Avv. Mirco Minardi
La storia l’abbiamo studiata tutti quanti: in nome di una certa idea di Dio si sono torturati e uccisi milioni di uomini e donne. In nome, cioè, del «giusto», della verità contro il peccato. Oggi, in nome del «giusto processo», la Suprema Corte tortura e uccide i diritti soggettivi, anche quelli giusti, abusando dell’«abuso del processo».
Un povero cristo subisce un sinistro. Non sappiamo per quale ragione (anche se abbiamo dei sospetti) il suo avvocato abbia deciso di ottenere prima il risarcimento del danno a cose (davanti al giudice di pace) e poi quello alla persona (davanti al Tribunale). Fatto sta che la sentenza di primo grado passa in giudicato; inizia così il secondo processo. Ma ecco la sorpresa: tanto in primo quanto in secondo grado la domanda viene dichiarata improponibile per «abuso del processo».
Ahimè, nonostante il secondo processo fosse iniziato nel 2004, quando «vigeva» il dictum delle Sezioni Unite (sent. 108/2000) che dava la possibilità al creditore di parcellizzare il proprio credito, nelle more il vento cambia e il nostro povero diavolo deve ora confrontarsi con il cardinale Bellarmino.
La parcellizzazione del credito, dice la Santa Inquisizione, è comportamento contrario alla regola generale della correttezza, viola la buona fede, aggrava la posizione del debitore, fa aumentare il contenzioso. Né possono richiamarsi i princìpi, affermati in passato (solamente negli ultimi 65 anni) della «riserva di agire in separata sede» ché i tempi sono mutati e i valori modificati.
L’avvocato del ricorrente aveva previsto questa argomentazione, così nel suo ricorso inserisce un secondo argomento, facendo notare che si trattava comunque di un overruling visto che nel 2004 la Cassazione la pensava in modo diverso. Ma «la tesi non può essere seguita». Infatti il principio del giusto processo nel frattempo è «maturato». Non solo, il principio stabilito dalle Sezioni Unite nel 2000 era stato messo in sede di risoluzione del contrasto (udite bene) «segno questo della non univocità nel tempo di una tale interpretazione giurisprudenziale». Avete capito bene? Se non avete capito bene ve lo spiego con altre parole: attenzione a seguire le pronunce rese in sede nomofilattica, posto che quelle decisioni denotano l’esistenza di un contrasto che prima o poi potrebbe riaffiorare. Il senso (per quanto assurdo possa sembrare) è questo.
In ogni caso, aggiunge la S.C. il principio del giusto processo è maturato nel 2007, con la sentenza 23726 e poco conta quali fossero le regole del gioco quando la partita è iniziata. E comunque l’overruling non c’entra proprio niente: «qui non si tratta di impedire ex post l’esercizio di una tutela di cui l’ordinamento continua a ritenere la parte meritevole, quanto di non più consentire di utilizzare, per l’accesso alla tutela giudiziaria, metodi divenuti incompatibili con valori avvertiti come preminenti ai fini di un efficace ed equo funzionamento del servizio della giustizia». Ergo: il ricorso è rigettato.
Che dire? C’è poco da commentare. Chiedete ad un bambino se sia giusto cambiare le regole del gioco a partita iniziata: vi dirà di no. Le conclusioni traetele voi.
Caro Mirco,
le tue sono tutte riflessioni condivisibili. E di buon senso. Quello che manca alla Corte di Cassazione. Non potevi scegliere paragone migliore, dove Galilei è rappresentato non solo dall’Avvocatura ma anche da tanti bravi Giudici di merito che ora più che mai hanno le mani legate. Sabatino Rainone
Caro Collega, ti ringrazio dell’invio e condivido il contenuto del tuo articolo.
Meno, i riferimenti religiosi, che comportanto un discorso molto complesso in presenza di una civiltà che non è nata dal nulla e di persone, volontarie, che spendono parte del proprio tempo o l’intera esistenza a servizio dei più disperati, nel loro paese o in terra di Missione.
Non me ne volere, ma non possiamo essere manichei.
