Si può parlare di rinnovazione quando il primo atto notificato è un ricorso, mentre il secondo è una citazione?

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Mirco Minardi [audio:https://www.lexform.it/podcast/ricorso_o_citazione.mp3]

(clicca su “play” per ascoltare- di seguito la trascrzione dell’audio)

Ricorso o citazione? Citazione o ricorso?

A volte è semplice stabilire la forma dell’atto introduttivo, altre volte è un po’ più complicato perché la legge nulla dice.

Si pensi ad esempio all’impugnazione della sentenza emessa dal Giudice di Pace nel procedimento di opposizione alle sanzioni amministrative (art. 23 legge 1981/689) che il d.lgs 40/2006 ha sottratto alla Cassazione. E’ dubbio se la forma da adottare sia appunto il ricorso oppure la citazione.

Sulla questione possono dirsi fermi alcuni punti, almeno nella giurisprudenza di legittimità:

  • la diversa forma adottata non produce ex se una nullità;
  • ciò che conta è che l’atto abbia raggiunto il suo scopo;
  • tuttavia, ai fini della tempestività, occorre tenere in considerazione il momento in cui si verifica la pendenza della lite in base alla forma dell’atto e cioè:
    • per il ricorso: dal deposito;
    • per la citazione: dalla notifica (consegna dell’all’ufficiale giudiziario).

Pertanto, laddove si sia erroneamente impugnata con citazione una sentenza, l’impugnazione sarà tempestiva se depositata entro il termine di legge; viceversa, laddove la sentenza sia stata erroneamente impugnata con ricorso, l’impugnazione sarà tempestiva se il ricorso e il decreto verrà notificato entro il termine di legge.Sembrerebbe tutto chiaro, ma non è così.

Importanti Corti d’appello, ritengono infatti che laddove sia stata adottata la forma del ricorso, anziché quella della citazione, l’atto non può raggiungere il proprio scopo laddove manchi:

  • la data di udienza;
  • l’invito a costituirsi e a comparire all’udienza;
  • l’avvertimento che la costituzione oltre i limiti importa le decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.

In tal caso, si dice, non può applicarsi l’art. 164 c.p.c. che prevede la sanatoria con effetti ex tunc dell’atto rinnovato, in quanto non si può parlare di rinnovazione, bensì di un nuovo e diverso atto che avrà effetti ex nunc.

Per cui, per evitare di incorrere in decadenze, seguite questo consiglio:

Nei casi dubbi:

  • o adottate la citazione che contiene in sé tutti gli elementi del ricorso più gli elementi sopra indicati;
  • oppure quando fate un ricorso ricordatevi di aggiungere l’invito a comparire e a costituirsi all’udienza che verrà fissata dal Giudice e l’avvertimento che la costituzione oltre i limiti importa le decadenza di cui all’art. 167 c.p.c.

