Tardiva la domanda di assegno di divorzio presentata direttamente all’udienza davanti al giudice istruttore.

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Procedimento di divorzio. Tizia propone domanda di assegno di mantenimento all’udienza dinanzi al giudice istruttore. In primo grado il Tribunale accoglie la domanda, ma in secondo grado viene rigettata, attesa la sua tardività.

Tizia ricorre allora in Cassazione, eccependo che si trattava di una eccezione riconvenzionale e non di una domanda riconvenzionale, come tale doveva ritenersi tempestiva.

Ma la Cassazione rigetta il ricorso, osservando:

  • secondo il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte nel giudizio di divorzio il termine di venti giorni prima dell’udienza di comparizione dinanzi al giudice istruttore segna il limite per la proposizione della domanda riconvenzionale di riconoscimento dell’assegno divorzile (da ultimo Cass. 7 febbraio 2006, n. 2625; 10 marzo 2004, n. 4903);
  • La domanda riconvenzionale si distingue dall’eccezione perchè con essa il convenuto tende non già al mero rigetto della domanda proposta dall’attore, allegando un fatto modificativo, impeditivo o estintivo del diritto posto a suo fondamento, ma traendo occasione dalla domanda dell’attore chiede un provvedimento positivo a sè favorevole e sfavorevole all’attore che va oltre il rigetto della domanda principale (da ultimo Cass. 23 febbraio 2005, n. 3767; 4 novembre 2000, n. 14432, 2 aprile 1997, n. 2860).
  • Nell’ambito concettuale dell’eccezione e della relativa disciplina resta anche l'”eccezione riconvenzionale”, la quale ricorre quando il convenuto introduca nel giudizio un’azione di accertamento o costitutiva, al solo scopo di paralizzare la pretesa dell’attore ottenendone la reiezione, e non per richiedere, come avviene con la domanda riconvenzionale, un provvedimento positivo a lui favorevole e sfavorevole all’attore, fondato sulla causa petendi da lui introdotta non esclusivamente al fine di ottenere la reiezione della domanda principale, ma anche per ottenere tale ulteriore provvedimento (Cass. 24 luglio 2007, n. 16314; 30 ottobre 2006, n. 23341; 4 luglio 2006, n. 15271; 21 luglio 2001, n. 9965).
  • Nel caso di specie, come esattamente ritenuto dalla Corte di appello, non essendosi l’ A., con la comparsa di risposta, limitata a chiedere il rigetto di una domanda dell’attore, ma avendo domandato un provvedimento a sè favorevole consistente, fra l’altro, nell’attribuzione di un assegno di divorzio, deve affermarsi che essa ha proposto una domanda riconvenzionale, ormai preclusa, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., per il decorso del termine ultimo per la costituzione di cui all’art. 167 c.p.c..

Cassazione civile , sez. I, 05 dicembre 2008 , n. 28833

Fatto

1. Il Tribunale di La Spezia, con sentenza 12 maggio 2004, pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da M.L. e A.A.M. ponendo a carico del M. un assegno di mantenimento in favore dell’ A. di Euro 250,00 mensili. Il M. propose appello, in relazione alla liquidazione di detto assegno, deducendo la tardività della relativa domanda e l’infondatezza nel merito e chiedendone, in subordine, la riduzione. L’ A. si costituiva chiedendo il rigetto del gravame e, in via incidentale, lamentando che il Tribunale avesse omesso di determinare la decorrenza dell’assegno, nonchè di statuire in ordine alla quota d’indennità di fine rapporto del M. di spettanza di essa appellante. La Corte di appello di Genova, con sentenza depositata il 20 aprile 2005 e notificata il 17 maggio 2005, accoglieva l’appello principale, dichiarando inammissibile la domanda di assegno perchè tardivamente proposta dall’ A. e dichiarando assorbito l’appello incidentale. Avverso tale sentenza l’ A. ha proposto ricorso a questa Corte, con atto notificato in data 8 luglio 2005 al M., il quale resiste con controricorso notificato il 14 settembre 2005 e memoria.

