Il potere di riduzione della penale può essere esercitato ex officio in caso di contumacia del convenuto?

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Tizio si reca in una agenzia immobiliare per vendere un immobile e sottoscrive un contratto con cui si obbliga a non revocare il mandato entro una certa data, dietro pagamento di una penale del 6%, con il vantaggio che in caso di vendita l’agenzia avrebbe chiesto il pagamento della provvigione al solo compratore.

Tuttavia, Tizio recede anticipatamente dopo solo tre settimane dalla conclusione del contratto di mandato.

L’Agenzia si rivolge al Tribunale per chiedere il pagamento della penale, assumendo di avere trovato un acquirente. Tizio non si costituisce.

Il Tribunale, inquadrata la fattispecie nella mediazone atipica, accoglie parzialmente la domanda, riducendo ex officio la penale, visto che:

  • nella specie l’agenzia avrebbe percepito la provvigione dal solo acquirente;
  • che secondo gli usi l’importo della provvigione di regola corrisponde ad un importo variabile dal 2% al 4% del prezzo dell’immobile compravenduto;
  • che la revoca unilaterale dell’incarico era intervenuta a distanza di sole tre settimane dal momento del conferimento, talché doveva desumersi che sotto tale profilo l’attività espletata nella specie dall’agenzia sia stata contenuta in un ridotto arco temporale.

La sentenza appare ineccepibile visto che la S.C. ha ripetutamente affermato che :

In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art.1384 c.c. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all’ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l’obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché in quest’ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell’obbligazione si traduce comunque in una eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta.
Cassazione civile , sez. III, 19 ottobre 2007, n. 22002

Ci si può chiedere se la riduzione possa essere disposta in caso di contumacia del convenuto, posto che

l’esercizio del potere di riduzione è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività della penale, che deve risultare “ex actis”, ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d’ufficio.
Cassazione civile , sez. III, 28 marzo 2008, n. 8071

Tuttavia, se si dà rilievo al potere del giudice di decidere in base a ciò che risulta agli atti, prescindendo dunque da chi ha prodotto quegli atti, se ne ricava che il giudice può certamente disporre la riduzione della penale anche in assenza di attività difensiva del convenuto.

