Tizio si rivolge al Tribunale per i minorenni per essere autorizzato a riconoscere il figlio non ancora sedicenne ex art. 250 c.c.
Art. 250 Riconoscimento.
[I]. Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall’articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento [303 Cost.]. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
[II]. Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso [2732].
[III]. Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.
[IV]. Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all’interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l’intervento del pubblico ministero [70n. 3 c.p.c.], decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante [2908; 38 att.].
[V]. Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età [2841].
La madre si oppone. Il TpM decidendo in camera di consiglio accoglie la domanda. Ricorre in appello la madre ma la Corte di secondo grado lo dichiara tardivo in quanto proposto con citazione depositata oltre 30 giorni dalla notifica della sentenza. La sentenza viene confermata in Cassazione la quale osserva:
- trattasi di disciplina in tutto analoga a quella prevista per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale di minori dall’art. 269 cod. civ., comma 1, che deve essere decisa con sentenza (art. 277 cod. civ.) dal Tribunale per i minorenni in camera di consiglio (art. 38 disp. att. cod. civ.);
- la Corte a SS.UU., con sentenze nn. 5629 e 7170 del 1996, ha statuito: a) che trattandosi di sentenza che incide su diritti soggettivi, i termini per l’appello non sono quelli di dieci giorni previsti dall’art. 739 c.p.c., per il reclamo avverso i provvedimenti pronunciati in camera di consiglio, ma quelli propri delle sentenze di rito ordinario, e cioè il termine breve di trenta giorni dalla notificazione della sentenza e il termine lungo di un anno dalla pubblicazione nel caso in cui la sentenza non sia stata notificata; b) che la forma dell’atto di appello, versandosi in materia di procedimenti in camera di consiglio, è quella del ricorso e non quella della citazione, stante le previsione generale di cui all’art. 737 c.p.c., sicchè il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, mentre nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa, il gravame deve considerarsi tempestivamente e validamente proposto solo ove il deposito della citazione avvenga entro il termine breve di trenta giorni dalla notifica della sentenza, essendo detto deposito l’atto con il quale, nei procedimenti camerali, l’impugnazione è proposta, cosicchè deve avvenire necessariamente entro il su detto termine di decadenza.
- Ne consegue che anche nel procedimento previsto dall’art. 250 cod. civ., comma 4 – come è stato affermato dalla sentenza impugnata – il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, mentre nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa, il gravame deve considerarsi tempestivamente e validamente proposto solo ove il deposito della citazione avvenga entro il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza, essendo detto deposito l’atto con il quale, nei procedimenti camerali, l’impugnazione è proposta.
Pertanto, l’appello va proposto con ricorso depositato entro 30 giorni dalla pubblicazione della sentenza.
Cassazione civile sez. I, 31 dicembre 2008, n. 30688
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 K.M.B.A., con ricorso al tribunale per i minorenni di Firenze, chiese di essere autorizzato al riconoscimento del minore G.R.C.A., deducendo che il medesimo era nato da una sua relazione con G.R.S.. Quest’ultima si costituiva opponendosi all’accoglimento della domanda, non rispondendo, a suo giudizio, il riconoscimento all’interesse del minore, ma essendo unicamente finalizzato ad evitare l’espulsione dall’Italia del richiedente. Il tribunale per i minorenni di Firenze, con sentenza depositata il 28 aprile 2006, notificata il 16 giugno 2006 alla G.R., accolse la domanda di K.M.B. A. di autorizzazione al riconoscimento di paternità del minore G.R.C.A.. Avverso la sentenza la G. R. propose appello, che fu dichiarato inammissibile, perchè tardivamente proposto, dalla Corte di appello di Firenze, sezione per i minorenni, con provvedimento depositato il 27 settembre 2007, notificato il 9 gennaio 2008. Tale provvedimento è stato impugnato dinanzi a questa Corte dalla G.R. con atto notificato alla controparte il 20 febbraio 2008, nonchè alla curatrice speciale del minore avv.ssa Benedetta Rossi. Le parti intimate non hanno depositato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 Con il ricorso si denuncia la violazione dell’art. 325 c.p.c., per avere la Corte d’appello dichiarato inammissibile il gravame in quanto contro la sentenza di primo grado esso andava proposto entro trenta giorni dalla sua notifica, ed entro tale termine doveva avvenire non solo la notifica dell’atto di appello, ma anche il suo deposito in cancelleria, avvenuto, invece, oltre detto termine di trenta giorni. Si deduce al riguardo che il giudizio promosso a norma dell’art. 250 cod. civ., comma 4, quale è quello in oggetto, in forza dell’art. 38 disp. att. cod. civ., deve essere trattato con rito camerale, ma ha natura contenziosa e si conclude con sentenza.