Corte appello Firenze, 30 novembre 2007, n. 1526, sez. I

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 1 ottobre 1996, ALFA s.r.l. citava in giudizio il Comune di BETA per sentirne accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale, con conseguente condanna del medesimo al risarcimento della somma di L. 113.461.400 a titolo di danno emergente, nonché di altra somma da determinarsi in corso di causa a titolo di lucro cessante. A sostegno della domanda, parte attrice esponeva di avere stipulato nel 1988 una convenzione relativa alla gestione fino al 1996 della programmazione cinematografica estiva presso il Giardino S. di proprietà comunale. Nel 1993, essendo emersa la necessità di alcuni interventi volti a migliorare la struttura (segnatamente mediante la sostituzione di 1.000 poltroncine per il pubblico e la realizzazione di nuovi sostegni per lo schermo cinematografico), l’esponente si era dichiarata disponibile a sostenere il relativo investimento, purché le fosse garantito il rinnovo della convenzione. Dopo avere ricevuto assicurazioni in tal senso dall’Assessore alla Cultura, l’attrice aveva affrontato gli interventi a proprie spese, ma alla scadenza si era vista inopinatamente negare il rinnovo della convenzione, ciò che per l’appunto assumeva come fonte di responsabilità precontrattuale
Il Comune di BETA si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda perchè infondata in fatto e in diritto.
Con sentenza del 26 maggio 2004 (depositata il 31 agosto 2004), il Tribunale di Pisa respingeva la domanda e condannava parte attrice alle spese, non ravvisando nei fatti accertati i presupposti per configurare la responsabilità precontrattuale dell’ente convenuto.
Con atto denominato “ricorso” notificato alla controparte il 2 dicembre 2004, la società soccombente interponeva appello, insistendo nella propria tesi e lagnandosi dell’inadeguatezza e superficialità della motivazione di primo grado. Il Presidente fissava l’udienza del 20 giugno 2006 per la trattazione della causa, previa nuova notificazione dell’atto e del pedissequo decreto alla parte appellata, che veniva eseguita in data 13 aprile 2005.
Costituendosi in giudizio, il Comune di BETA eccepiva preliminarmente l’inammissibilità dell’appello, per essersi perfezionata la valida notifica della citazione soltanto dopo la scadenza dei termini perentori previsti dalla legge e non potendosi ritenere sanabile con effetto retroattivo il difetto insito della prima notificazione tempestiva. Infatti, il primo atto notificato non indicava la data dell’udienza di comparizione, né il giudice davanti al quale comparire, non invitava la parte convenuta a costituirsi nei termini legge, né l’avvertiva delle eventuali decadenze. In via subordinata, l’appellato chiedeva in ogni caso il rigetto nel merito del gravame, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, vinte le spese.
Senza svolgimento di alcuna attività istruttoria, sulle conclusioni precisate all’udienza del 5 giugno 2007, decorsi i termini di legge per il deposito delle difese finali, la causa veniva discussa all’odierna camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla parte appellata.
In astratto, non v’è dubbio che sia applicabile al procedimento il disposto dell’art. 164 comma 2 c.p.c. come novellato nel 1990, secondo il quale la rinnovazione di una citazione nulla per carenza dei requisiti stabiliti ai nn. 1 e 2 dell’art. 163 sana i vizi originari “e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione”, resta tuttavia da verificare se l’atto introduttivo del presente giudizio sia in concreto riconoscibile come “citazione nulla” ai sensi del comma 1 dell’art. 164 c.p.c., oppure se esso sia privo dei requisiti minimi per potersi fregiare di tale qualifica e, conseguentemente, per potersi giovare del meccanismo retroattivo di sanatoria sopra richiamato, così come sostiene parte appellata evocando il concetto di radicale inesistenza della citazione.
Occorre sottolineare che il punto delicato dell’interpretazione non risiede nel realizzarsi in sé della sanatoria, che nessuno può seriamente mettere in discussione, bensì nel dispiegarsi o meno dell’effetto retroattivo. Dal primo punto di vista, il principio generale sancito dall’art. 156 comma 3 c.p.c. (di cui l’art. 164 comma 2 c.p.c. costituisce in fondo espressione) fa sì che gli atti processuali non possano dichiararsi invalidi quando abbiano raggiunto i loro effetti tipici e nella specie è pacifico che, a seguito della rinnovazione della citazione, la parte convenuta si è infine costituita in giudizio esercitando integralmente il proprio diritto di difesa. Il punto dolente è invece il secondo, dovendosi stabilire “quando” il contraddittorio possa dirsi regolarmente instaurato rispetto ai termini perentori previsti per l’impugnazione, in modo da evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, che la tardività della notificazione dell’appello andrebbe altrimenti a determinare.
Al riguardo, è ben vero che il sistema tende a privilegiare il perseguimento del naturale epilogo del processo mediante la pronuncia di una sentenza di merito sul diritto controverso, ma è altrettanto vero che esso pone precise scansioni ed invalicabili sbarramenti onde assicurare certezza, precisione e sollecitudine nella definizione dei rapporti litigiosi, rinunciando alle quali la contesa rischierebbe di dilatarsi in modo indefinito e scomposto.
