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E’ possibile censurare in Cassazione l’uso delle massime di esperienza fatto dal giudice di merito?
Dipende. Se la critica intende dimostrare che il giudice di merito avrebbe dovuto utilizzare una diversa massima di esperienza la risposta è senz’altro negativa. Se, invece, la critica involge l’uso di una massima di esperienza inesistente, l’utilizzo di congetture, ovvero la violazione delle regole di inferenza, allora la risposta è positiva (Cass. 18665/2017).
…. Corte Suprema, cui spetta soltanto il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie, nonchè la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute, senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento, ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti.
A sua volta il controllo in sede di legittimità delle massime di esperienza non può spingersi fino a sindacarne la scelta, che è compito del giudice di merito, dovendosi limitare questa S.C. a verificare che egli non abbia confuso con massime di esperienza quelle che sono, invece, delle mere congetture.
Le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari.
Costituisce, invece, una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque pur minima plausibilità.

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