Inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione dell’art. 366 c.p.c.

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Il ricorso deciso dalla recente ordinanza n. 33694/2024 è stato dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., a causa della mancanza di un’adeguata esposizione del fatto processuale e della carenza di specificità delle censure. Tale disposizione normativa stabilisce i requisiti formali del ricorso per cassazione, definendo un vero e proprio “modello legale” il cui mancato rispetto comporta l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità.

I Principi Stabiliti dalle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno recentemente ribadito (SU n. 37552/2021) che il ricorso per cassazione deve rispettare i principi di chiarezza e sinteticità espositiva. Il ricorrente ha l’onere di selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sottoposta a giudizio, offrendo una rappresentazione concisa dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate. Tuttavia, l’inosservanza di tali principi può portare a una declaratoria di inammissibilità solo quando l’esposizione dei fatti risulti oscura o lacunosa, pregiudicando l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza impugnata e violando i requisiti di forma-contenuto sanciti dai numeri 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c.

La Carenza di Chiarezza nel Caso di Specie

Nel caso in esame, il ricorrente non ha fornito una chiara e sintetica esposizione dei fatti, bensì una narrazione intricata e confusa, arricchita da continue valutazioni personali e da numerosi stralci di atti processuali, con la conseguente difficoltà di individuare le distinte componenti delle ragioni decisorie della sentenza impugnata e delle specifiche censure. Tale modalità di redazione ha reso necessario un complesso sforzo interpretativo da parte del giudice di legittimità per ricostruire la logica delle argomentazioni dedotte.

Analogamente, i motivi di ricorso sono stati esposti in modo farraginoso e involuto, caratterizzato da sovrapposizioni di elementi di fatto e di diritto che hanno reso arduo discernere le reali critiche alla sentenza impugnata. Una simile impostazione contrasta con i principi di chiarezza richiesti dalla giurisprudenza della Corte.

Conseguenze dell’Inosservanza dell’Art. 366 c.p.c.

Già con la sentenza n. 17698/2014, la Corte di Cassazione ha chiarito che il mancato rispetto del dovere di chiarezza espositiva può condurre all’inammissibilità del ricorso, poiché tale carenza pregiudica il diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost. e i principi del giusto processo sanciti dall’art. 111, comma 2, Cost. e dall’art. 6 CEDU. Inoltre, la confusione espositiva grava inutilmente lo Stato e le parti di oneri processuali superflui.

In questo contesto, la giurisprudenza ha ribadito (Cass. n. 8009/2019) che l’inosservanza del dovere di chiarezza espositiva comporta il rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, specialmente quando pregiudica la comprensione delle questioni di fatto e di diritto, ostacolando la funzione nomofilattica della Corte.

La Specificità del Ricorso per Cassazione

Un ulteriore profilo di criticità riguarda la specificità del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di comprendere l’oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza la necessità di esaminare autonomamente gli atti di causa. Tale principio, modulato conformemente alla sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), impone che il ricorso sia redatto con criteri di sinteticità e chiarezza, richiamando gli atti e i documenti essenziali per facilitare il compito della Corte e garantire una corretta amministrazione della giustizia (Cass. n. 8117/2022).

La Pronuncia della Cassazione Civile, Sez. III, n. 33694/2024

A ulteriore conferma di tali principi, la recente ordinanza della Cassazione Civile, Sez. III, 20/12/2024, n. 33694, ha ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione è conseguenza inevitabile in presenza di una redazione confusa e prolissa che renda incomprensibili i motivi di impugnazione. Secondo la Corte, il ricorso deve consentire al giudice di comprendere agevolmente le questioni sollevate senza la necessità di una ricostruzione artificiosa e laboriosa degli elementi di causa. In caso contrario, si verifica la violazione dei requisiti formali sanciti dall’art. 366 c.p.c., con la conseguente declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

Conclusioni

Alla luce di tali principi, il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile, poiché la confusione espositiva ha impedito alla Corte di comprendere adeguatamente le doglianze proposte e di esercitare il proprio sindacato di legittimità. Il rispetto dei requisiti di forma e contenuto imposti dall’art. 366 c.p.c. è imprescindibile per garantire l’effettività del diritto di difesa e il regolare svolgimento del processo di cassazione.

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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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