Assegnazione della casa familiare: l’interesse del genitore cieco prevale su quelle generico dei figli minori

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Due coniugi si separano. Il marito è cieco. Il Presidente del Tribunale assegna temporaneamente la casa familiare alla moglie, quale genitore collocatario, ponendo a carico del marito il pagamento di un assegno di euro 400,00 per il mantenimento della figlia undicenne.

Propone reclamo il marito-padre evidenziando che la norma applicata dal tribunale (art. 155-quater c.c.) non comportava l’obbligatoria ovvero automatica assegnazione della casa al coniuge presso cui venga collocato il figlio minore, ma stabilisce solo che il godimento della casa familiare debba essere attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli, onde sono ammesse deroghe. Nel caso in esame, il presidente del tribunale non aveva infatti considerato che esso era cieco e che utilizzava un cane per l’accompagnamento e quindi che un cambio della casa, in cui viveva da quando era nato, gli avrebbe creato notevoli problemi di organizzazione della sua vita assolutamente insostenibili.

Il provvedimento del Presidente del Tribunale non può che destrare sconcerto per la superficialità con cui ha esaminato il caso concreto, senza tenere minimamente conto dello stato di cecità del padre.

La Corte d’Appello ha però rimediato ai gravi errori commessi dallo stesso.

La Corte evidenzia anzitutto che i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale ex art. 708, 4° comma, c.p.c., hanno per espressa definizione normativa, carattere temporaneo ed urgente e, quindi, cautelare mirando, nella pendenza del giudizio di merito, a dettare una regolamentazione, dei rapporti fra i coniugi e nei confronti della prole, fino all’eventuale diversa regolamentazione fissata nella sentenza.

In ragione di detto carattere, e della inevitabile sommarietà dell’esame effettuabile sugli elementi desumibili, in sede di comparizione personale, dai documenti prodotti e dalle dichiarazioni degli stessi coniugi, è prevista la possibilità che il giudice della causa, che si svolge a cognizione piena, una volta acquisiti altri elementi possa modificare i provvedimenti presidenziali anche prima della decisione finale.

Pertanto il reclamo avverso il provvedimento presidenziale, modificabile dal giudice della causa di merito, si presenta come uno strumento processuale atipico ed eccezionale destinato a risolvere prudentemente situazioni contingenti create dalla disgregazione familiare e merita accoglimento solo ove il provvedimento provvisorio si presenti come abnorme ovvero come manifestamente errato sulla base degli atti e degli elementi acquisiti.

Nel caso di specie la Corte ritiene che ricorrano ragioni di erroneità manifesta limitatamente all’assegnazione della casa coniugale cui consegue il problema dell’assegno riconosciuto alla moglie per il mantenimento della minore.

Ed infatti l’ art. 155 quater cod. civ. prevede che il godimento della casa coniugale sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

Il significato letterale e logico della norma secondo il giudice del reclamo consente tranquillamente di ritenere che il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell’interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi ed in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se vi sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore.

In sostanza la norma non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale né un’automatica attribuzione al coniuge affidatario del minore il cui interesse comunque deve essere per primo valutato e salvo che non ricorrano nel caso concreto situazioni tali da favorire l’altro coniuge.

Tanto premesso in punto di diritto osserva la Corte che nel caso di specie il tribunale e la stessa parte reclamata avevano parlato d’interesse della minore, che aveva undici anni, mantenendosi totalmente sul generico e senza dare un chiaro contenuto a tale interesse.

Simile interesse può avere numerosi risvolti e può attenere a diversi aspetti (materiali, psicologici, morali) della vita della persona per cui andava puntualmente allegato e individuato in concreto dal tribunale.

Neppure dall’eseguita indagine psicologica, che pur ha mostrato come il rapporto tra padre e figlia non fosse dei migliori, era emerso quale poteva essere un interesse fondamentale e concludente della minore da giustificare l’impossibilità di far spostare dalla propria casa una bambina di undici anni ben in grado di comprendere quanto stava succedendo ai propri genitori e quindi gli effetti di una separazione e soprattutto di rendersi conto delle condizioni di cecità assoluta del padre e dei problemi che allo stesso sarebbero derivati dall’abbandono della casa ove da sempre aveva vissuto.