Avverso di questa l’appello va proposto nelle forme ordinarie, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza, con iscrizione a ruolo entro dieci giorni dalla notifica. A conforto di tale tesi si citano le sentenze nn. 687 del 1991 e 5575 del 1989 di questa Corte. Si deduce, altresì, che secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 107 del 2004 la notifica dell’atto di appello doveva ritenersi avvenuta per l’appellante in data 13 luglio 2006, anche se essa si era perfezionata per l’appellato in data 19 luglio 2006, con la ricezione da parte sua, e quindi l’appello doveva ritenersi tempestivo, essendo stato il provvedimento impugnato notificato in data 16 giugno 2006.
Con il secondo motivo si denunciano vizi motivazionali per non avere la Corte di appello motivato in ordine al merito del gravame.
2 Il ricorso deve essere dichiarato infondato.
L’art. 250 cod. civ., prevede che il riconoscimento del figlio che non abbia compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Il consenso – a norma del comma 4 di tale articolo – non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all’interesse del figlio e “se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l’intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante”. L’art. 38 disp. att. cod. civ., stabilisce (al comma 1) che sono di competenza del tribunale per i minorenni, tra l’altro, i provvedimenti previsti dall’art. 250 cod. civ., sui quali (comma 3) “il tribunale provvede in Camera di consiglio”, a norma dell’esplicito disposto dell’art. 250 c.c., comma 4, con sentenza.
Come questa Corte ha già rilevato con la sentenza 26 aprile 1999, n. 4148, trattasi di disciplina in tutto analoga a quella prevista per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale di minori dall’art. 269 cod. civ., comma 1, che deve essere decisa con sentenza (art. 277 cod. civ.) dal Tribunale per i minorenni in camera di consiglio (art. 38 disp. att. cod. civ.), in relazione alla quale questa Corte a SS.UU., con sentenze nn. 5629 e 7170 del 1996, ha statuito: a) che trattandosi di sentenza che incide su diritti soggettivi, i termini per l’appello non sono quelli di dieci giorni previsti dall’art. 739 c.p.c., per il reclamo avverso i provvedimenti pronunciati in camera di consiglio, ma quelli propri delle sentenze di rito ordinario, e cioè il termine breve di trenta giorni dalla notificazione della sentenza e il termine lungo di un anno dalla pubblicazione nel caso in cui la sentenza non sia stata notificata;
b) che la forma dell’atto di appello, versandosi in materia di procedimenti in camera di consiglio, è quella del ricorso e non quella della citazione, stante le previsione generale di cui all’art. 737 c.p.c., sicchè il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, mentre nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa, il gravame deve considerarsi tempestivamente e validamente proposto solo ove il deposito della citazione avvenga entro il termine breve di trenta giorni dalla notifica della sentenza, essendo detto deposito l’atto con il quale, nei procedimenti camerali, l’impugnazione è proposta, cosicchè deve avvenire necessariamente entro il su detto termine di decadenza.
