PCT in Cassazione: il duplicato informatico? No grazie

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Sebbene sia astrattamente possibile depositare il provvedimento impugnato come “duplicato informatico” è bene non farlo.

Il “duplicato informatico” della decisione, infatti, si presenta “nudo e crudo”, senza informazioni indispensabili nel giudizio civile di cassazione e cioè la data di pubblicazione del provvedimento.

Per questo occorre sempre depositare la “copia informatica” che reca quelle belle scritte in blu.

Difatti, è già accaduto che la Corte (clicca sul link) abbia dichiarato l’improcedibilità di un ricorso, verosimilmente perché l’avvocato aveva attestato la conformità di un semplice duplicato, privo di informazioni sulla data di pubblicazione. In quel caso, calcolando i termini dalla data del provvedimento apposta dal magistrato relatore, il ricorso sarebbe stato fuori termine. Ha aggiunto la Corte che l’avvocato non ha il potere di attestare la data di pubblicazione di una sentenza o di una ordinanza.

Ma c’è un’altra ragione. Poiché il redattore richiede la firma del provvedimento, nel momento in cui noi lo andiamo a firmare inevitabilmente quel duplicato perde le caratteristiche che lo rendono tale (art. 1 CAD), in quanto cambia la sequenza dei bit.

Per cui, per non sbagliare, dimenticatevi dei duplicati e depositate le copie informatiche.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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