La Corte si rende conto che un cambiamento di abitazione potrebbe sì creare alla minore una qualche difficoltà derivante dal distacco affettivo dalla casa ove ha vissuto e dall’ambiente domestico ove ha trascorso undici anni con i genitori, ma osserva che, allo stato, in assenza di elementi che inducano a ritenere che ciò possa comportare un grave pregiudizio alla stessa, appare estremamente più meritevole di tutela l’interesse del padre di restare nella propria abitazione che è concreto attuale e da garantirsi con urgenza.

Il padre infatti, abitava da sempre nella casa coniugale che era anche di sua proprietà e che aveva anche un piccolo giardino; inoltre si recava per lavoro giornalmente a Venezia utilizzando sia per i suoi normali bisogni di movimentazione sia per recarsi al lavoro un cane guida che lo accompagnava prima all’autobus che lo portava a Venezia, poi al traghetto e quindi al posto di lavoro.

In tale situazione di invalidità, ad avviso della Corte appariva estremamente ingiusto estrometterlo dalla casa coniugale posto che ciò gli avrebbe creato indiscutibili problemi di gestione della sua vita quotidiana richiedendosi un ragionevole periodo di ambientamento in una nuova casa ma soprattutto gli avrebbe impedito per un lunghissimo periodo di recarsi al lavoro autonomamente posto che il cane accompagnatore aveva ormai appreso e memorizzato i percorsi da compiere per consentire al padrone di portarsi sul luogo di lavoro e, quindi, non sarebbe in grado di effettuare altri e non meglio prevedibili percorsi se non con un adeguato addestramento notoriamente di non breve durata. Per non considerare come la gestione dello stesso cane risultava nell’attuale abitazione abbastanza semplice stante la presenza del giardino che consente all’animale di soddisfare con semplicità i propri bisogni senza necessità di essere accompagnato fuori e come non fosse né semplice né facile trovare un’abitazione al piano terra con giardino a prezzo ragionevole.

In sostanza, a fronte di un interesse neppure ben allegato della minore, comunque riconducibile tutt’al più a mera difficoltà organizzativa, a restare nella casa coniugale e di altro preciso, concreto, apprezzabile e degno di tutela di un invalido di non vedere totalmente stravolta la sua vita e di continuare soprattutto a prestare la propria attività lavorativa che diversamente (che gli consente di contribuire al mantenimento della minore) la Corte ritiene di dare prevalenza a quest’ultimo, tanto più (e ciò conferma che di fatto l’interesse della minore sia concretamente inconsistente) che la moglie sin dalle prime fasi del procedimento aveva attribuito un prezzo a tale interesse dichiarandosi disposta a lasciare la casa dietro pagamento di una non modesta somma di danaro che il marito non aveva inteso corrispondere.

Il reclamo viene perciò parzialmente accolto e la casa coniugale assegnata al marito con termine di due mesi dalla comunicazione del provvedimento lasciarla libera.

La Corte ha però ritenuto di adeguare l’assegno elevandolo a 1000 euro.

Corte  d’Appello  di Venezia, sez. III Civile,

decreto 25 gennaio – 6 marzo 2013, n. 25

Presidente/Relatore Silvestre

Fatto e diritto

Con ricorso depositato il 18.01.2013, (…) proponeva reclamo avverso il provvedimento provvisorio, emesso nel corso di giudizio di separazione giudiziale dalla moglie, con cui il presidente del tribunale di Venezia aveva affidato ad entrambi i genitori la figlia minore di anni undici con residenza prevalente presso la madre, regolamentando il regime delle visite, assegnando alla stessa la casa coniugale in applicazione dell’art. 155 quater cod. civ. e ponendo a carico del (…) un assegno di euro 400,00 per il mantenimento della minore oltre al 50% delle spese straordinarie.

Evidenzia, il reclamante, che la norma applicata dal tribunale non comporta l’obbligatoria ovvero automatica assegnazione della casa al coniuge presso cui venga collocato il figlio minore ma stabilisce solo che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli, onde sono ammesse deroghe. Lamenta che, nel caso, il presidente del tribunale non ha considerato che esso reclamante è cieco ed utilizza un cane per l’accompagnamento e quindi che un cambio della casa, in cui vive da quando è nato ed ove ha vissuto prima con i genitori e poi con la sorella e quindi con la moglie e con la figlia, gli avrebbe creato notevoli problemi di organizzazione della sua vita assolutamente insostenibili.