Cordialmente
Pier Francesco Bartolazzi Menchetti
In un paese in cui si cambiano in corsa le regole del gioco … mi riferisco alla riduzione del periodo trascorso il quale si decade dall’azione che il legislatore scrive debba applicarsi anche ai giudizi in corso ……………….
anche la Cassazione si adegua …
e non poteva essere diversamente posto che la Corte Costituzionale scrive che in nome dei conti pubblici tutto è lecito …
E’ chiaro che ci si chieda, ma …
la certezza del diritto ???
Lorenzo de Medici lo aveva detto tanti anni fà nei canti carnascialeschi.
Dovremmo proclamare l’astensione dalle udienze per protestare contro l’emanazione di queste norme, forse nell’immaginario collettivo saremmo visti per quel che siamo, operatori del diritto in trincea per la salvaguardia dei diritti.
complimenti per il commento
Che vergogna!!!!!!!
E che dire pure del legislatore? Gli avvocati, cioè, noi, che abbiamo cause in appello o in Cassazione, promosse prima del 2009, dobbiamo dichiarare, entro il 30.06.2012, con atto sottoscritto dal cliente, la cui sottoscrizione dobbiamo autenticare, di avere ancora interesse alla loro definizione … nella prima stesura però avevamo diritto ad essere informati dalla Cancelleria … ora NON PIU’!!!!
ATTENZIONE COLLEGHI INCORRIAMO IN RESPONSABILITA’
E dire che eravamo la patria del diritto …
@Ci mancherebbe!! La tua è una opinione più che rispettabile!! Il giorno in cui tutti fossero d’accordo con me comincerei seriamente a preoccuparmi :-))
Io credo che è ora di farla finita con le rispettose prese di distanza. Bisogna fare come il Prof. Sassani che recentemente in un articolo le ha cantate molto chiaramente
Sono d’accordo con la pronuncia della Corte di Cassazione.
Capisco le lamentele dei legali però bisogna capire le conseguenze dell’abuso del processo. Per mantenerlo in uno stato di “quasi gratuità” bisogna economizzare su ogni fase. Difatti vediamo le conseguenze sul bilancio statale e, soprattutto, nella proposta di far scomparire centinaia di uffici giudiziari.
Uno stato civile e liberale non può sacrificare i diritti costituzionalmente tutelati per motivi economici. Allora deve cambiare fisionomia e trasformarsi in qualcosa di diverso. Il problema qui è un altro: è giusto che una eccezione di improponibilità venga creata da un giudice e non dal legislatore? è giusto che le sentenze, a differenza delle leggi, possano essere retroattive? i cittadini hanno il diritto di conoscere le regole del processo prima che inizi, oppure devono sempre temere che nelle more i giudici possano cambiarle a loro danno?
E ancora una domanda: il contenzioso giudiziario quanto è determinato dai vuoti normativi e dai continui mutamenti giurisprudenziali? La Corte di Cassazione è solo vittima o essa stessa crea le condizioni che aggravano il contenzioso in essere?
In un certo senso comprendo la pronuncia della Corte di Cassazione in esame. Ho letto la sentenza nella sua integralità, ed a pagina 7 ho trovato un inciso interessante: la Corte osserva che il ricorrente, al momento della proposizione della domanda al primo giudice, fosse già in condizione di proporre anche quella relativa alle lesioni personali. È per tale ragione che la Corte parla di una ingiustificata disarticolazione.
Penso che se, per qualsiasi ragione, il ricorrente all’atto della proposizione della domanda al primo giudice (danni materiali) no fosse stato in condizioni di proporre anche quella relativa al risarcimento delle lesioni (ad esempio per mancato decorso dei 90 gg. dal consolidamento dei postumi invalidanti) la Corte non avrebbe ravvisato alcuna disarticolazione.
Perdonate lo sfogo dell’altra sera … ero stanco ed avvilito … . La sentenza della Cassazione, commentata dal collega Minardi, che al momento del mio sfogo non avevo letto con la dovuta attenzione, può essere condivisibile, al di là del caso concreto che esamina, laddove, in buona sostanza, richiama la nostra categoria professionale ad un uso moralmente corretto della giustizia (la parcellizzazione di un credito può effettivamente creare un ingiusto danno a carico del debitore). Tuttavia, troppe leggi, troppe decisioni contrastanti che vanno nel senso di … rendere sempre più difficile la ricerca e la conoscenza della “verità materiale del fatto” … . In nome di un “giusto processo”, il sistema si sta sviluppando intorno all’idea che per tale debba intendersi solo quello “veloce” … ed ecco infatti, nei recenti interventi legislativi, un proliferare di termini perentori, preclusioni, decadenze, nuove interpretazioni della Cassazione, che, di fatto, come quella in commento, al di là del caso concreto, precludono il riconoscimento di diritti.