Pertanto – sulla base dei principi affermati dalle sopra citate decisioni delle SS.UU. di questa Corte, in materia regolata in modo del tutto analogo a quella in esame, i quali hanno avuto costante conferma nella giurisprudenza successiva (da ultimo Cass. 10 agosto 2007, n. 17645; 17 novembre 2006, n. 24502; 22 luglio 2004, n. 13660) – già con la sopra citata sentenza n. 4148 del 1999 si è ritenuto di non poter condividere l’orientamento espresso in precedenza da questa sezione con le sentenze nn. 687 del 1991, 5575 del 1989, 6557 del 1988, secondo le quali nel procedimento di cui all’art. 250 cod. civ., comma 4, promosso dal genitore che intenda riconoscere il figlio infrasedicenne per superare l’opposizione dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, l’appello contro la sentenza del tribunale per i minorenni andrebbe proposto con citazione notificata entro il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza e, in mancanza, nel termine di un anno dal suo deposito. Detto orientamento, infatti, deve ritenersi superato dal principio affermato dalle SS.UU. con le citate decisioni, secondo il quale, nei procedimenti regolati dall’art. 38 disp. att. cod. civ., che si svolgono con il rito camerale e si concludono con sentenza “la forma dell’appello è quella del ricorso e non quella della citazione, stante la previsione generale di cui all’art. 737 c.p.c.”, a norma del quale “i provvedimenti che debbono essere pronunciati in Camera di consiglio si chiedono con ricorso”, e rispondendo alla “ratio” del sistema che, tutte le volte in cui il legislatore abbia previsto il rito camerale per il primo grado di un determinato procedimento, tale rito debba ritenersi implicitamente adottato anche per il gravame proponibile avverso di esso, ancorchè non consista nel reclamo previsto dall’art. 739 c.p.c..
Ne consegue che anche nel procedimento previsto dall’art. 250 cod. civ., comma 4 – come è stato affermato dalla sentenza impugnata – il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza, mentre nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa, il gravame deve considerarsi tempestivamente e validamente proposto solo ove il deposito della citazione avvenga entro il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza, essendo detto deposito l’atto con il quale, nei procedimenti camerali, l’impugnazione è proposta.
Non essendo addotti con il ricorso ragioni che possano indurre a discostarsi dal su detto principio, ad esso va data continuità e il motivo va dichiarato non fondato.
Il secondo motivo è inammissibile, non potendo la Corte di appello esaminare il merito dell’appello, avendolo – per quanto sopra detto – giustamente dichiarato inammissibile.
Nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata depositato difese.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2008
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Se una sentenza ha accolto un opposizione a d.i. nel senso di ridurre l’importo indicato nel decreto, l’opposto può proporre appello e contestualmente
avviare l’esecuzione della gravata sentenza per la parte di credito riconosciuta? oppure, come mi è stato riferito, l’esecuzione equivale ad implicita acquiescenza e, conseguentemente, impedirebbe la proposizione del gravame?
Grazie
@dario: l’inizio dell’esecuzione non equivale ad acquiescenza
grazie per le delucidazioni.
Buongiorno Ho bisogjno del suo aiuto!!
Mio papa si è fatto fregare dal commune un terreno anni fà e non ancora pagato. Dopo tantissimi anni ancora la causa non è stata risolta…
Le ultime scuse sono:
1) La informo che la trattazione dell’appello è stata rinviata all’udienza del 26/05/2016, in quanto la Cancelleria della Corte di Appello non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado.
Questa acquisizione è indispensabile per potere andare avanti nella causa ed i ritardi sono imputabili al fatto che la Sezione Distaccata di Siderno (presso la quale si è svolto il primo grado del giudizio), è stata soppressa con accormapento al Tribunale Civile di Locri, presso il quale sono confluiti tutti i fascicoli e documenti relativi a detta sezione.
2) la causa oggi è stata rinviata al 10/11/2016 per la trattazione dell’appello e sempre per l’acquisizione del fascicolo di primo grado, ossia relativo al giudizio che si è svolto a Siderno, non avendo ancora provveduto la cancelleria del Tribunale di Locri. Purtroppo questi sono i tempi della giustizia, dettati dai giudici, sui quali, ahimè, gli avvocati non hanno potere.
Mi sà spiegare in modo semplice perchè I termini giuridici sono complicati “non aveva ancora acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado”
La ringrazio tantissimo!