Lamenta, anche, il reclamante che con il provvedimento si sia disposto che il padre passi a prendere la figlia dalla scuola dopo il lavoro accompagnandola a casa della madre alle ore 21.30 e durante il weekend andandola a prendere il venerdì all’uscita del doposcuola e riportandola a casa dalla madre la domenica sera alle 20 senza tener in alcun conto lo stato di esso reclamante e dell’impossibilità di girare autonomamente per la città.

Denuncia, altresì, che il presidente del tribunale aveva disposto un assegno a favore della moglie, economicamente indipendente, che non era stato neppure richiesto e che per le spese straordinarie non era previsto un preventivo accordo.

La ha resistito al reclamo.

Evidenzia, innanzi tutto, la Corte che i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale ex art. 708, 4° comma, c.p.c., hanno per espressa definizione normativa, carattere temporaneo ed urgente e, quindi, cautelare mirando, nella pendenza del giudizio di merito, a dettare una regolamentazione, dei rapporti fra i coniugi e nei confronti della prole, fino all’eventuale diversa regolamentazione fissata nella sentenza.

In ragione di detto carattere, e della inventabile sommarietà dell’esame effettuabile sugli elementi desumibili, in sede di comparizione personale, dai documenti prodotti e dalle dichiarazioni degli stessi coniugi, è prevista la possibilità che il giudice della causa, che si svolge a cognizione piena, una volta acquisiti altri elementi possa modificare i provvedimenti presidenziali anche prima della decisione finale.

Pertanto il reclamo avverso il provvedimento presidenziale, modificabile dal giudice della causa di merito, si presenta come uno strumento processuale atipico ed eccezionale destinato a risolvere prudentemente situazioni contingenti create dalla disgregazione familiare e merita accoglimento solo ove il provvedimento provvisorio si presenti come abnorme ovvero come manifestamente errato sulla base degli atti e degli elementi acquisiti.

Nel caso di specie la Corte ritiene che ricorrano ragioni di erroneità manifesta limitatamente all’assegnazione della casa coniugale cui consegue il problema dell’assegno riconosciuto alla moglie per il mantenimento della minore (è evidente che l’assegno non sia stato riconosciuto alla moglie economicamente indipendente anche se non ben chiarito in motivazione) apparendo non del tutto irragionevole la regolamentazione delle modalità di visita cui il (…) può sopperire, seppur con qualche difficoltà, con ausilio di terzi e sul riesame della relativa determinazione può ben provvedere il giudice istruttore della causa di merito, una volta acquisiti tutti gli elementi necessari.

Ed infatti l’ art. 155 quater cod. civ. prevede che il godimento della casa coniugale sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

Il significato letterale e logico della norma consente tranquillamente di ritenere che il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell’interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi ed in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se vi sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore. In sostanza la norma non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale né un’automatica attribuzione al coniuge affidatario del minore il cui interesse comunque deve essere per primo valutato e salvo che non ricorrano nel caso concreto situazioni tali da favorire l’altro coniuge.

Tanto premesso in punto di diritto osserva la Corte che nel caso di specie il tribunale e la stessa parte reclamata parlano d’interesse della minore, che ha undici anni mantenendosi totalmente sul generico e senza dare un chiaro contenuto a tale interesse. Simile interesse può avere numerosi risvolti e può attenere a diversi aspetti (materiali, psicologici, morali) della vita della persona per cui andava puntualmente allegato e individuato in concreto dal tribunale. Neppure dall’eseguita indagine psicologica, che pur ha mostrato come il rapporto tra padre e figlia non sia dei migliori, è emerso quale possa essere un interesse fondamentale e concludente della minore che giustifichi l’impossibilità di far spostare dalla propria casa una bambina di undici anni ben in grado di comprendere quanto stia succedendo ai propri genitori e quindi gli effetti di una separazione e soprattutto di rendersi conto delle condizioni di cecità assoluta del padre e dei problemi che allo stesso deriverebbero dall’abbandono della casa ove da sempre ha vissuto.

Non par dubbio che un cambiamento di abitazione potrebbe creare alla minore una qualche difficoltà derivante dal distacco affettivo dalla casa ove ha vissuto e dall’ambiente domestico ove ha trascorso undici anni con i genitori , ma è evidente che, allo stato, in assenza di elementi che inducano a ritenere che ciò possa comportare un grave pregiudizio alla stessa, appare estremamente più meritevole di tutela l’interesse del (…) di restare nella propria abitazione che è concreto attuale e da garantirsi con urgenza.