Ma non può essere così … non dobbiamo consentire che passi questa interpretazione di quel principio. Non basta che il processo si chiuda con una veloce decisione, qualunque essa sia: occcorre che la decisione sia anche “giusta”, altrimenti saremo costretti ad accontentarci che nei tribunali si faccia solo giustizia formale. Sono convinto che anche ai magistrati questa degradazione non piacerebbe, mentre a noi certamente tocca fare la nostra parte, migliorandoci di continuo.
Forse ho scritto cose ovvie, ma oggi anche l’ovvio è messo in discussione!
I diritti garantiti vengono giornalmente calpestati anche dal ” Potere” deputato a tutelarli.
addio “In claris non fit interpretatio.
Concordo con quanto precisato dal Collega Marco Case. Credo infatti che quel passaggio della Cassazione sia di fondamentale importanza. Come dire, se per qualsiasi ragione al momento della proposizione della domanda relativa al danno patrinomiale, non era ancora stata effettuata visita medico legale (di parte e/o di controparte) e/o difettavano elementi idonei a valutare i postumi invalidanti del sinistro cosicchè l’attore non poteva conoscere l’entità delle conseguenze dannose dell’occorso complessivamente patite, allora l’azione è procedibile.
Quello che mi e vi chiedo invece è se la declaratoria di improponibilità della domanda comporti la perdita definitiva dell’azione.
Pensate, ad esempio, al caso del macroleso! Dopo avergli recuperato giudizialmente i 1000/2000 euro del motorino si vedrebbe “sfumare” (definitivamente) il risarcimento dei danni fisici?
Cioè l’utilizzo non conforme ai principi di buona fede dello strumento processuale adottato dal legale comporterebbe la totale e definitiva perdita dell’azione da parte del proprio assistito?
Se così fosse, mi sembrerebbe una decisione di carattere marcatamente punitivo.
…chiedo scusa…intendevo azione proponibile e non procedibile, ovviamente.
Il principio della S.C. potrebbe anche essere giusto, ma il problema è quello della retroattività. E’ un principio di civiltà conoscere anzitempo le norme che governano il processo ed è un diritto riconosciuto tra l’altro da numerose convenzionali internazionali.
Il problema, qui, è che fino al 2007/2008 la giurisprudenza ammetteva pacificamente la possibilità della “riserva di agire in separata sede”. Nel 2000 addirittura si ammetteva il frazionamento nel credito. Nel caso di specie la causa è iniziata nel 2004. Dunque nessun rimprovero può essere mosso all’attore se non quello di non essere stato preveggente!!!
E’ indubbio che la c.d. funzione nomofilattica della Suprema Corte, oggi, è notevolmente svalutata dalla sua stessa ondivaga giurisprudenza.
Ciò impone una riflessione: attenti alle massime ed agli orientamenti, anche se espressi dalle SS.UU., attenti soprattutto a quegli indirizzi che possono immediatamente condizionare le nostre scelte processuali, perchè in questo caso i “mutamenti di opinione” della Corte sono devastanti…e tristemente difficili da spiegare al cliente.
Io penso che a volte un grano di buon senso in più da parte del professionista, pesi molto più del più granitico degli indirizzi giurisprudenziali.
A mio avviso le decisioni della SC sono prevalentemente politiche. Esse si sono inserite in un contesto di crisi economica e finanziaria devastanti. I soldi vanno presi ai poveri – la battuta mi sembra sia di Talleyrand, ministro francese di un paio di secoli fa- che sono tanti e possono esser ben spremuti. E’ il solito regalo alle Assicurazioni
Per non parlare della strage in Cassazione per il mancato o irregolare quesito. Come si propone il quesito la legge non lo dice; ma decine di migliaia di ricorsi sono stati proposti senza che ‘nessuno’ sapesse come si elaborava. Dopo due anni la S. C. ha dettato le regole. E migliaia di ricorsi rigettati. Non rimane che il ricorso alla CEDU.
Ma le vittime?