Diritto

1. Con il ricorso si denuncia la violazione degli artt. 36, 163 e 167 c.p.c.. Si deduce che la Corte di appello, con la sentenza impugnata, avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità della domanda di assegno formulata da essa ricorrente, per essere stata tardivamente proposta in primo grado. Si deduce che la Corte di appello avrebbe errato nell’affermare, contrariamente a quanto dedotto da essa ricorrente, che quella da lei proposta era una domanda riconvenzionale e non un’eccezione riconvenzionale – non soggetta alla preclusione di cui all’art. 167 c.p.c. – in quanto non costituiva richiesta di reiezione di una domanda avversa, non risultando dal ricorso introduttivo del giudizio proposto dalla controparte alcuna domanda di accertamento negativo riguardo alla debenza dell’assegno divorzile. La ricorrente deduce che tale affermazione sarebbe errata, avendo l’attore, nella comparsa di costituzione dinanzi al giudice istruttore, notificatale il 20 dicembre 2000, esistente in atti (e non considerata dalla sentenza, che ha fatto riferimento al solo ricorso introduttivo del giudizio), concluso chiedendo di “respingere perchè infondata qualsivoglia domanda di contenuto patrimoniale nei confronti di M.L.”, così proponendo, anteriormente alla comparsa di risposta di essa convenuta, una domanda di accertamento negativo circa la debenza dell’assegno divorzile, alla quale appunto essa ricorrente intese contrapporre una sua “azione contraria di accertamento negativo diretta a paralizzare la pretesa negativa avversa”, qualificabile, pertanto, come eccezione riconvenzionale, come tale non soggetta alla preclusione di cui all’art. 167 c.p.c..
2. Il ricorso è infondato.
Secondo quanto si evince dalla sentenza impugnata, avendo l’odierno resistente M.L. proposto domanda di divorzio ed avendo il presidente del tribunale fissato per la comparizione personale dei coniugi per il tentativo di conciliazione l’udienza dell’1 dicembre 2000 e successivamente l’udienza del 21 marzo 2000 per la comparizione dinanzi al giudice istruttore, l’odierna ricorrente A.A.M. si costituì, depositando il proprio fascicolo con la comparsa di risposta, formulando domanda riconvenzionale per l’assegno di divorzio e per l’indennità della L. n. 898 del 1970, ex art. 12, solo in tale udienza. Avendo il tribunale liquidato in favore dell’odierna ricorrente un’indennità di divorzio, il M. propose appello, deducendo, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda di divorzio, perchè tardivamente proposta, con conseguente decadenza ai sensi degli artt. 166 e 167 c.p.c.. L’ A., a sua volta, dedusse l’infondatezza della censura, non essendo la propria una domanda riconvenzionale, bensì un’eccezione riconvenzionale, non soggetta, come tale, alla preclusione di cui all’art. 167 c.p.c., in quanto diretta a paralizzare la domanda proposta dal M., di rigetto di qualsivoglia domanda di contenuto economico che fosse avanzata nei suoi confronti. La Corte di appello, ritenuta la natura di domanda riconvenzionale della domanda proposta dall’ A., la ritenne inammissibile perchè proposta quando si era verificata la decadenza prevista dall’art. 167 c.p.c..
In proposito va considerato quanto segue. Come ritenuto dalla Corte di appello e neppure contestato con il ricorso, secondo il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte nel giudizio di divorzio il termine di venti giorni prima dell’udienza di comparizione dinanzi al giudice istruttore segna il limite per la proposizione della domanda riconvenzionale di riconoscimento dell’assegno divorzile (da ultimo Cass. 7 febbraio 2006, n. 2625; 10 marzo 2004, n. 4903).
La domanda riconvenzionale si distingue dall’eccezione perchè con essa il convenuto tende non già al mero rigetto della domanda proposta dall’attore, allegando un fatto modificativo, impeditivo o estintivo del diritto posto a suo fondamento, ma traendo occasione dalla domanda dell’attore chiede un provvedimento positivo a sè favorevole e sfavorevole all’attore che va oltre il rigetto della domanda principale (da ultimo Cass. 23 febbraio 2005, n. 3767; 4 novembre 2000, n. 14432, 2 aprile 1997, n. 2860). Nell’ambito concettuale dell’eccezione e della relativa disciplina resta anche l'”eccezione riconvenzionale”, la quale ricorre quando il convenuto introduca nel giudizio un’azione di accertamento o costitutiva, al solo scopo di paralizzare la pretesa dell’attore ottenendone la reiezione, e non per richiedere, come avviene con la domanda riconvenzionale, un provvedimento positivo a lui favorevole e sfavorevole all’attore, fondato sulla causa petendi da lui introdotta non esclusivamente al fine di ottenere la reiezione della domanda principale, ma anche per ottenere tale ulteriore provvedimento (Cass. 24 luglio 2007, n. 16314; 30 ottobre 2006, n. 23341; 4 luglio 2006, n. 15271; 21 luglio 2001, n. 9965). Nel caso di specie, come esattamente ritenuto dalla Corte di appello, non essendosi l’ A., con la comparsa di risposta, limitata a chiedere il rigetto di una domanda dell’attore, ma avendo domandato un provvedimento a sè favorevole consistente, fra l’altro, nell’attribuzione di un assegno di divorzio, deve affermarsi che essa ha proposto una domanda riconvenzionale, ormai preclusa, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., per il decorso del termine ultimo per la costituzione di cui all’art. 167 c.p.c..
Il ricorso deve essere quindi rigettato, compensandosi fra le parti le spese del giudizio di Cassazione, tenuto conto della natura della causa e della particolarità della fattispecie.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2008


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Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.




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