Considerate queste ultime esigenze, sembra fin troppo ovvio che la sanatoria prevista dall’art. 164 comma 2 c.p.c. non possa operare rispetto a qualunque pezzo di carta venga notificato alla controparte, bensì, come precisa testualmente la legge, possa intervenire soltanto sulla “nullità della citazione ai sensi del primo comma”, dunque possa giovare unicamente all’atto di citazione in cui siano omesse o assolutamente incerte le indicazioni relative: 1) all’ufficio davanti al quale la domanda è proposta, 2) all’identità delle parti, 3) alla data dell’udienza di prima comparizione, oppure quando 4) sia stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello minimo di legge o infine 5) manchi l’invito a costituirsi nei termini adeguati. Se viceversa l’atto notificato, stante la carenza di altri requisiti essenziali, non risponde al tipo disegnato dal legislatore sotto il nome di citazione, ecco che l’apposito rimedio dianzi evocato non potrà operare e si renderà necessario affrontare il problema rivolgendosi ad altri istituti, come quello della conversione, finalizzato ad estrarre dall’atto nullo tutte le potenzialità latenti, ossia enucleando, nella logica dell’art. 159 c.p.c., tutti gli effetti di cui esso è strutturalmente capace indipendentemente dalla nullità che lo colpisce.
Ebbene, un semplice sguardo all’atto introduttivo del presente giudizio ne palesa l’irriducibilità alla struttura della citazione, mancando il nucleo centrale della chiamata in causa ed essendo esso conformato, sotto il profilo formale e sostanziale, in guisa inconfondibile di “ricorso”, vale a dire di una vocatio iudicis, di una lamentela direttamente sottoposta al giudice superiore. Abilmente, nella memoria conclusionale di replica, la difesa appellante sostiene che non può negarsi la sussistenza dell’atto introduttivo del giudizio, ma è doveroso obiettare che il problema cruciale non va dimensionato a quel livello, bensì risiede nella sussistenza o meno di un atto di citazione degno di quel nome. La sanatoria invocata, infatti, non si addice a qualunque atto introduttivo di un giudizio, attiene specificamente all’atto di citazione. Mentre un atto di citazione viziato può essere rinnovato, un ricorso (quindi un non-atto di citazione) non può essere propriamente “rinnovato” in una forma che non ha, quanto semmai “convertito” in un valido atto di citazione.
Né può fondatamente sostenersi l’equiparazione tra ricorso e citazione sulla base della considerazione per cui “se il ricorso, al pari dell’atto di citazione, è uno degli strumenti introduttivi della lite previsti dall’ordinamento processuale civile, allora non si rinvengono nell’utilizzo dell’uno piuttosto che dell’altro divergenze tali, rispetto al modello, da poter fare ritenere insanabile la nullità o addirittura l’inesistenza dell’atto” (pag. 7 memoria di replica). I due strumenti rispondono infatti a canoni processuali diversi e per certi aspetti antitetici, dei quali non può predicarsi la promiscuità senza svilirne l’intima ragion d’essere. Se così non fosse, la distinzione categoriale diverrebbe priva di senso ed ogni giudizio potrebbe indifferentemente instaurarsi in un modo o nell’altro, riparandosi sempre e comunque sotto il comodo ombrello della sanatoria ex tunc, con buona pace della tecnica processuale e con esaltazione del già elevato tasso di caos alle radici del sistema.
Si badi che l’opzione ermeneutica più rigorosa, che tiene ben distinti ed assegna significato autonomo ai due strumenti introduttivi della lite, non implica affatto la definitiva irrimediabilità dell’eventuale errore nella scelta, ma li limita a riportare gli effetti della sempre possibile sanatoria al loro naturale dispiegarsi ex nunc, confinando la deroga salvifica di cui all’art. 164 comma 2 c.p.c. ai casi ivi espressamente contemplati ed imponendo, per il resto, il rispetto, nell’ambito della conversione, delle esigenze di celerità e certezza sottesi alla previsione di termini processuali perentori.
Conforta, in questo senso, la giurisprudenza della Suprema Corte in situazioni non troppo dissimili, come quelle della riassunzione del giudizio dopo il verificarsi di una causa d’interruzione (cfr. Cass. 7 maggio 2007 n. 10291), oppure dell’instaurazione del giudizio di revocazione (cfr. Cass. 11 marzo 2003 n. 3554), laddove l’effetto sanante della trasformazione del ricorso in citazione – o viceversa – è stato sempre subordinato all’osservanza dei termini perentori ordinariamente previsti nel contesto del modello processuale tipico.
Condividendo tale criterio, occorre prendere atto che nella specie un valido atto di citazione è stato notificato alla parte appellata troppo tardi, sicché va dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione. Ogni altra questione resta assorbita.
L’appellante S.E.C.I. s.r.l. va conseguentemente condannata al pagamento delle spese processuali del grado, che, tenuto conto della natura e del valore della causa, si liquidano in complessivi euro 2.500,00 per competenze oltre alle spese forfettarie, nonché al trattamento fiscale e previdenziale vigente.

P.Q.M.
la Corte d’Appello di Firenze, sezione I civile, definitivamente pronunciando nella causa in oggetto,
DICHIARA
inammissibile l’appello proposto da ALFA s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di BETA in data 26 maggio 2004 n. 661 e condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori, a favore dell’appellato Comune di BETA.
Firenze, 26 ottobre 2007
Il Consigliere est. Il Presidente
Depositata in cancelleria il 30 novembre 2007
col n. 1526
Giudice Edoardo Monti


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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