Non occorre andare lontano per cogliere gli “orrori” prodotti dalla nomofilachia della Corte di Cassazione.
Gli stessi membri che la compongono sono tra i primi ad ammetterlo e porlo (addirittura!) come problema:
al link http://www.cortedicassazione.it/Notizie/Eventi/EventiPrimaPag.asp# , scorrendo il menu verticale, alla data del 24/05/2011 potete trovare indetto il Convegno con oggetto <>…
Nella broshure si puo’ leggere:
“E’ concreta, e fortemente sentita, l’esigenza di affidare ad una riflessione più ampia il tema dell’overruling giurisprudenziale sulle regole del processo civile, ossia di quel mutamento, talvolta “a sorpresa”, dell’esegesi della norma processuale che, innovando radicalmente rispetto all’interpretazione consolidata, giunge ad individuare una decadenza o una preclusione prima insussistenti, e così a limitare la portata dei poteri processuali delle parti. In tal senso, del resto, depone l’attualità di talune recenti pronunce delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione: in particolare, quella sul termine delle impugnazioni contro le decisioni dei tribunali delle acque (Sezioni Unite 30 marzo 2010, n. 7607) e quella sulla riduzione dei termini di comparizione e costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Sezioni Unite 9 settembre 2010, n. 19246).
Il problema è evidente.
(…)
Inoltre, a seguito dell’overruling sulla regola processuale – proveniente dall’organo istituzionalmente investito della funzione nomofilattica, indubbiamente incrementata dalle più recenti riforme legislative (D.Lgs. n. 40 del 2006 e Legge n. 69 del 2009) – la parte si trova nella impossibilità di portare alla cognizione del giudice il fondo delle proprie ragioni e ciò diversamente dal caso in cui la disposizione così innovativamente interpretata avesse mantenuto intatto il suo significato, secondo la lettura accreditata dal pregresso “diritto vivente”.”
Dunque?
Occorre altro?
Perché no, è la stessa Corte di Cassazione a suggerircelo.
Poche settimane prima, in data 02/02/2011, sempre presso la Cassazione si è tenuto il convegno <>. Il nome è tutto un programma…
Intervengono le massime autorità della Corte.
1) ERNESTO LUPO – Primo Presidente della Corte di Cassazione:
” … sembrerebbe prima facie che la creatività giurisprudenziale desti qualche allarme perché il processo ha bisogno di stabilità. I cambiamenti di giurisprudenza, infatti, comportano il mutamento delle “regole del gioco” mentre quest’ultimo è in corso. A meglio vedere, tuttavia, la legge processuale, oramai anche quella civile e non più solo quella penale, è continuamente in fieri; a tale caratteristica, inoltre, si aggiunge il dato che ogni mutamento produce effetti di sistema sugli altri istituti processuali, atteso che essi risentono delle novità.”
2) PAOLO VITTORIA – Presidente aggiunto della Corte di Cassazione:
” … Dallo studio della giurisprudenza della Corte degli ultimi anni fino ad oggi (…) è necessario che l’interpretazione delle norme processuali sia utilizzata prudentemente.”
3) Prof. ANDREA PROTO PISANI – Prof. ord. di diritto processuale civile presso l’Università di Firenze:
” … Circa il punto dell’utilizzazione eccessiva della ragionevole durata del processo da parte della Cassazione … lo sforzo esegetico non può tradursi in una forzatura o in una lesione di norme o di altri principi, il che si è verificato in alcuni casi emblematici.
a) SS. UU., Sent. n. 24883 del 9/10/2008, Rv. 604576, la cui portata è stata mitigata dal SS. UU., Sent. n. 26019 del 30/10/2008 (Rv. 604949) che ha comportato una lesione della portata dell’art. 37 c.p.c.;
b) Cass. civ., sez. V, Sent. 18/02/2010, n. 3830, Rv. 611765, in materia tributaria, in cui le esigenze di ragionevole durata hanno indotto a non rinviare la causa al primo giudice, mentre il richiamo all’art. 111 Cost. non era calzante e si sarebbe dovuta dichiarare la nullità per l’avvenuta lesione del lesione del diritto di difesa;
c) SS. UU., Sent. n. 18480 del 09/08/2010 (Rv. 614384), circa il “reddito di cittadinanza” e la declaratoria di competenza del tribunale del lavoro, in cui la questione, ancorché complessa, non avrebbe dovuto essere risolta alla luce della ragionevole durata senza preventiva pronuncia sul difetto di competenza del tribunale come giudice di appello.