Con il primo grado di giudizio venivo assolto con formula piena per alcuni capi di imputazione mentre per altri venivo condannato per peculato. Contestualmente venivo sospeso dal lavoro dall’Ente Comune con retribuzione ridotta ad assegno alimentare pari al 5O%. Successivamente in appello la sentenza veniva riformata dihiarando la Corte non doversi procedere in ordine al relativo reato in quando estinto in data antecedente a quella della condanna inflitta in primo grado e per l’effetto revoca le statuzioni civili contenute in ques’ultima. Si chiede gentilmente se si ha diritto alla restituzione delle somme dello stipendio non percepite. Considerando che in primo grado avevo già riportato per altri capi di imputazione l’assoluzione con formula piena grazie
La sentenza di appello riforma parzialmente quella del tribunale, dispone sulle spese di lite ma nulla dice riguardo le spese del giudizio di primo grado. Che fine fanno tali ultime spese ? Grazie
@Giusti: ricorso per Cassazione
Egregio Avv. ho un dubbio. Ho vinto in Cassazione in merito al mio divorzio. Vittoria totale, tutte le domande accettate. Rimandata la causa alla Corte d Appello. Quest ultima aveva completamente spazzato via ben 3 assegni di mantenimento(mio e dei miei 2 figli)
Stiamo procedendo al conteggio del dovuto di questi anni mai più pagati. L avvocato che mi ha seguito x separazione e divorzio sostiene che i calcoli vanno fatti a partire dalla sentenza di Appello,il cassazionista dice che per il principio della sostituzione(mi sembra..) vengono cassati i precedenti gradi di giudizio e si riparte dalla sentenza di separazione. Chi ha ragione?
“le stesse possono trovare ingresso nella fase di g”ravame predetta al fine di precostituire il titolo esecutivo per le restituzioni, fermo restando che la condanna restitutoria va subordinata al passaggio in giudicato e, in ogni caso, non può essere eseguita prima di quel momento.”
Dunque se pende il giudizio in cassazione non mi possono chiedere la restituzione delle somme?
Buonasera ho appena subito sentenza di separazione personale con un aumento dell’assegno di mantenimento. Il mio stipendio attuale e’ di circa 1250 euro ed il trib.ha stabilito debba 380 euro di mantenimento. Attualmente convivo avendo lasciato l’abitazione familiare poiche’ assegnata.Ho ragione di chiedere un abbattimento della debenza?
Se non avessi convissuto sarei letteralmente per strada.
Sono laureato ho la qualifica di operaio ed il giudice ha innalzato il mantenimento valutando che la mia preparazione lasci ben sperare per un posto di lavoro migliore.Peccato non sia cosi’…se fosse cosi’facile mi piacerebbe chiedere al giudice di trovarmi un posto da laureato.Sono una guardia giurata…
Grazie x l’attenzione ed eventuale gradita replica.
Gli attori, eredi di un soggetto deceduto a seguito di sinistro stradale, sono stati condannati al pagamento delle spese legali a seguito del rigetto della loro domanda. Soltanto uno degli eredi vorrebbe proporre gravame alla sentenza . Posso proporre appello solo per uno di loro e non per tutti?
Grazie.
@Avv. Caccia: sì, ma l’atto, ritengo, debba essere notificato a tutti
@Ludovico: sempre difficile in questi casi prevedere la decisione
Vorrei esporre il mio caso :
Il condominio aveva intentato causa ad un condomino ; il sottoscritto aveva partecipato al primo grado.
Il condominio vide rigettarsi in primo grado le richieste , con compensazione delle spese.
Il condominio era ricorso in appello ; il sottoscritto aveva espresso ritualmente dissenso in base al 1132 c.c.
All’esito dell’appello il condominio vide la “conferma integrale della sentenza impugnata” e la rifusione delle spese sia di primo che secondo grado.
L’amministratore elabora una ripartizione secondo il seguente schema:
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il primo grado , a coloro che avevano promosso il primo grado ( tra cui il sottoscritto) ed a coloro che non avevano dissentito
• la parte della soccombenza in appello dovuta per il secondo grado , a coloro che avevano promosso il secondo grado ed a coloro che non avevano dissentito
La domanda è la seguente :
Se è certo che è stato il ricorso in appello del condominio a determinare la condanna alla rifusione delle spese alla controparte anche in primo grado , perchè il sottoscritto , che aveva ritualmente espresso il proprio dissenso in riferimento all’art.1132 c.c. “separando la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” , si è visto caricato di quest’onere , soprattutto in considerazione che il primo grado aveva visto la compensazione delle spese?
@mi pare corretta la ripartizione, in quanto il giudice d’appello ha modificato la decisione delle spese relative al primo grado
Ho vinto il primo grado di giudizio e il mio ex datore di lavoro è stato condannato al pagamento di un’indennita risarcitoria di 12 mensilità per licenziamento nullo più la reintegra che io ho rifiutato in luogo dell’indennita’ di 15 mesi. Dopo diversi mesi ancora non ha pagato e ha impugnato in appello. Mi è stato sconsigliato dal mio avv di andare avanti con il pignoramento, perché nel caso la sentenza di primo grado venga confermata in secondo, si dovrebbe rifare tutta la procedura da capo essendo cambiando il titolo esecutivo. È corretto?