Tribunale Roma, 28 luglio 2008, sez. X

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 14.11.2003 la M. Immobiliare conveniva in giudizio C.M. per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 5.580,00, pari al 6% del prezzo di compravendita indicato nel mandato a vendere del 16.10.2002, a titolo di penale per la mancata conclusione della compravendita dell’immobile sito in Cerveteri, località (omissis) in relazione al quale il convenuto aveva conferito alla società attrice l’incarico di vendita al prezzo di Euro 93.000,00.
Pertanto l’agenzia attrice, assumendo che aveva reperito un acquirente nel periodo di vigenza dell’incarico al prezzo di Euro 93.000,00 indicato dal convenuto e che il C.M. aveva unilateralmente revocato il mandato, ne chiedeva la condanna al pagamento della penale prevista nell’incarico de quo per le ipotesi di revoca dell’incarico prima della sua scadenza.
Il convenuto, benché ritualmente citato, non si costituiva rimanendo contumace nel giudizio.
Acquisiti i documenti prodotti, la causa veniva trattenuta in decisione decorso il termine di cui all’art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si evince dalla documentazione prodotta che il convenuto con atto in data 6.10.2002 ha conferito all’agenzia attrice l’incarico di reperire un acquirente per l’immobile di sua proprietà, sito in Cerveteri, località (omissis), al prezzo di Euro 93.000,00, vincolandosi irrevocabilmente per il periodo dalla data di sottoscrizione al 31.5.2003 e che, con apposita clausola si è impegnato, ” nel caso di revoca unilaterale o in violazione dell’esclusiva, o qualora si addivenga direttamente alla vendita della porzione immobiliare in oggetto, durante il periodo di mandato e suoi rinnovi” a corrispondere all’agenzia “a titolo di penale, la somma del 6% del prezzo di vendita”, (v. originale del mandato a vendere, doc. 1 nel fascicolo di parte attrice).
Tale documento, recante la sottoscrizione del convenuto, deve ritenersi dal medesimo tacitamente riconosciuto ex art. 215 n. 1 c.p.c. essendogli stato comunicato con la notifica dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio e facente piena prova ai sensi dell’art. 2702 c.c.
Non ha formato oggetto di specifica contestazione e risulta confermato dalla documentazione prodotta che nel periodo di vigenza del suddetto incarico, l’agenzia convenuta ha reperito un’acquirente al prezzo di Euro 93.000,00 richiesto dal convenuto, provvedendo a comunicarglielo con telegramma del 21.10.2002 (v. originale della proposta di acquisto dell’immobile de quo sottoscritto da tale M.S. dalla stessa sottoscritta in data 16.10.2002 e copia del telegramma inviato dall’agenzia al convenuto, rispettivamente docc. n. 6 e 2 nel fascicolo di parte attrice) e che il medesimo C.M. ha unilateralmente revocato l’incarico a vendere con scrittura recante la data del 23.10.2002 e la sottoscrizione del convenuto, da ritenersi parimenti tacitamente riconosciuta ai sensi dell’art. 215 n. 1 c.p.c. (v. originale della scrittura con la quale il C.M. dichiara di ritirare le chiavi dell’appartamento di via (omissis) perché ha “deciso di non vendere più”, doc. 4 nel fascicolo dell’attrice).
Ciò posto nel caso di specie si verte in ipotesi di mediazione atipica.
Nella mediazione tipica, secondo la previsione dell’art. 1756 c.c., per l’affare non concluso al mediatore spetta soltanto il diritto al rimborso delle spese, essendo il proponente dominus della conclusione o meno del contratto ed anche della revoca dello stesso. È tuttavia possibile, in quanto rientra nel potere di autonomia contrattuale delle parti al fine di non motivato ripensamento del proponente stesso, rendere atipica la mediazione dando al rapporto una regolamentazione diversa da quella legale e stabilendo un diritto del mediatore al compenso anche nel caso di revoca anticipata dell’incarico. Pertanto, come espresso da orientamento consolidato del Supremo Collegio di cui si condivide l’impostazione, ricorre la mediazione atipica qualora il contratto di mediazione contenga “un patto di irrevocabilità temporanea del contratto con cui la parte che si avvale dell’opera del mediatore si obbliga a concludere l’affare alle condizioni indicate, sanzionando la violazione di detti patti con il pagamento di una penale”, (c.f.r.: Cass. 1630\1998; Cass. 7273\2000; Cass. 2766\1997).
In particolare, il pagamento de quo è richiesto dall’agenzia attrice a titolo di penale in quanto nel caso di revoca dell’incarico sopravvenuta prima del termine o di rinuncia a concludere il contratto la parte venditrice si trova esposta al pagamento di un risarcimento del danno il cui ammontare viene predeterminato secondo lo schema della clausola penale, (v. sul punto Cass. 1630\1998, Cass. 11244\2003 e Cass. 7273\2000).
Nel caso di specie tale danno è prospettato dall’attrice in relazione al mancato incasso della provvigione da parte dell’acquirente, posto che nel mandato di vendita di cui è causa è previsto che il compenso per la mediazione prestata debba essere richiesto dall’agenzia “esclusivamente alla parte acquirente”, (v. n. 2 del mandato a vendere).
La conformità della proposta formulata dalla proponente M.S. alle condizioni di contratto stabilite dal convenuto, in particolare in relazione al prezzo, inducono a ritenere sussistente l’inadempimento del C.M. al patto di non revocare unilateralmente l’incarico a vendere di cui è causa, con conseguente applicazione della disciplina prevista nell’incarico a vendere sul punto della corresponsione della penale.
Peraltro, la previsione contenuta nella suddetta clausola penale, di pagamento all’agenzia attrice da parte del C.M. dell’importo corrispondente al 6% del prezzo di vendita indicato nel mandato a vendere, appare eccessivamente onerosa avuto riguardo all’interesse del creditore all’adempimento e tenuto conto dell’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio delle prestazioni. Deve, infatti considerarsi che nella specie l’agenzia avrebbe percepito la provvigione dal solo acquirente, che secondo gli usi l’importo della provvigione di regola corrisponde ad un importo variabile dal 2% al 4% del prezzo dell’immobile compravenduto e che la revoca unilaterale dell’incarico è intervenuta a distanza di sole tre settimane dal momento del conferimento, talché deve desumersi che sotto tale profilo l’attività espletata nella specie dall’agenzia sia stata contenuta in un ridotto arco temporale.
Ne consegue che esercitato il potere di riduzione della penale, non necessitando lo stesso di domanda di parte (c.f.r.: Cass. 18128\2005), il convenuto va condannato al pagamento della somma complessiva di Euro 2.000,00.
Su tale importo, configurante debito di valuta (c.f.r.: Cass. 3641\1998), spettano gli interessi nella misura legale dal 5.11.2002, data della messa in mora con la ricezione della raccomandata A\R n. 121132805853, spedita il 30.10.2002.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione: 1) in parziale accoglimento della domanda attorea, condanna C.M. al pagamento, in favore di M. Immobiliare s.r.l., della somma complessiva di Euro 2.000,00, così ridotta ex art. 1384 c.c. la penale per l’inadempimento prevista dal “Mandato di vendita” di cui è causa, oltre interessi nella misura legale dal 5.11.2002; rigetta nel resto;
2) condanna, inoltre, il convenuto alla rifusione delle spese di lite che liquida, in favore dell’agenzia attrice, in complessivi Euro 2.000,00 di cui Euro 155,00 per esborsi ed Euro 700,00 per competenze, oltre IVA e C.A. come per legge.
Roma 28.7.2008
IL Giudice


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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