrogatorio formale e ultima spiaggia giuramento decisorio. Grazie per i complimenti.

  7. Carlo

    Buongiorno Collega. Approfitto dell’articolo da Lei pubblicato qualche tempo fa per chiedere se il mandato conferito per il giudizio di cognizione, che si estende normalmente anche alla fase esecutiva, vale anche per il pignoramento immobiliare attesa la prescrizione di cui all’art.170 disp. att. trans. codice di procedura civile.
    A mio sommesso avviso, è necessario il rilascio di un nuovo mandato quantomeno nel precetto. Se così non fosse perchè la recentissima Cassazione (maggio ’12) si è pronunciata riconoscendo sussistente lo ius postulandi in capo al legale in forza del mandato rilasciato a margine del precetto. Avrebbe potuto semplicemente richiamare il principio generale circa l’estensione del mandato alla fase esecutiva. Per inciso, il giudice mi ha rigettato tale eccezione.
    Grazie e cordiali saluti

  8. Marco

    Gentile Avvocato, dovendo fare una ricerca proprio su quest’argomento, e cioè sul rifiuto da parte dei giudici dei capitoli di prova testimoniale formulati negativamente, come mi consiglia di muovermi? Esistono, che Lei sappia, testi che trattano il problema a livello scientifico? Nei repertori di giurisprudenza ho incontrato difficoltà a trovare sentenze che vadano oltre delle laconiche enunciazioni di principio, e le ordinanze istruttorie difficilmente si trovano nelle riviste. La ringrazio molto.

  9. Vassilia

    Grazie per i tuoi articoli! Sono molto interessata all’argomento delle prove negative..e prove in genere.
    Mi permetto di chiederTi se conosci qualche manuale fatto bene su come fare i capitoli di prova….lo leggerei volentieri!
    Continuero’ a seguirTi!

  10. Alex

    Buongiorno Avvocato. Le chiedo una delucidazione: Ho ricevuto un atto di citazione da trattare avanti al Giudice di Pace. Essendo Dottore in legge e, essendo la causa rientrante in quelle previste ai sensi dell’art. 82 c.p.c. (senza l’ausilio di un avvocato), ho deciso di difendermi da solo. Un amico avvocato, a cui ho fatto vedere quanto prodotto fino ad oggi tra comparsa di costituzione e risposta e verbali compilati avanti al GdP, mi ha detto che sto procedendo bene…ora però sto avendo qualche dubbio, e vorrei risolverlo senza andare di nuovo dal mio amico avvocato, se qualcuno riesce a darmi le opportune delucidazioni. Farò per tanto un piccolo schema per illustrare il punto in cui mi trovo:
    Iscrizione della causa a ruolo e designazione del Giudice di Pace.

    1a UDIENZA; costituzione delle parti. Mi costituisco personalmente e consegno copia della comparsa di costituzione e risposta (in cui ho anche effettuato una domanda riconvenzionale) all’avvocato della controparte. Il Giudice rinvia la causa in prosieguo di prima udienza, fissando il giorno.
    2a UDIENZA; ne io (convenuto), ne l’attore aggiungiamo nulla, il Giudice rinvia la causa ai sensi e per gli effetti dell’art. 320 c.p.c. IV comma.
    3a UDIENZA; l’avvocato (per parte attrice) presenta memorie di replica ex art. 320 c.p.c. e indica due testi; io (convenuto), come uno stupido (e sbagliando!) non presento nulla, ma, riesco a fare inserire nel verbale del Giudice di Pace DUE testimoni (pur non avendo presentato memorie scritte e quindi l’eventuali domande da porgli ), indicando le generalità di essi. Il Giudice decide che nella prossima udienza verrà sentito UN TESTIMONE per parte e ne fissa la data.

    Ora il mio dubbio è questo: devo preparare memoria scritta con le domande da porre?
    Vado in udienza e chiedo al mio teste quello che voglio che dica?
    Contestando totalmente quanto portato sia nell’atto introduttivo (la citazione) e sia quanto riportato nelle memorie di replica, devo presentare “qualcosa” di scritto, oltre a quanto già contestato con la “comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale”, che, essendo susseguente solo alla citazione, contesta solo dette circostanze, e non le NUOVE, cioè quelle enunciate nelle memorie di replica?
    Oppure posso fare interrogare il mio teste a “prova contraria” sui capitoli di prova già previsti dall’attore per il suo teste, chiaramente facendo dire al mio teste “non è vero…” la dove il testo dell’attore dice “è vero…” ? Grazie

  11. Mirco Minardi

    Alex: il processo civile, anche davanti al giudice di pace, è un procedimento molto tecnico. E’ assai pericoloso il “fai da te”, perchè il GDP può anche chiudere un occhio, ma l’eventuale giudice dell’impugnazione no.

  12. Angelo Parisi

    Buongiorno Avv. Minardi,
    Vorrei chiederLe se è ammissibile un capitolo di prova con cui la parte processuale asseritamente danneggiata dall’operato professionale di un architetto demandi al “teste” (che poi teste non è, trattandosi del tecnico di fiducia che ha redatto la perizia tecnica di parte prodotta dal danneggiato a supporto della propria richiesta risarcitoria) giudizi di natura tecnica sull’attività professionale espletata dall’architetto, per dimostrare che questi ha commesso errori professionali.

  13. Paola

    buonasera, una domanda
    può essere considerato generico un capo di prova in materia di insidia/Trabocchetto quando il danneggiato indica nel capo di prova il luogo e la data del sinistro ma non specifica l’orario in cui il medesimo sinistro si sarebbe verificato?
    Grazie

  14. Emanuele

    Buongiorno, prezioso il contenuto di tutti gli articoli.
    Mi soffermo sui fatti negativi da provare, il primo articolo.
    Ti chiedo difendendo un industriale dalle richieste economiche della ex che ha l’onere della prova di provare la sua presenza in azienda (cosa che di fatto non avveniva ed è una circostanza negativa), come formulare il quesito ad un teste?
    “Vero che Tizia nell’azienda XYZ non ha svolto funzioni decisionali, non ha concluso contratti, non ha trattato fornitori etc …”.

    Leggendo il Tuo articolo, ragiono:
    1) formulo in senso positivo e aggiungo la dicitura che leggo che hai messo te di seguito al capitolo positivo per dire che si intendeva formulare un capitolo negativo ?
    2) devo invece provare con fatti contrari positivi per cui chiedendo l’escussione di chi
    – concludeva i contratti
    – aveva firme in banca
    – trattava fornitori
    Rimane comunque il fatto che sul punto l’onere della prova è di Tizia

    Che consiglio mi puoi dare
    Grazie
    E.

  15. Mirco Minardi

    Dopo la sentenza della S.C. io articolo i capitoli in negativo, precisando che nel caso in cui il giudice ritenesse di dissentire dall’orientamento espresso dalla Corte esse debbono intendersi formulati in positivo



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