Tali decisioni fanno riflettere sull’uso eccessivo e distorto del principio di ragionevole durata, affrontato a volte per eludere altri e più pressanti problemi interpretativi, a costo di perpetrare violazioni di norme processuali, in modo finanche offensivo della sensibilità del processualcivilista, e di sorvolare su necessarie declaratorie di nullità.
In sostanza, comunque, un atto processuale non dovrebbe essere dichiarato nullo sulla base di interpretazioni adottate successivamente al suo compimento ed insistenti al momento del suo compimento, posto che l’interpretazione ha, di regola, efficacia irretroattiva.
Bisogna avere il coraggio di affermare che il mutamento di giurisprudenza non deve applicarsi ai processi in corso, come accade negli ordinamenti stranieri.
Gli “obiter dicta” delle Sezioni Unite, inoltre, come ad esempio in materia di risarcimento del danno, non dovrebbero vincolare le sezioni semplici mentre a volte di fatto ciò non è accaduto.”
4) Pres. MARCO PIVETTI – Presidente di Sezione della Corte di Cassazione:
” … in tema di norme processuali una svolta giurisprudenziale non è di regola condivisibile né legittima se da essa nascano ostacoli, limiti ed insidie ingiustificati al diritto di una delle parti a far valere in giudizio le sue ragioni.
Al riguardo è proprio la sentenza 19246 del 2010 delle Sezioni Unite, circa l’art. 645 c.p.c., a fornire lo spunto per alcune affermazioni in tema di giusto processo. Va affermato che i “revirements” o gli “ovverruling” non sono tutti uguali. Un cambiamento di giurisprudenza va salutato con apprezzamento ogni qualvolta esso non tradisce l’affidamento della parte e non si traduce in un trabocchetto per quest’ultima.
Ci sono svolte giurisprudenziali che determinano nuovi limiti, impedimenti o trabocchetti che ostacolono o fanno addirittura naufragare il diritto di una parte ad aver riconosciuto o disconosciuto nel merito le sue ragioni; queste sono le svolte che, applicate retroattivamente, colpiscono una parte incolpevole con la più grave delle sanzioni processuali: la sconfitta processuale a causa di una imprevedibile insidia processuale.”
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E che dire di esempi famosi come quello della stessa Cass. Civ., sez. Lavoro, sent. 21.09.2010 n° 19937 totalmente e simmetricamente contraddetta … da se stessa (!) dopo soli 3 giorni, ovvero da Cass. Civ., sez. Lavoro, sent. 24.09.2010, n. 20221 [in materi adi infortunio in itinere].
Gli esempi sono numerosissimi, li conoscete tutti.
Quale fiducia riporre nel giudice nomofilattico? Egli stesso ci consiglia, negli ultimi anni, di nutrirne ben poca, anzi: diffidare prudentemente!
Persino le Sezioni Unite vengono rapidamente smentite dalle sezioni semplici o da altre SS. UU. a distanza di pochi mesi o anni (ad es, in materia di danno esistenziale, dal 2006 al 2008).
Che passi tutto ciò, potremmo anche sopportarlo, in quanto giuristi… ma pretendo che qualcuno me lo certifichi, me lo metta per iscritto e mi consenta di esibire/rappresentare un siffatto groviglio disordinato e disomogeneo di interpretazioni al Sig. Cliente che pretende la perfezione assoluta dall’Avvocato.
I magistrati ce l’hanno la polizza?!?
Ah, già… siamo noi la loro polizza…
Ops!
Le virgolette, confuse come linguaggio html o simile, hanno omesso i nomi dei due convegni che ho citato.
Li riporto qui di seguito:
1) “Gli interventi della Cassazione sul processo civile: creatività giurisprudenziale e giusto processo”
2) “Norme Processuali e Mutamenti di giurisprudenza”.
Perdonatemi la lunghezza dell’intervento, ma certe cose vanno dette (soprattutto se i primi a dirle sono gli stessi, o parte di essi, che contribuiscono a creare quella giurisprudenza nomofilattica che sta smantellando le fondamenta del diritto dal suo interno).
I miei più sentiti complimenti al Collega Monopoli.