Riforma della giustizia 2014. Il trasferimento in sede arbitrale

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PREMESSA.
L’articolo uno del decreto legge n. 132/2014 è intitolato “Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorita’ giudiziaria”. Di tutte le norme del decreto, questa, sicuramente, è la più inutile ed ingenua di tutte.

Essa prevede la possibilità di trasferire in sede arbitrale un procedimento civile che si sta svolgendo davanti al tribunale o davanti alla corte d’appello. Facoltà, come è evidente, che c’è sempre stata e sempre ci sarà; dunque non si vede per quale ragione oggi le parti dovrebbero essere invogliate ad utilizzare lo strumento.

PRESUPPOSTI DI MERITO E DI RITO.
Per poter trasferire alla sede arbitrale un procedimento civile, occorre che l’oggetto non riguardi diritti indisponibili o cause in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale.

È però possibile trasferire cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale.

Sotto il profilo processuale è richiesto che la causa non sia stata già assunta in decisione.

PROCEDIMENTO.
Affinché si possa trasferire alla sede arbitrale un procedimento civile pendente, occorre necessariamente l’istanza congiunta di tutte le parti, ed è proprio questo requisito che rende assolutamente inutile lo strumento (fermo restando che solo in questo modo la disposizione è costituzionalmente legittima).

Vi è però un caso particolare: laddove sia convenuta una pubblica amministrazione in un procedimento che abbia ad oggetto una controversia di valore non superiore a € 50.000 in materia di responsabilità extracontrattuale oppure in controversie che hanno ad oggetto il pagamento di somme di denaro. In questa ipotesi, se la parte privata invita la pubblica amministrazione ad aderire al trasferimento in sede arbitrale della causa, quest’ultima ha l’onere di esprimere il proprio dissenso scritto entro 30 giorni dalla richiesta, altrimenti il consenso si intende prestato.

Di fronte ad una domanda di trasferimento, il giudice della causa deve preliminarmente verificare che sussistano le condizioni di cui al comma uno e quindi:

  • che l’istanza sia stata sottoscritta da tutte le parti
  • che la causa abbia ad oggetto diritti disponibili
  • che la causa non verta in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale
  • che nei procedimenti in cui è coinvolta la pubblica amministrazione questa non abbia manifestato il proprio dissenso entro 30 giorni dalla richiesta (ovviamente sempre che si tratti di controversia di valore non superiore a € 50.000 in materia di responsabilità extracontrattuale oppure di controversia che ha ad oggetto il pagamento di somme di denaro).

Qualora il giudice rilevi la sussistenza delle condizioni, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte d’appello.

La norma stabilisce, però, che rimangono ferme le preclusioni e le decadenze intervenute. Questo significa che qualora la domanda venga proposta dopo la scadenza del triplo termine ex art. 183 c.p.c., non sarà possibile:

  • proporre nuove domande
  • proporre nuove eccezioni
  • modificare domande ed eccezioni
  • richiedere nuovi mezzi di prova
  • chiedere la chiamata in causa di terzi

NOMINA DEGLI ARBITRI.
Il secondo comma prevede che per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 sia nominato un collegio arbitrale, mentre per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000, ove le parti lo decidano concordemente, venga nominato un solo arbitro.

Gli arbitri sono individuati dalle parti concordemente. In mancanza di accordo sono nominati dal presidente del Consiglio dell’ordine. Per poter essere nominati come arbitri occorre:
aver reso una dichiarazione di disponibilità al consiglio prima della trasmissione del fascicolo;
un’anzianità di iscrizione di almeno cinque anni nell’albo dell’ordine circondariale;
non aver subito negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo.

Il comma due bis prevede un’incompatibilità. Difatti, non possono essere nominati arbitri i consiglieri dell’ordine in carica, nonché i consiglieri uscenti per un’intera consiliatura successiva alla conclusione del mandato.

Il comma tre stabilisce che il procedimento prosegua a questo punto davanti agli arbitri e che restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale.

