Importante precisazione della Corte di Cassazione in tema di appello incidentale tardivo.
Come è noto l’art. 334 ultimo comma stabilisce che le parti, contro le quali e’ stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse e’ decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, se l’impugnazione principale e’ dichiarata inammissibile, la impugnazione incidentale perde ogni efficacia.
La giurisprudenza ha precisato che la disposizione si applica anche ai casi di improponibilità e improcedibilità dell’impugnazione principale.
E’ stato puntualmente rimarcato in giurisprudenza che tutte le fattispecie di inammissibilità, improcedibilità ed improponibilità delle impugnazioni principali che determinano la inefficacia di quelle incidentali tardive hanno in comune tra loro “il dato essenziale consistente in una carenza o vizio formale del procedimento di impugnazione tale da precludere l’esame del merito della impugnazione stessa” (cfr. in questi precisi termini: Cass. 5 luglio 2004 n. 12249); che la ratio della previsione della impugnazione tardiva consiste nel rimettere in termini a seguito della impugnazione proposta dalla controparte la parte che, pur non essendo stata totalmente vittoriosa, si considera comunque soddisfatta dall’esito del giudizio sì da lasciare di conseguenza decorrere i termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., e che si troverebbe esposta al pericolo del passaggio in giudicato dei capi della sentenza a lei sfavorevoli e dell’accoglimento della impugnazione per quanto riguarda i capi a lei favorevoli sicchè nei casi in cui il ricorso principale non può essere esaminato, venendo meno tale rischio, viene meno anche l’interesse al ricorso incidentale tardivo (così: Cass., Sez. Un., 14 aprile 2008 n. 9741).
Tuttavia, con la sentenza in esame, la S.C. ha ribadito che la norma dell’art. 334 c.p.c., comma 2 trova applicazione nei soli casi di inammissibilità dell’impugnazione in senso proprio, per mancata osservanza del termine per impugnare ovvero degli adempimenti richiesti dalla legge processuale a pena di inammissibilità (cfr. in tali sensi Cass. 5 settembre 2008 n. 22385, che nella specie ha confermato la sentenza di secondo grado che, dichiarando l’inammissibilità dell’appello principale in conseguenza dell’inammissibilità della proposizione della domanda proposta dall’appellante, in quanto coperta da giudicato, aveva ugualmente esaminato il merito, ed accolto l’appello).
La Corte osserva che l’indicato principio configura un necessario corollario dello sviluppo argomentativo della tendenza, riscontrabile in dottrina ed in giurisprudenza, volta a ridurre l’ambito operativo del disposto dell’art. 334 c.p.c., comma 2, e che trova adesso una supporto di indubbia rilevanza nel disposto dell’art. 111 Cost., commi 1 e 2, che costituiscono un parametro volto a privilegiare tra le diverse opzioni ermeneutiche delle norme di rito quelle che più si conciliano con i principi del “processo giusto e dalla ragionevole durata”, perseguibile anche attraverso l’osservanza del principio dell'”economia degli atti processuali” e con esso di una puntuale osservanza del contraddittorio e del diritto di difesa della parti, che impone a sua volta una risposta esaustiva, piena e definitiva a tutte le domande giudiziarie che per la loro connessione e per gli interessi che riflettono ne costituiscono il tema da decidere.
Per tale ragione la Corte ha affermato il seguente principio: L’appello incidentale tardivo perde efficacia se l’impugnazione principale viene dichiarata improponibile, improcedibile o inammissibile per mancata osservanza del termine per impugnare ovvero degli adempimenti richiesti a tale fine dalla legge processuale, e non invece se alla declaratoria di inammissibilità della impugnazione principale si pervenga attraverso l’esame di una condizione dell’azione (legittimazione ad causam ed interesse alla impugnazione) e di una questione che – in ragione di un litisconsorzio necessario originario di natura sostanziale o processuale o in ipotesi di causa tra loro dipendenti – sia suscettibile di provocare effetti e di avere ricadute sull’appellante incidentale tardivo.

Il Comune di Roma mi ha deferita alla Procura della Repubblica e mi ha notificato ben due determinazioni dirigenziali per avere cambiato, a suo avviso, destinazione d’uso del mio immobile, di nuova costruzione, di 37 mq, da ufficio ad abitazione, in base al fatto di avere trovato al suo interno una persona in pigiama. La procura della Repubblica archiviava la pratica con la dicitura: “il cambio di destinazione funzionale non è reato”. Il Comune di Roma, però, in base alle suddette determinazioni non mi fa sanare due piccoli abusi edilizi per cui mi sono autodenunciata e mi intima la rimozione di dette opere che nulla hanno a che vedere con il cambio di destinazione d’uso che non c’è mai stato e l’ho pure dimostrato con il deposito di un contratto di locazione fatto ad un ufficio. L’immobile ricade nell’edilizia economico-popolare e unico vincolo è una convenzione con il comune per l’esproprio della superficie su cui insiste l’immobile. Chi può aiutarmi a difendermi da tanta arroganza ?
@LLiaco: le consiglio di rivolgersi ad un avvocato che tratta il diritto urbanistico
Buongiorno avvocato, il mio caso è relativo ad un ricorso presso la Corte dei Conti. E’ stato porposto ricorso per due articoli distinti (relativi a problematiche militari) art. 54 comma 1 del T.U. nr.1092/1973 e art. 3 comma 7 d.lgs nr. 165/97. Nel corso del dibattimento mi è stato riconosciuto l’art. 3 e rigettato l’art. 54. L’inps all’ultimo giorno ha presentato appello per l’art. 3 e il mio avvocato non ha voluto presentare appello per l’art. 54. Da allora sono trascorsi oltre 6 mesi. Lei ritiene sia ancora possibile per il sottoscritto proporre appello incidentale tardivo ovvero esiste altra soluzione (anche alla luce dell’orientamento positivo della suprema corte di Roma che sta accogliendo gli appelli relativi all’art. 54). Quindi per poter beneficiare del ricalcolo pensionistico ai sensi dell’art. 54 cosa potri fare?
mi spiace ma non sono esperto di giudizi contabili
unitamente ad un altro amministratore di una srl il mio cliente è stato convenuto innanzi al Tribunale con un’azione di responsabilità. il giudizio si è concluso con la denuncia di incompetenza del giudice adito e rinvio dinanzi al Tribunale delle imprese.
Essendo state compensate le spese abbiamo deciso di impugnare la sentenza in punto di spese. Il collega ha proposto appello chiamando in causa tutte le parti tra cui me. Io mi sono costituito entro i sei mesi dal deposito della sentenza proponendo identico appello incidentale
Alla prima udienza il collega non si è presentato e la Corte ha rinviato la causa ex art. 348 cpc.
Ho provato a dire che la mia posizione non dipendeva da quella dell’appellante principale, ma era identica e tempestiva, ma il collegio non mi ha dato retta ripetendo che trattavasi di improcedibilità per il fatto della mancata comparizione dell’appellante.
Che ne pensi? devo insistere o accettare la posizione della Corte?