Quindi tanto vale aspettare e accettare la proposta ricevuta da avv della controparte, cioè di pagarmi un acconto oggi e aspettare la sentenza di secondo grado. Io sono perplessa, ho una sentenza in mio favore da tanti mesi e non mi sento per niente tutelata.
A seguito di sentenza di appello che mi impone la restituzione di quanto incamerato in primo grado (quale distrattario), mi viene un dubbio nell’apprestarmi alla riconsegna: a suo tempo l’impresa soccombente versò in mio favore le spese comprensive di IVA e applicò la Ritenuta di Acconto provvedendo al versamento. Mi chiedo: io dovrò restituire anche l’importo ricevuto per IVA, nonostante l’impresa ha avuto titolo per “scaricarla” ? e indoltre: dovrò aggiungere alla somma netta percepita anche l’importo a suo tempo versato dall’impresa soccombente come Ritenuta di Acconto ?
Grazie
Antonio
Salve, avrei una domanda. Mio cognato, docente, anni fa ha vinto in primo grado una causa di lavoro ottenendo il risarcimento x mancata stabilizzazione. Essendo nel frattempo entrato di ruolo e avendo proposto appello il Miur, mio cognato ha deciso di non costituirsi in giudizio, stante anche gli orientamenti a lui sfavorevoli della Cassazione. Il giudice di appello stavolta ha accolto il ricorso del MIUR sia basandosi appunto sulle recenti sentenze della Cassazione che considerano il passaggio di ruolo come una forma diversa di ristoro sia adducendo che nel ricorso mancano “le prove” dell’abuso reiterato da parte del MIUR, non essendo stati allegati al ricorso i documenti che provano il susseguirsi del rapporto di lavoro presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra. Ora io mi chiedo: il giudice d’appello non avrebbe dovuto avere contezza di questi documenti rinvenendoli nel fascicolo d’ufficio di primo grado? Perché è chiaro che il MIUR non li ha allegati al suo ricorso, né mio cognato avrebbe potuto non n essendosi costituito in appello. Inoltre, posto che mio cognato ha difatti prestato servizio in modo reiterato presso la stessa cattedra può ricorrere in Cassazione facendo valere questi documenti che lo attestano o non si può far nulla? E se non si può ricorrere in Cassazione si può rifare un’altra causa facendo valere questi documenti che in appello forse intenzionalmente non sono stati esibiti da parte del MIUR? Grazie della risposta
Gentile Collega, approfitto della tua esperienza per chiederti un parere su una questione capitatami di recente. Uno dei convenuti (già contumace), muore durante il processo e il fatto è documentato da relata dell’ufficiale giudiziario relativa alla notifica dell’ordinanza che ammette interrogatorio. Il giudice “dimentica” nella confusione dell’udienza di dichiarare l’interruzione e rinvia per proseguire interrogatorio formale Delle altre parti (nessun collega si accorge dell’anomalia, eravamo 10 convenuti). A distanza di più di 3 mesi, prima di procedere all’interrogatorio, eccepisco l’estinzione per mancata riassunzione…il collega dell’attore sostiene che ha tempo un anno per riassumere al domicilio del defunto presso gli eredi…il giudice si è riservato…che ne pensi?
Sul giudizio di appello e domanda di garanzia vorrei sottoporLe il seguente quesito.
Tizio cita Caio e Caio chiama in causa Sempronio per manleva.
Il giudice condanna Caio a risarcire Tizio accogliendo anche la domanda di manleva.
Sempronio (terzo soccombente in primo grado) impugna la sentenza contro Tizio (attore in primo grado).
Caio (convenuto in primo grado) deve costituirsi con appello incidentale o può semplicemente riproporre la domanda di manleva?
Buondi’. Nell’atto ricorso cassazione telematico erroneamente (errore di forma) ho scritto con procura …in calce, ma in realta’ e’ stata rilasciata autenticata e rimessa …in allegato. Che succede? Grazie.
Sono un avvocato e sarei interessato a leggere gli articoli di commento sulle varie problematiche nonchè gli schemi degli atti processuali.