EFFETTI DEL LODO.
Il lodo pronunciato dagli arbitri ha gli stessi effetti della sentenza.

TERMINE PER LA PRONUNCIA DEL LODO.
Qualora il procedimento penda in grado d’appello, il giudizio arbitrale deve concludersi con la pronuncia del lodo entro 120 giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale. Se entro questo termine non viene pronunciato il lodo, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi 60 giorni.

Gli arbitri hanno comunque la facoltà, previo accordo tra le parti, di richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori 30 giorni. Una volta che il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato.

In caso di mancata riassunzione entro il termine di 30 giorni il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. L’articolo 338 è intitolato “Effetti dell’estinzione del procedimento d’impugnazione” e stabilisce che l’estinzione del procedimento d’appello o della revocazione nei casi previsti dai numeri 4 e 5 dell’articolo 395, fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto. Questo significa che, di regola, avveratasi l’estinzione, la sentenza di primo grado passa in giudicato.

IMPUGNAZIONE DEL LODO.
Ovviamente il lodo potrebbe essere impugnato; in questo caso, ove sia dichiarata la nullità, il processo deve essere riassunto entro 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.

COMPENSI DEGLI ARBITRI E ROTAZIONE DEGLI INCARICHI.
Il quinto comma esclude l’applicabilità dell’art. 814 primo comma secondo periodo; ciò significa che le parti non sono solidalmente responsabili del pagamento dei corrispettivi degli arbitri.

Il quinto comma prevede l’emanazione di un decreto ministeriale per la riduzione dei parametri relativi ai compensi degli arbitri.

Il comma cinque bis, aggiunto in sede di conversione, stabilisce infine che sempre con decreto ministeriale sono stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati, tra i quali in particolare le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere la materia oggetto da controversia, nonché il principio della rotazione nell’assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì i sistemi di designazione automatica.


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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4 commenti:

  1. Giuseppe Dimito

    non ho ancora fatto un particolare approfondimento sul tema, ma quello che mi viene in mente da una prima lettura della norma è che la facoltà di ritiro della carta di circolazione e dell’auto da parte degli organi di polizia non sia compatibile con la durata del processo esecutivo. Mi spiego meglio: se il debitore non consegna spontaneamente la carta di circolazione ed auto all’IVG, io sarò ad un bivio:
    1) non deposito la nota di iscrizione a ruolo, nè l’istanza di vendita;
    2) nonostante tutto, decido di rischiare e deposito nota di iscrizione a ruolo ed istanza di vendita.
    Nel primo caso, se la Polizia rintraccerà dopo 5 mesi il debitore con auto circolante, rischia di ritirargli la carta e l’auto pur essendo il processo esecutivo già estinto.
    Nel secondo caso, può il processo esecutivo proseguire e arrivare alla vendita del bene pignorato, senza la fisica disponibilità del bene pignorato, quest’ultimo magari rintracciato dalla Polizia dopo uno o due anni o, peggio ancora, mai rintracciato? Io penso che ad un certo punto bisognerebbe dare atto dell’impossibilità di prosecuzione per sottrazione di esecuto, per cui il processo si estinguerà, salve le conseguenze penali per il debitore. Ma se dopo un anno la Polizia lo trova con l’auto a circolare, rischia di ritirargli i documenti e l’auto a processo esecutivo ormai estinto!

  2. Salvatore di carlo

    E se non esiste l’IVG nel circondario? l’ufficiale giudiziario può intimare al debitore di consegnare l’autoveicolo ad altro IVG esistente nel distretto anziché nel circondario? O meglio può intimare la consegna ad un pubblico deposito a pagamento?

  3. Giuseppe

    Cosa accade al processo esecutivo se il mezzo pure pignorato non viene rinvenuto dalla Polizia per mesi o addirittura per anni deve ritenersi estinto ( anche mio malgrado nonostante abbia posto in atto tutti gli adempimenti di legge)?



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