Il (…) infatti, è affetto da totale cecità (circostanza neppure posta in discussione nel corso dell’udienza dal difensore dalla moglie, nonostante le fotografie prodotte) ed abita da sempre nella casa in Mirano che è anche di sua proprietà che ha anche un piccolo giardino; si reca per lavoro giornalmente (parte verso le ore 5 per rientrare verso le 15,30) a Venezia ed utilizza sia per i suoi normali bisogni di movimentazione sia per recarsi al lavoro di un cane guida che lo accompagna prima all’autobus che lo porta a Venezia, poi al traghetto e quindi al posto di lavoro.

In tale situazione di invalidità appare estremamente ingiusto estrometterlo dalla casa coniugale posto che ciò gli creerebbe indiscutibili problemi di gestione della sua vita quotidiana richiedendosi un ragionevole periodo di ambientamento in una nuova casa ma soprattutto gli impedirebbe per un lunghissimo periodo di recarsi al lavoro autonomamente posto che il cane accompagnatore ha ormai appreso e memorizzato i percorsi da compiere per consentire al padrone di portarsi sul luogo di lavoro e, quindi, non sarebbe in grado di effettuare altri e non meglio prevedibili percorsi se non con un adeguato addestramento notoriamente di non breve durata. Per non considerare come la gestione dello stesso cane e dell’altro più vecchio del (…) giustamente non ha ritenuto opportuno abbandonare, risulti nell’attuale abitazione abbastanza semplice stante la presenza del giardino che consente agli animali di soddisfare con semplicità i propri bisogni senza necessità di essere accompagnati fuori e come non sia né semplice né facile trovare un’abitazione al piano terra con giardino a prezzo ragionevole.

In sostanza, a fronte di un interesse neppure ben allegato della minore, comunque riconducibile tutt’al più a mera difficoltà organizzativa, a restare nella casa coniugale e di altro preciso, concreto, apprezzabile e degno di tutela di un invalido di non vedere totalmente stravolta la sua vita e di continuare soprattutto a prestare la propria attività lavorativa che diversamente (che gli consente di contribuire al mantenimento della minore) la Corte ritiene di dare prevalenza a quest’ultimo, tanto più (e ciò conferma che di fatto l’interesse della minore sia concretamente inconsistente) che la reclamata sin dalle prime fasi del procedimento ha attribuito un prezzo a tale interesse dichiarandosi disposta a lasciare la casa dietro pagamento di una non modesta somma di danaro che il (…) non ha inteso corrispondere.

Il reclamo va perciò parzialmente accolto e la casa coniugale va assegnata al (…) con termine di due mesi dalla comunicazione del provvedi- mento per la (…) per !asciarla libera.

Nel contempo però tale decisione impone di adeguare l’assegno da versarsi dal (…) per il mantenimento della figlia.

Al riguardo va ribadito che il tribunale non ha attribuito assegni alla (…) che non l’aveva richiesto, ma ha solo fissato in euro 400,00 il contributo chiaramente destinato al mantenimento della figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie.

In considerazione della situazione economica complessiva delle parti e tenuto conto della richiesta della e dell’offerta del (per vero non particolarmente distanti tra di loro e, che avrebbero permesso con un minimo di buon senso di definire bonariamente la questione e creare un’atmosfera più tranquilla attraverso cui costruire un civile rapporto tra i coniugi ed un, auspicabile, più sereno rapporto della minore con il padre) la Corte ritiene conforme a giustizia e congruo, anche in onsiderazione della necessità di trovare altra adeguata casa soprattutto per la minore, porre a carico del reclamante il versamento, quale contributo al mantenimento della figlia, di euro 1.000,00 omnicomprensivi a decorrere dal rilascio dell’immobile da rivalutarsi come previsto dal provvedimento impugnato.

La particolarità della controversia e le raggiunte conclusioni fanno ritenere giusta la compensazione tra le parti delle spese del grado.

P.Q.M.

In parziale riforma del provvedimento impugnato, che nel resto conferma, assegna la casa coniugale a (…) disponendo che (…) la liberi entro due mesi dalla comunicazione del presente provvedimento.

Fa carico al (…) di versare alla (…) entro i primi cinque giorni di ogni mese, a decorrere dal rilascio da parte della stessa dell’immobile, della somma omnicomprensiva di euro 1.000,00 da rivalutarsi come previsto dal provvedimento impugnato.

Compensa tra le parti le spese del grado.

 


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

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